Il cardinale Bagnasco: "i cattolici siano testimoni credibili in una società in crisi"
Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza
episcopale italiana, affronta diversi temi in una lunga intervista rilasciata all’Osservatore
Romano. Ribadendo la necessità di una purificazione della Chiesa indicata da Benedetto
XVI, il porporato sottolinea che il senso di questo tempo, segnato da “attacchi anche
virulenti”, consiste nel tornare “con umiltà alle sorgenti del Vangelo”. In una stagione
in cui “tendenzialmente tutti cercano di difendere se stessi”, il Papa invita a non
guardare alle colpe altrui, ma a far brillare la verità attraverso “un lineare riconoscimento
dei fatti” senza ritardi o attenuanti. Un’altra questione affrontata dal cardinale
Angelo Bagnasco è quella sollevata dalla controversa sentenza della Corte europea
dei diritti dell’uomo a Strasburgo che vieta l’esposizione del Crocifisso nelle scuole
pubbliche italiane. Ipotizzare che il Crocifisso – osserva il porporato – leda la
laicità dello Stato “significa dimenticare che prima dello Stato vi è la gente”. Voler
eliminare le caratteristiche tradizioni culturali e religiose di un Paese significa
rinunciare proprio “a quella ricchezza delle culture che si vorrebbe per altri versi
tutelare e difendere”. “Dietro la libertà religiosa – aggiunge il porporato – si cela
la più decisiva esperienza della libertà umana, senza la quale è a rischio non solo
la fede, ma ancor prima la democrazia”. La libertà è anche una delle sfide prioritarie
per i giovani. “Come ricorda di frequente Benedetto XVI, ogni generazione è chiamata
a imparare sempre di nuovo, cosa significhi essere liberi”. Certamente ai nostri giorni
– fa notare il presidente della Cei – vari elementi “hanno reso più difficile l’esercizio
di questa libertà, a fronte di un’aspirazione diffusa che la vede come un diritto
e non anche come una responsabilità”. Nell’intervista il cardinale Angelo Bagnasco,
soffermandosi proprio sulla necessità di un rinnovato senso di responsabilità, ribadisce
poi l’esigenza di una nuova generazione di politici cattolici. “L’affezione per la
cosa pubblica – fa notare il porporato – sta scemando e sempre più rarefatto è il
consenso intorno al bene comune”. Occorre una nuova generazione di italiani e cattolici
che, “pur nel travaglio della cultura odierna”, sentano la cosa pubblica come “importante
e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti”. Un destino che nella società
attuale trova varie insidie, tra cui quella legata alla crisi economica. Su questo
aspetto l’arcivescovo di Genova esprime la propria preoccupazione per “tanta sofferenza
e insicurezza”. Secondo il porporato il criterio da seguire è quello dell’equità economica.
Chi ha la responsabilità politica deve affrontare in concreto la situazione, declinando
l’equità economica in una cornice di libertà politica e di coesione sociale. “Solo
così i tre valori in gioco – la libertà politica, la giustizia economica, la coesione
sociale – si salvaguardano insieme”. Il porporato apprezza inoltre lo sforzo di quanti,
anzitutto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, invitano continuamente
“a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze”. Il
federalismo – sottolinea – non è una ricetta magica, ma rappresenta “un’intuizione
ben presente nella dottrina sociale della Chiesa, che sin dai tempi di Pio XI chiama
in causa il principio di sussidiarietà”. (A.L.)