I monasteri di Vallombrosa, Vitorchiano, Valserena. Sono alcuni dei luoghi dove, specialmente
durante il periodo estivo, molti italiani si recano per alcuni giorni in cerca di
pace, silenzio e fede. Sono persone adulte o anche giovani che si interrogano sulla
propria vocazione. Cosa trovano in questi luoghi? Debora Donnini lo ha chiesto
a suor Maria Francesca, trappista del monastero di Valserena, in Toscana.
R. – Quello
che trovano è la possibilità di partecipare alla nostra preghiera e di entrare nella
liturgia monastica. Questo vuol dire essere a diretto contatto con la Parola di Dio.
Altra cosa che trovano è uno spazio di silenzio dentro il quale la persona è posta
davanti a se stessa e quindi può, più tranquillamente, lasciar emergere le domande
che porta dentro senza magari nemmeno saperlo.
D. –
Il desiderio di felicità, che c’è nel cuore di ogni uomo, a volte si cerca nelle cose
materiali: nelle vacanze, eccetera … Quello che voi proponete è un amore che ha un
volto umano, quello di Gesù Cristo …
R. – Sì, questa,
alla fine, è la Persona che viene incontrata. Questo Volto, che è quello del Signore,
che è quello che si incontra, tante persone non sanno ancora effettivamente conoscerlo.
Tante volte uno viene, incontra una realtà viva dove persone vive hanno vissuto questo
incontro e hanno costruito la loro vita su questo; lì uno incontra veramente chi è
il Signore. E loro stessi si sentono interpellati in tutta l'umanità. Sono interpellati
attraverso la concretezza di una compagnia umana, attraverso la concretezza di un’esperienza
fisica di lavoro, perché a volte chi si ferma qui può chiedere anche di poter partecipare
al nostro lavoro. Un lavoro estremamente semplice, a volte a contatto con la natura.
D.
– Le persone che vengono da voi, quando poi partono trovano questa pienezza, trovano
una risposta?
R. – Direi senz’altro di sì. Le persone
che vengono da noi incontrano davvero il Signore dentro e nonostante la nostra povertà
umana di persone uguali a loro. E proprio realmente fanno l’esperienza – se posso
dire – di un miracolo. Credo che sia dovuto tantissimo alla fede di tante persone
che vengono qui, magari con esperienze di dolore, croci pesanti, o anche semplicemente
la fede di deporre davanti al Signore domande, problemi e dolori, la sofferenza umana
… C’è, come sempre, l’esperienza di una risposta, di un venire incontro, di uno spazio
nuovo, uno spazio diverso che si apre.