Il 16 luglio di 759 anni fa, il primo priore generale dell’Ordine carmelitano, il
beato Simone Stock, ebbe la visione della Vergine che, sostenendo Gesù in braccio,
gli porgeva lo “scapolare”. Da allora, questa data e quel simbolo sono celebrati con
intensa partecipazione da tutti i consacrati e i laici appartenenti all’antica famiglia
del Carmelo. Parlando in passato del carisma carmelitano, Benedetto XVI ha riflettuto
sulle virtù mariane che gli appartenenti all’Ordine hanno sempre preso a modello,
a partire da colui che venerano come loro Patriarca, il profeta Elia. Il servizio
di Alessandro De Carolis:
(canto "Tota
Pulchra")
La visione di un fondatore religioso, e prima ancora la venerazione
di un gruppo di eremiti, e ancor prima la visione di un grande profeta d’Israele.
Corrono più di duemila e cento anni – nove secoli prima di Cristo e dodici dopo –
tra il primo e l’ultimo evento soprannaturale che hanno fatto la storia del vincolo
che lega gli uomini alla Vergine del Monte Carmelo. Dalle pendici di quella che in
realtà è una verde catena montuosa, tra il golfo di Haifa e la pianura di Esdrelon,
alta meno di 600 metri, il profeta Elia colse nella nube che portava dalla terra al
monte la pioggia, e con essa la promessa della fine della siccità per Israele, la
venuta della Vergine. Poi, dopo l’affermazione del cristianesimo, furono gli eremiti
che su quella collina e sulle orme di Elia continuavano la tradizione dell’ascesi
e della preghiera a definirsi “Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”,
cui dedicarono una cappella. Infine, costituitisi in forma di Ordine religioso approvato
dal Papa, i monaci Carmelitani vivono con il prodigio del 16 luglio 1251 il loro straordinario
contatto col cielo: quel giorno, attorniata dagli angeli, la Vergine appare al primo
priore dell’Ordine, il Beato Simone Stock, e gli consegna lo “scapolare”. Per secoli,
dunque, ha spiegato Benedetto XVI il 16 luglio di quattro anni fa: “I
Carmelitani hanno diffuso nel popolo cristiano la devozione alla Beata Vergine del
Monte Carmelo, additandola come modello di preghiera, di contemplazione e di dedizione
a Dio. Maria, infatti, per prima e in modo insuperabile, ha creduto e sperimentato
che Gesù, Verbo incarnato, è il culmine, la vetta dell'incontro dell'uomo con Dio.
Accogliendone pienamente la Parola, è ‘giunta felicemente alla santa montagna’, e
vive per sempre, in anima e corpo, con il Signore”.
Nel Prologo
della Regola si legge che i Carmelitani vogliono "seguire e servire il Signore Gesù
con fedeltà e purezza”. Purezza che i religiosi videro perfettamente incarnata, e
quindi imitabile, nella Madre di Gesù: "Maria ancora una volta ci stupisce;
il suo cuore è limpido, totalmente aperto alla luce di Dio; la sua anima è senza peccato,
non appesantita dall’orgoglio e dall’egoismo (...) Maria riconosce la grandezza di
Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà
sicurezza all’umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della
storia". (1 giugno 2008) Ma questo “sentimento di sicurezza” è sempre
a rischio a causa della fragilità umana. Per questo, la spiritualità carmelitana costruisce
la propria strada verso il cielo nel quale fu rapito il suo Patriarca Elia dando risalto
all’altra virtù mariana della fedeltà: “Maria vive la sua costante ascesa
(…) aderendo pienamente, anche nel momento dell’oscurità e della sofferenza, al progetto
d’amore di Dio e alimentando nel cuore l’abbandono totale nelle mani del Signore,
così da essere paradigma per la fede della Chiesa. Tutta la vita è un'ascensione,
tutta la vita è meditazione, obbedienza, fiducia e speranza anche nell'oscurità”.
