Il vescovo di Locri alla 'ndrangheta: nessun legame tra religione e criminalità
Un appello al ritorno alla fede e a non collegare alla religione un’attività illegale.
Lo ha lanciato ieri il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, in
una lettera aperta diretta a tutti quelli che hanno partecipato ad incontri illegali
nel Santuario della Madonna di Polsi, a San Luca, nel Reggino. L’intervento del vescovo
arriva dopo il maxiblitz delle forze dell’ordine che nei giorni scorsi ha portato
all’arresto di 300 persone legate alla ‘ndrangheta. Debora Donnini ha chiesto
a mons. Fiorini Morosini il motivo di questo messaggio. R. - Per un
duplice motivo. Il primo riguarda un po’ la cultura generale dell’opinione pubblica
che pensa che la Chiesa sopporti senza reagire che questa gente mescoli l’attività
illegale con la religione e, quindi, ho ritenuto opportuno intervenire ufficialmente
proprio per dire che la Chiesa non sta dalla loro parte, né chiude gli occhi su questa
realtà. L’altro motivo è per richiamare proprio le persone direttamente interessate
perché accolgano un invito che da diversi anni la Chiesa di Locri-Gerace sta lanciando
loro, dicendo che non possono assolutamente pensare di legare la loro attività a motivazioni
religiose, tipo giuramenti su immagini di santi o quello di considerare il santuario
come loro territorio e la Madonna di Polsi come loro protettrice. Questo, purtroppo,
è un fattore culturale che loro devono assolutamente correggere. E poi a ritornare
sui loro passi. Io ho scritto che il Vangelo del quale loro parlano non può essere
il Vangelo di Gesù Cristo.
D. - Lei nel messaggio invita anche queste
persone di fatto a convertirsi, a tornare a Dio con tutto il cuore…
R.
- Stamattina ho ricevuto alcune telefonate da parte di alcuni giornalisti che si meravigliavano
perché io avessi scritto “carissimi fratelli”. Io penso che la Chiesa non mira solo
a che questa gente venga incarcerata. La Chiesa guarda alla conversione perché solo
la conversione può portare il rinnovamento di questa realtà. Il carcere può solo bloccare.
La giustizia umana ci deve essere, però la Chiesa non si ferma solo alla giustizia
umana, al carcere. La Chiesa vuole la conversione e dispiace che dopo duemila anni
di cristianesimo ci si meravigli che un vescovo possa chiamare “fratelli” anche queste
persone.
D. - Che riscontro ha avuto da parte della gente dopo questo
appello?
R. - Io penso di poter registrare un consenso generale. Sull’intervento
ho letto un po’ i resoconti della stampa. Devo ritenere che era qualcosa che forse
la gente si aspettava che il vescovo della zona prendesse posizione su questa situazione.