2010-07-19 15:46:05

La Santa Sede: troppo grandi le disuguaglianze nell'Ue, intollerabile crescita della disoccupazione


Si è svolto oggi a Bruxelles l’annuale vertice delle istituzioni europee con i leader religiosi sul tema dell’Anno Europeo 2010 dedicato alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale; l’incontro è stato presieduto dal presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, insieme ai presidenti del Consiglio Europeo, Herman van Rompuy e dell’Europarlamento, Jerzy Buzek. Hanno preso parte alla riunione una ventina di responsabili cristiani, ebraici e musulmani ed esponenti delle comunità sikh e dell’induismo di 14 Stati membri dell’Ue. Da parte cattolica erano presenti i presidenti del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, il cardinale Péter Erdő, e della Commissione degli episcopati della Comunità Europea, il vescovo Adrianus van Luyn, l’arcivescovo Stanislav Zvolenský, a capo dell’Episcopato slovacco, e Flaminia Giovanelli, sotto-segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Il servizio di Roberta Barbi. RealAudioMP3

Un mondo "in cui vivono fianco a fianco i ricchi e miserabili, le persone che non hanno nulla, che sono prive anche dell’essenziale, e le persone che gettano via senza ritegno ciò di cui altri hanno un bisogno disperato”; si tratta di "una disuguaglianza troppo grande e purtroppo in crescita": è questa la fotografia che nell’incontro con le istituzioni europee fa del vecchio continente Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. I dati forniti non lasciano molto spazio all’interpretazione: 85 milioni di persone nell'Ue (17%) vivono sotto la soglia di povertà; nel contesto di una crisi economica e finanziaria che si sta rivelando come una "crisi strutturale, una crisi di valori e una crisi di fiducia", visto anche il calo della popolazione, i disoccupati sono in preoccupante aumento. La mancanza di lavoro - ha detto Flamina Giovanelli - "causa primaria di esclusione sociale ... ha raggiunto proporzioni intollerabili. Intollerabile non solo per il numero di disoccupati che continuano a crescere" ma anche per il numero di “lavoratori poveri”, 15 milioni (l'8% dei lavoratori nell'Ue) che non riescono ad assicurare "una vita dignitosa a se stessi e alle loro famiglie". È cresciuta, inoltre - ha rilevato il sottosegretario di Giustizia e Pace - la povertà relativa tra la gente: cinque anni fa il 20 per cento dei cittadini più ricchi aveva un reddito cinque volte superiore al restante 80 per cento della popolazione e la disuguaglianza all’interno e tra i Paesi non accenna ad arrestarsi. Il fenomeno, poi, colpisce in modo particolare bambini, disabili, anziani e quanti nascono in famiglie povere e non sono in grado di spezzare il ciclo della miseria. “La Chiesa cattolica - ha concluso - sta al fianco dei poveri, alza la voce in loro favore e promuove iniziative per aiutarli a superare la loro situazione".

Il cardinale Péter Erdő, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, ha affermato che occorre "combattere la povertà, non i poveri". “La lotta alla povertà - gli ha fatto eco mons. Adrianus van Luyn, presidente della Commissione degli episcopati della Comunità europea - se adopera soltanto mezzi tecnici o misure amministrative, probabilmente fallirà i suoi obiettivi”: è invece necessario far passare i poveri da “oggetto d’assistenza” a "soggetti di questa lotta comune della società contro l’indigenza e l’esclusione sociale". Il presule ha spiegato il senso profondo della solidarietà che parte dal considerare poveri e ricchi su un piano di parità. “La solidarietà non esclude nessuno” ha poi aggiunto, invitando a guardare al di là delle frontiere dell’Ue, in particolare verso l’Africa, un continente “colonizzato e saccheggiato dall’Europa lungo i secoli” e oggi “gravemente minacciato dai governi corrotti, dalle guerre, dalle siccità e dal virus dell’Aids”. Davanti al dramma di tanti immigrati che cercano una vita migliore nel vecchio continente - e che spesso trovano la morte cercando di attraversare il Mediterraneo o l’Atlantico - mons. van Luyn ha quindi affermato: “Noi non possiamo reagire a ciò rafforzando la ‘Fortezza Europa’, né aprendo totalmente le frontiere. La nostra solidarietà deve orientarci verso un cambiamento delle condizioni di vita nei loro Paesi d’origine”. “Con tutto il rispetto per l’autonomia dell’individuo, spesso assoluta oggi” – ha concluso il presidente della Comece – è necessario ricordare che “l’autonomia è sempre controbilanciata dalla coscienza di una dipendenza reciproca” il cui fondamento è l’amore di Dio per tutti gli uomini. Da parte loro, Barroso, Buzek e van Rompuy hanno riconosciuto l'importante ruolo sociale svolto dalle Chiese e comunità religiose nella lotta alla povertà, ribadendo la necessità della collaborazione tra queste e le istituzioni europee.







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