Italia: le perplessità dell’ordinario militare sulla diffusione della cremazione
Di fronte alla diffusa pratica della cremazione e all’aumento delle richieste di spargimento
delle ceneri in mare, l’ordinario militare, arcivescovo Vincenzo Pelvi, esprime in
una nota – di cui riferisce l’agenzia Zenit - le sue perplessità, in risposta alle
domande di chiarimento su come comportarsi, poste da vari enti della Marina militare,
in particolare dalle Capitanerie di Porto. “Nascondere la morte e dimenticare l’anima
non rende più felice la vita, in genere la rende solo più superficiale”, afferma mons.
Pelvi, spiegando che “l’odierna sensibilità culturale tende ad oscurare la morte favorendo
la crescita di una mentalità assopita e dissimulatrice che coinvolge in particolar
modo i giovani in un processo di rimozione collettiva”. Secondo le dichiarazioni del
presule “mimetizzare la morte, affinchè il suo pensiero non rechi turbamento, significa
favorire un approccio evasivo dell’esistenza”. “ Della morte si parla sempre meno
- continua l’ordinario militare - si pronunciano poche parole, si tace; un vero e
proprio disdegno del morire diventato imbarazzante, perché potrebbe infastidire la
sensazione di benessere degli altri; il culto della giovinezza, della bellezza, della
carriera e del piacere che fa passare in secondo piano l’attenzione alle realtà spirituali
e trascendenti, spiega anche il rifiuto della morte.” Questa rimozione “sottende anche
le regole che inducono a chiudere immediatamente la bara con la spoglia mortale del
defunto, così da interrompere il contatto con il corpo e impedire la manifestazione
dei sentimenti.” Se in questi ultimi anni, ricorda il presule, la Chiesa registra
un aumento della richiesta di cremazione da parte dei cristiani, l’istituzione ecclesiastica
“pur preferendo la sepoltura tradizionale, non riprova tale pratica se non quando
è voluta in disprezzo della fede, cioè quando si intende con questo gesto postulare
il nulla a cui verrebbe ricondotto l’essere umano”. Di recente, in varie Nazioni,
la legislazione civile concede la possibilità di spargere le ceneri in natura oppure
di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come nelle abitazioni private. Spargere
le ceneri nelle acque di mari, fiumi e laghi o sepoltura anonime “rendono più difficile
il ricordo dei morti”, osserva ancora l’ordinario militare, sottolineando che “impedire
la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale
e comunitario, impoverisce l’uomo. In particolare “per le nuove generazioni la vita
di coloro che le hanno precedute resta anonima e si fa strada una crescente assenza
di storia. Per queste ragioni, secondo mons. Pelvi, la prassi della cremazione continua
a sollevare “domande e perplessità”. “I cimiteri - conclude il presule - sono e rimangono
luoghi sacri dove riporre le urne cinerarie, mantenere la vita dei propri cari, accogliere
consolazione e aiuto, annunciare la speranza cristiana nella resurrezione.”(E.C)