Ancora violenze in Nigeria, almeno 8 morti per un attacco in un villaggio cristiano
da parte di fondamentalisti islamici
Non c’è tregua alle violenze in Nigeria, dove stamani nel villaggio di Mazzah, vicino
a Jos, abitato in prevalenza da cristiani, un gruppo di fondamentalisti islamici ha
ucciso almeno 8 persone e incendiato sette case e una chiesa. Fra le vittime anche
donne e bambini uccisi a colpi di macete. Da mesi la regione è attraversata da scontri
e violenze sanguinarie: solo pochi giorni fa, nelle province orientali, in un conflitto
a fuoco sono state uccise 8 persone e ferite altre 40, e chiese e moschee sono state
date alle fiamme. A marzo, poi, oltre 300 persone hanno perso la vita in scontri nel
nord del Paese. Una lunga scia di sangue, dove secondo gli esperti, a ragioni di natura
economica e territoriale si uniscono anche tensioni fra gruppi etnici. E’ quanto sottolinea,
al microfono di Claudia Di Lorenzi, anche padre Giulio Albanese, missionario
comboniano e fondatore dell’agenzia Misna: R.
– La questione sociale è molto forte, in Nigeria. Vi è una costante, iniqua sperequazione
tra ricchi e poveri. I ricchi rappresentano l’1 per cento della popolazione: sta di
fatto che detengono oltre il 75, qualcuno dice addirittura l’80 per cento della ricchezza
nazionale. Dunque, questo episodio di violenza tra gruppi etnici – perché qui non
si tratta semplicemente di un contrasto tra cristiani e musulmani, ma di persone che
appartengono ad etnie diverse – rappresenta una guerra tra poveri per il controllo
della terra … E poi, come al solito, come succede in Nigeria, ci sono poteri più o
meno occulti, legati soprattutto alla politica, che gettano benzina sul fuoco. Il
dato inquietante è la debolezza del governo centrale di Abuja. Con la morte prematura
dell’ex presidente Umaru Yar’adua, adesso c’è una fase di transizione. Attualmente,
chi governa è il suo vice, Jonathan Goodluck. La verità è che le prossime presidenziali
si svolgeranno nel gennaio 2011 e dunque questo è un momento in cui, purtroppo, la
debolezza del governo di Abuja fa sì che vi sia una recrudescenza delle tensioni,
delle violenze … Certamente, la questione del denaro, del potere sono tutti elementi
che hanno a che fare innanzitutto e soprattutto con questa diatriba.
D.
– Quali sono i rapporti tra cristiani e musulmani nella regione?
R.
– Non sono sempre stati facili, anche se bisogna stare molto attenti, perché innanzitutto
va ricordato che la Nigeria non è una repubblica islamica, ma è una repubblica federale
e quindi vi è una confederazione di Stati. L’elemento destabilizzante è legato da
una parte a questi fenomeni di jihadismo, di estremismo religioso che non ha a che
fare solo con certe frange del musulmanesimo ma anche, purtroppo, con le cosiddette
“Independent Churches”. In Nigeria ne contiamo duemila, qualcuno dice addirittura
tremila. Chiese cristiane indipendenti, vere e proprie sette che purtroppo, in molti
casi, assumono atteggiamenti estremisti, violenti … I vescovi cattolici in questi
anni hanno molto insistito sulla formazione, sulla promozione della dottrina sociale,
ma certamente è una sfida non facile, non foss’altro perché riuscire a promuovere
la dimensione del bene comune in una nazione in cui l’1 per cento della popolazione
detiene la stragrande maggioranza della ricchezza nazionale, fa sì che il cammino
sia tutto in salita.
D. – Cosa fa la Chiesa locale
per favorire la pace e il dialogo?
R. – C’è un impegno
soprattutto nella promozione della conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa.
In questi anni, vi sono state coraggiose prese di posizione nei confronti delle autorità
politiche proprio perché rispetto al tema del bene comune e del dialogo interreligioso
si facesse il possibile. Anche perché i cristiani – e questo i vescovi l’hanno scritto
in più circostanze – “non sono contro nessuno”. Il valore della pace è un valore fondamentalmente
evangelico.