Abruzzo: nuove scosse, povertà e molte incertezze per il futuro
In varie località del territorio d’Abruzzo, profondamente devastato dal sisma del
6 aprile del 2009, sono state registrate negli ultimi giorni cinque scosse di terremoto,
tutte di intensità comprese tra 2 e 2.8 gradi. Ai timori per una terra che continua
a tremare si aggiungono le apprensioni di quanti, a 15 mesi dal dramma del terremoto,
non hanno certezze per il futuro. Soprattutto nella diocesi dell’Aquila, sono ancora
molti coloro che hanno bisogno di assistenza e di aiuti concreti, come sottolinea
al microfono di Fabio Colagrande, il codirettore della Caritas diocesana aquilana,
don Ramon Mangili:
R. – Assolutamente
sì. Ovviamente, come potete ben immaginare, i bisogni sono più che moltiplicati rispetto
all’ordinarietà ed anche rispetto al post-sisma, perché comunque c’era una copertura,
un’assistenza attraverso le tendopoli. Lì si mangiava, venivano forniti tutti i generi
di cui si aveva bisogno, l’alloggio nelle tende e così via. Adesso, venendo meno tutto
ciò, i nostri assistiti sono più che raddoppiati, hanno bisogni di ogni genere e specie,
anche se la necessità più marcata è quella di tipo economico, per le piccole spese
ordinarie: la spesa, parte dell’affitto, le bollette che purtroppo, adesso, ripartono
a pieno ritmo. Quindi sta diventando tutto molto difficile.
D. – Quali
sono i nuclei familiari che soffrono di più, in questo momento?
R. –
Ovviamente quelli con tanti figli, che vuol dire tante spese in più. Poi troviamo
anche delle famiglie con tanti figli – ringraziamo che ce ne sono ancora – che però
hanno perso il lavoro a causa del sisma. Tante famiglie, che avevano una propria attività
artigianale, in centro, non sono ancora riuscite a riaprirla dopo il sisma perché
i problemi sono comunque tanti e gli spazi sono quelli che sono.
D.
– Nell’area che ora si chiama “il cratere”, nell’area del centro storico, prima c’erano
oltre mille attività commerciali. A questo punto, chi ha potuto riprendere questo
tipo di attività?
R. – Per il momento davvero una minima parte, però
il grosso è ancora chiuso, anche perché parliamo di più di mille attività solo nel
centro storico dell’Aquila. Queste attività, per la stragrande maggioranza – anzi,
direi per più del 90 per cento di esse – erano a conduzione familiare. Alcune di queste
erano anche già vicine all’età pensionabile o gli mancavano pochi anni. Come fanno
a riaprire? E’ molto, molto difficile a livello economico ma anche a livello umano,
perché poi il non riuscire ad andare avanti diventa anche motivo di frustrazione.
E non solo frustrazione: abbiamo a che fare, tutti i giorni, con persone che soffrono
di forti depressioni ed esaurimenti e lì il problema vero è l’ascolto. L’ascolto e
la presa in carico, ma prima di tutto l’ascolto, perché loro parlano, parlano e ci
dev’essere qualcuno disposto ad ascoltarli.
D. – Quindi persone che
hanno bisogno di un’assistenza spirituale, forse anche psicologica...
R.
– Sì, decisamente sì.
D. – E come fate voi, come Caritas, a sopperire
a questo tipo di bisogno? Immagino che le richieste siano tante...
R.
– Tantissime. Come Caritas tenteremo di fare un fondo per venire un po’ incontro a
queste necessità prime ed urgenti. Stiamo cercando di creare insieme qualcosa attraverso
l’aiuto di chi ce lo vorrà dare, almeno per scaricare un grosso problema: quello di
tipo economico.
D. – Possiamo quindi dire che a quindici mesi e più
dal terremoto del 6 aprile 2009, si è creata adesso una nuova fase di emergenza?
R.
- Io, purtroppo, ho sempre detto che il peggio doveva ancora arrivare e penso che
il peggio deve ancora arrivare. Secondo me, sta diventando più emergenza questa della
prima fase. Adesso ognuno deve camminare con le proprie gambe. Capisci, però, che
in una città dove non c’è lavoro, dove tutto è molto, molto rallentato se non quasi
immobile, diventa tutto estremamente non solo difficile ma davvero faticoso, anche
perché non puoi pensare ad un futuro. Non puoi fare un minimo di progetti ... perché
cosa progetti? (Montaggio a cura di Maria Brigini)