All’Onu la questione del riconoscimento dell’acqua come diritto fondamentale
Sale l’attesa per il voto sulla risoluzione presentata alle Nazioni Unite che mira
a far riconosce l’acqua come diritto fondamentale dell’umanità. I 192 delegati, di
altrettanti Paesi dell’Onu, dovranno esprimersi entro luglio ma l’esito della votazione
risulta tutt’altro che scontato. Nel corso della discussione della risoluzione è emersa
l’opposizione di Paesi occidentali e si profila un duro contrasto nord-sud del mondo.
Il Canada si oppone al riconoscimento di questo diritto, come pure l’Australia e altri
Stati occidentali come Stati Uniti e Gran Bretagna, al punto che la controversia “inizia
a porsi” come un contrasto tra nord e sud del mondo. Secondo quanto riferisce l'agenzia
AsiaNews, in molti ripongono fiducia nel ruolo dell’Unione Europea che ha già riconosciuto
l’acqua come un diritto umano e i sostenitori della mozione sperano che i Paesi Ue
si battano per approvarla. Ma nessuno si aspetta un immediato riconoscimento di questo
diritto, vista l’opposizione di vari Paesi e la necessità di raggiungere un consenso
globale. Esperti ritengono che molte opposizioni sono motivate dalla ricerca di guadagno
economico: per mantenere il diritto a vendere l’acqua a prezzo alto. Maude Barlow,
sostenitrice della risoluzione ed ex consigliere Onu per l’Acqua nel 2008-2009, spiega
che circa 2 miliardi di persone vivono in regioni povere di acqua e almeno 3 miliardi
non hanno acqua corrente entro un chilometro dall’abitazione. La Barlow ha mandato
una lettera a tutti i 192 delegati Onu per chiedere che il diritto all’acqua sia inserito
tra i diritti umani fondamentali, sottolineando che ciò è necessario per una vita
degna e che quando nel 1948 è stata approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani non si poteva pensare che un giorno il diritto all’acqua sarebbe stato contestato.
“Nel 2010 – sottolinea infine la Barlow- non è esagerato dire che la mancanza di un
accesso all’acqua potabile sia la maggiore violazione mondiale dei diritti umani”.
Ann-Mari Karlsson dell’Istituto internazione di Stoccolma per l’acqua (Siwi)
è d’accordo che “il diritto all’acqua e alla sanità sono componenti del diritto a
un adeguato standard di vita e che questi diritti rientrano nell’art. 11 della Convenzione
internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali”. I dati riportati dal Siwi
sono gravissimi: 884 milioni di persone attingono ancora l’acqua potabile da fonti
come laghi, canali di irrigazioni, pozzi non protetti; oltre il 50% dei bambini malnutriti
dipendono da diarrea e infezioni intestinali conseguenze della mancanza di acqua pulita
e dello scarso igiene, ogni anno ci sono 1,8 milioni di morti per infezioni intestinali
e il 90% sono bambini con meno di 5 anni, quasi tutti in Paesi in via di sviluppo;
nei Paesi in via di sviluppo metà dei letti in ospedale sono occupati da pazienti
vittime di malattie collegate con la scarsità d’acqua; almeno i due terzi delle persone
che mancano d’acqua hanno meno di 2 dollari al giorno per vivere. Tra i 10 Paesi maggiori
utilizzatori d’acqua ci sono India, Cina, Pakistan, Giappone, Thailandia, Indonesia,
Bangladesh e Russia, oltre a Usa e Messico, ma nelle grandi città i poveri abitanti
in baraccopoli pagano un litro d’acqua da 5 a 10 volte di più di chi vive nei quartieri
ricchi. Un bambino nato nei Paesi sviluppati consuma da 30 a 50 volte più acqua di
uno nato in un Paese in via di sviluppo. (M.G.)