2010-07-12 15:38:10

Attentati in Uganda: oltre 60 morti


Ieri sera tra i tifosi che assistevano alla finale dei mondiali in due locali pubblici di Kampala, in Uganda, un doppio attentato ha fatto strage: almeno 64 i morti, tra cui un americano, e una sessantina di feriti. Le esplosioni, avvenute all’interno di un ristorante etiope e nel bar di un club di rugby della città sono l’attacco più grave nell’Africa dell’Est dal 1998. Potrebbe trattarsi dell’azione di due kamikaze, ma anche di due bombe posizionate sotto i sedili dei locali, mentre i sospetti della polizia ugandese si concentrano sulle recenti minacce degli Shabaab, gruppo integralista somalo. Il governo ugandese ha condannato l’accaduto così come l’intera comunità internazionale. Immediato l’aiuto offerto al governo dagli Stati Uniti. Cosa c’è dunque alle spalle di questo duplice attacco che, comunque, ha offuscato il clima di festa che si stava vivendo nel mondo intero? Gabriella Ceraso ne ha parlato con Domenico Quirico africanista de La Stampa:RealAudioMP3  

R. - L’universo molto opaco del fondamentalismo islamico aveva dichiarato guerra ai Mondiali di Calcio e, purtroppo, l’ha condotta con grande determinazione. Non sono i primi e gli unici morti uccisi mentre guardavano una partita. In Somalia, ci sono state addirittura delle esecuzioni per quello che viene considerato sostanzialmente un reato. Direi che le piste abbastanza evidentemente riportano alla Somalia, al Corno d’Africa, agli Shabaab, fondamentalisti ribelli di Mogadiscio, che hanno come primo obiettivo quello di cacciare dal Paese la forza di pace, gestita soprattutto dall’Uganda e dal Burundi. Il messaggio è neanche troppo trasversale: "noi dobbiamo liquidare i conti con questo governo", debolissimo.

 

D. - La prossima settimana, proprio a Kampala, ci sarà un summit dell’Unione Africana e si discute di un rinforzo delle truppe proprio in Somalia. Credi che ci saranno effetti su questo?

 

R. - Il discorso sul ruolo internazionale in Somalia è un discorso molto delicato, molto complesso e temo anche piuttosto spiacevole, nel senso che - non nascondiamoci dietro la solita retorica - i Paesi che contano hanno deciso che della Somalia non vogliono più sentir parlare, perché hanno avuto delle esperienze spiacevoli e non ritengono che sia un Paese particolarmente fondamentale. Stiamo nell’ambito - come dire - dell’attività di pacificazione di serie B, se non di serie C. E’ inutile che continuiamo a mettere i puntini sulle “i”, sugli ugandesi e burundesi nelle riunioni dei Paesi dell’area: non sono questi Paesi che devono dare una risposta. I fondamentalisti somali stanno conquistando il Paese e certamente non bastano i contingenti africani per fermarli.

 

D. - L’attaccare l’Uganda, l’uscire fuori dai confini somali può segnare una svolta nella strategia di attacco delle truppe estremiste islamiche?

 

R. - Direi di sì. Attenzione, perché è stato proprio in Africa che è stata annunciata la grande offensiva di al Qaeda con gli attentanti in Tanzania e in Kenya. Questo è l’attentato più sanguinoso dopo quelli di Salaam e di Nairobi. Forse non è vero che ci sia questa specie di grande organizzazione, che si muove in modo spettacolare e disinvolto in tutti i continenti, però è certamente in grado di fare danni e di colpire dove vuole. Questo è un elemento fondamentale e l’Africa probabilmente è un nuovo fronte di questa battaglia, lo è sempre stato, ma forse adesso ancora di più.








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