“Tutti contano”: slogan dell’odierna Giornata mondiale della Popolazione
“Tutti contano”: è lo slogan scelto per la Giornata mondiale della Popolazione che
ricorre oggi. Si vuole sottolineare che ciascuno è importante e nello stesso tempo
che disporre di dati demografici affidabili è cruciale nella pianificazione di scuole,
sistemi sanitari e trasporti pubblici, e nella creazione di politiche che tengano
in considerazione le proiezioni sulla popolazione. Oggi la popolazione mondiale conta
circa 6 miliardi e 790 milioni di persone. In Asia vivono poco più del 60% degli abitanti
del pianeta, in Africa il 14,5%, in America il 13,6, in Europa poco meno dell’11%,
lo 0,5% in Oceania. Ma, dopo tante teorie del passato, che cosa dire oggi del rapporto
tra demografia e sviluppo? Fausta Speranza lo ha chiesto all’economista Mario
Deaglio:
R. – Sicuramente
esiste un collegamento tra spinta demografica e crescita economica. Quando la spinta
demografica è troppo forte, la crescita economica poi tende a diminuire e si può entrare
in un circolo vizioso. Però, in via normale, noi vediamo che Paesi che adesso hanno
delle classi lavorative piuttosto ampie e che se si possono fornire di istruzione
sul mercato mondiale possono avere maggiori possibilità di essere competitivi. Naturalmente
l’esempio principale è la Cina, la quale, peraltro, ha una demografia che ormai è
stazionaria e comincerà ad invecchiare molto rapidamente tra poco. Ma poi soprattutto
il Brasile e l’India, dove la combinazione salute migliore e istruzione comincia ad
essere diffusa, la popolazione giovane di una grossa consistenza è importante. Dall’altro
lato, abbiamo invece la difficoltà a veder crescere dei Paesi come quelli europei,
in cui la forza lavoro non cresce più, ma cresce invece il peso delle pensioni e della
salute degli anziani.
D. – In passato la demografia
è stata al centro dei dibattiti internazionali perché si temeva la famosa “bomba demografica”,
che non c’è stata. Al momento, qual è la riflessione su questi temi?
R.
– E’ vero quello che lei dice, che la bomba demografica, come veniva chiamata, era
considerata una minaccia venti o trenta anni fa. E’ successo che i tassi di natalità
sono diminuiti molto più rapidamente delle attese e oggi si ragiona su proiezioni
che parlano di una stabilizzazione della popolazione mondiale tra 9 miliardi e mezzo
e forse 10 miliardi, ma sembra che non ci arriviamo, entro il 2050, 2060. Peraltro,
questa stabilizzazione porta dei problemi, perché è una stabilizzazione legata ad
un forte invecchiamento, un chiaro indice di invecchiamento generale. A questo invecchiamento
generale sfuggono alcune aree, in particolare buona parte del mondo islamico e l’India,
che hanno ancora delle popolazioni giovani molto forti. La cosa ha cessato di essere
considerata un problema mondiale e l’attenzione si è spostata su come si fa a quadrare
il bilancio generale con le spese e le potenzialità degli anziani. Persone che adesso
non sono ancora anziani lo saranno nei prossimi 20 o 30 anni e non saranno sostituiti
da uno stesso numero di giovani.
Di fronte a tutto ciò, qual è
il punto di vista della Chiesa? Fausta Speranza lo ha chiesto a mons. Silvano
Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di
Ginevra:
R.
– Dal punto di vista della nostra tradizione cattolica, della tradizione cristiana,
prima di tutto bisogna sottolineare il valore della vita e l’importanza delle nuove
generazioni. Le nuove generazioni portano sempre innovazioni, speranza, portano un
senso di impegno, di voglia di scoprire qualcosa di nuovo. Secondo, oltre al rispetto
della vita, vediamo che con la continuità demografica, la continuità attraverso la
famiglia della vita umana, si vengono a rafforzare e a trasmettere quei valori fondamentali
su cui si regge la convivenza. Quindi, il punto su cui bisogna, secondo me, insistere
è che il valore della vita è quello che porta benefici sia ad un livello sociale che
ad un livello economico e culturale, come pure al sostegno di quei principi e di quei
valori su cui costruiamo continuamente il rapporto umano.
D.
– Mons. Tomasi, lo slogan della Giornata mondiale della popolazione 2010 è “tutti
contano”. Perché davvero non sia solo uno slogan, che cosa ci vuole?
R.
– Se davvero tutti contano, non possiamo escludere le persone handicappate, non possiamo
escludere gli anziani, non possiamo avviare un discorso di eutanasia o limitare il
diritto alla vita, prima della nascita o prima della fine naturale della vita. Se
tutti contano dobbiamo essere inclusivi, cioè adottare un approccio che è quello sempre
adottato dalla tradizione cattolica: nella società non solo contano tutti, ma si
comincia a far valere i diritti delle persone più vulnerabili e più deboli. Per cui
c’è sempre stata l’attenzione storica della Chiesa verso le persone ammalate, verso
le persone che hanno dei problemi personali, persone che sono più deboli nella società
e appunto perché più deboli, come in una famiglia, vengono protette e assistite in
maniera più attenta. Contano tutti, quindi tutte le persone umane, e quindi è una
vera maniera di riaffermare il diritto alla vita e il principio della vita, che deve
essere difesa in tutte le circostanze, appunto perché crediamo nella dignità di ogni
persona. E questo è il centro su cui si deve focalizzare l’attenzione sia della società
cristiana, come della comunità internazionale in genere: a sostegno della dignità
di ogni persona si deve partire dalla difesa della vita di queste persone e dalla
loro inclusione nella protezione che offre la società.