(15 agosto 2009) Fianchi cinti “col cingolo della castità”, petto reso
forte da “pensieri santi” e rivestito con la “corazza della giustizia”. E davanti,
sempre proteso, lo “scudo della fede”. Le metafore medievali che cadenzano la Regola
carmelitana accompagnano da centinaia d’anni i figli del Carmelo di tutto il mondo.
Benedetto XVI lo sottolineò quando, nel 2007, scrisse ai membri dell’Ordine che celebravano
gli otto secoli della “Formula vitae”. Un augurio che, ripetutamente e in ogni circostanza,
il Papa rivolge ai fedeli di tutto il mondo quando li sollecita a conformarsi alla
vita della Madonna: "Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e
di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo
docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità
e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l’amore di Dio e facendo
della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo
elevare con gioia un canto di lode al Signore". (1 giugno 2008)
(canto
"Tota Pulchra")
In questa giornata di festa e di preghiera per l’Ordine
del Carmelo, Tiziana Campisi ha chiesto a padre Giuseppe Midili, religioso
carmelitano e parroco di Santa Maria del Carmelo di Roma, in che modo la spiritualità
carmelitana ha sviluppato la devozione alla Vergine: R. - I carmelitani
si ispirano al profeta Elia come modello biblico dell’orante, che si mette in ascolto
di Dio, che è capace di ritirarsi sull’Oreb, sul monte; si mettono alla sequela di
Cristo, così come ha fatto Maria. In qualche modo, quindi, creano un ponte tra quella
che è la tradizione dell’Antico Testamento - ad imitazione, appunto, de profeta Elia
- e quella che è la tradizione del Nuovo Testamento, con Maria come prima discepola
del Cristo. L’immagine di Maria è l’immagine della prima discepola: è Colei che per
prima ha seguito il Cristo e ha insegnato agli altri a fare altrettanto. Pensiamo
all’episodio della Pentecoste, in cui si dice che lo Spirito scende sugli apostoli
e, insieme a loro, su Maria.
D. - Dunque un titolo molto ricco quello
del Carmelo. Come sintetizzarlo oggi e come viverlo?
R. - La sintesi
è certamente questa esperienza di contemplazione del Volto di Dio e, quindi, un cammino
di preghiera, un cammino biblico di preghiera e una lettura della Scrittura come fonte
cui attingere per la propria vita spirituale, secondo proprio quella che era la tradizione
sul Monte Carmelo: una preghiera, quindi, che ha come modello Maria, imitazione di
Maria, imitazione delle sue virtù. C’è poi la capacità di essere accanto alle persone;
la capacità di leggere i segni che la società pian piano ci manda e, quindi, leggere
i segni dei tempi, ed essere poi in grado di rispondere a quella che è la richiesta
dell’oggi.
D. - Non si può non parlare dei carmelitani e della Madonna
del Carmelo senza citare lo “scapolare”…
R. - Lo scapolare è la sintesi
- diciamo - dell’abito che i carmelitani indossano: per rendere partecipi tutti i
battezzati di quei benefici che la Chiesa ha concesso all’Ordine Carmelitano si indossano
due pezzettini di stoffa marrone, tenuti insieme da due cordicelle, si porta una parte
sul petto ed una parte sulle spalle, poggiando sulle scapole i due nastri che tengono
i due pezzettini di stoffa e da qui il nome di “scapolare”. Lo scapolare significa
consacrazione a Maria, alla luce del Battesimo. La prima consacrazione del cristiano
è la consacrazione battesimale e lo scapolare è un richiamo continuo a quell’esperienza
di salvezza che arriva attraverso il battesimo. Un modo, quindi, per ricordarci continuamente
che siamo stati salvati attraverso il Battesimo, siamo stati immersi nella morte e
nella resurrezione del Cristo e Maria, Madre del Salvatore, ci è accanto mentre noi
ci impegniamo quotidianamente a vivere il Vangelo.