La Chiesa celebra la memoria liturgica di San Camillo de Lellis
Ricorre oggi la memoria liturgica di San Camillo de Lellis, sacerdote, fondatore dei
Ministri degli Infermi, conosciuti comunemente col nome di "Camilliani”. Ieri sera
nella cappella dell’ospedale romano “Madre Giuseppina Vannini”, gestito dalle Figlie
di San Camillo, è stata celebrata la Messa con i malati e gli operatori sanitari che
prestano servizio nel nosocomio. Ce ne parla Davide Dionisi: La malattia
più pericolosa è l’abitudine. Questo vale sia per i religiosi sia per i laici che
svolgono ogni giorno il proprio lavoro. Guai se il sacerdote si abituasse a dire Messa
o le suore e i medici si abituassero al letto della sofferenza. Camillo non si è mai
abituato al malato che era la causa del suo amore e della sua stessa esistenza. Così
ieri sera mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio
per la promozione della nuova evangelizzazione, ha ricordato il fondatore dei Ministri
degli infermi nella cappella dell’Ospedale Madre Giuseppina Vannini di Roma. Al presule
abbiamo chiesto di parlare dell’attualità del messaggio dell’Apostolo di Bucchianico:
R.
- La capacità di dare senso alla sofferenza e soprattutto quello di vedere nell’ammalato
e nella persona più debole, la persona stessa di Gesù.
D. - Lei durante
l’omelia ha invitato a non “abituarsi”...
R. - Certo, io temo che stiamo
andando ormai verso una cultura che vede nel malato e nella malattia in genere qualcosa
che deve essere emarginato. Penso che questo, invece, debba essere nuovamente posto
al centro, perché è la condizione umana e davanti a questa condizione umana siamo
tutti chiamati a dover dare senso. Nessuno di noi - né dal punto di vista professionale,
né tantomeno dal punto di vista religioso - potrà mai pensare di abituarsi a stare
accanto al malato. E’ sempre un qualcosa di nuovo che ci spinge a dare senso e valore
alla vita.
D. - Ha definito San Camillo de Lellis un santo dei nostri
giorni…
R. - Certo ed è vero, perché il santo - qualsiasi santo - è
un nostro contemporaneo. Camillo de Lellis ci insegna ancora oggi a mettere in primo
piano la persona di Gesù nel volto del sofferente. Oggi ci sono non soltanto le sofferenze
del passato, ma a queste si sono aggiunte nuove sofferenze. Ecco perché dobbiamo essere
capaci sempre e dovunque, e soprattutto noi credenti, a non allontanarci mai da questo
obiettivo primario della nostra esistenza.
A fare gli onori di casa
la superiora generale delle Figlie di San Camillo, madre Laura Biondo,
alla quale abbiamo chiesto qual è il ruolo della religiosa lungo le corsie di un ospedale...
R.
- Noi abbiamo un ruolo importante accanto al malato, che è quello di stargli vicino.
Il malato deve sentire la nostra vicinanza per poter superare, per quanto sia possibile,
il momento difficile della malattia. Il momento della malattia ci chiama ad essere
accanto a questo infermo e ad esserlo con il cuore materno, così come San Camillo
chiedeva ai suoi ministri degli infermi.
D. - Le Figlie di San Camillo
attuano ogni giorno quella vocazione e spirito di dedizione totale all’ammalato che
è consacrata nella pronuncia del quarto voto, ossia la dedizione all’infermo a costo
della propria vita. Ma come è possibile porre in essere tale missione in un contesto
che privilegia modelli esclusivamente legati al benessere e alla salute?
R.
- Il quarto voto per noi è fondamentale, perché San Camillo ha voluto, in questo modo,
far sì che noi diventassimo persone che in qualsiasi momento danno la vita per il
malato. Una volta c’era la peste, c’erano altre malattie che mettevano a repentaglio
la vita. Oggi non ci sono più le malattie di un tempo, ma ci sono le nuove malattie
che tutti conosciamo, in particolare quella che fa molta paura alle persone: l’Aids.
Ma noi dobbiamo essere accanto al malato, dobbiamo essere disposte a morire in qualsiasi
momento.