2010-07-11 10:44:27

Oggi, Domenica del mare, Giornata di preghiera per oltre un milione e mezzo di marittimi


Oggi la Chiesa celebra la “Domenica del Mare”, una giornata dedicata alla preghiera per i lavoratori marittimi, per le loro famiglie e per coloro che li assistono. Nell’occasione, il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti ha pubblicato un messaggio che ricorda come il 2010 sia stato proclamato dall’Organizzazione Marittima Internazionale “Anno del Marittimo” proprio per sensibilizzare la comunità internazionale sulle condizioni lavorative di circa un milione e mezzo di lavoratori del mare. Il presidente di questo dicastero, l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, ricorda al microfono di Fabio Colagrande il significato di questa ricorrenza. RealAudioMP3

R. - La “Domenica del Mare” è una tradizione iniziata in Inghilterra nel 1975 quando l’Apostolato del Mare (della Chiesa Cattolica), la “Mission to Seafarers” (Anglicana) e la “Sailors’ Society” (Free Church) decisero che ci dovesse essere un giorno nel calendario delle Chiese per ricordare i marittimi, pregare per le loro famiglie e per coloro che li assistono. Da allora la celebrazione, allargatasi fino a diventare internazionale, si celebra abitualmente la seconda domenica di luglio, e con essa si riconosce l’importante contributo lavorativo dei marittimi all’economia di tutti i Paesi del mondo. Questa ricorrenza ha anche un’importanza ecumenica perché in molti porti le celebrazioni e le diverse attività di sensibilizzazione riguardo la situazione umano-lavorativa dei marittimi vengono fatte congiuntamente con altre denominazioni cristiane, dando testimonianza così di unità di intenti e cooperazione nel tutelare i diritti di queste persone.

D. - Quali sono i temi affrontati quest’anno nel messaggio del Pontificio Consiglio per la “Domenica del Mare”?

R. - Sono due. Il primo riguarda il 90mo anniversario di fondazione dell’Apostolato del mare, iniziato a Glasgow il 4 ottobre 1920 ad opera di un piccolo gruppo di laici e sacerdoti che volevano porre rimedio alla situazione di abbandono in cui versavano i marittimi cattolici di quel tempo. Attraverso gli anni quest’opera è cresciuta e con il contributo di tanti cappellani e volontari svolge un lavoro prezioso di assistenza materiale e spirituale ai marittimi di ogni nazionalità e credo religioso, con visite a bordo e accoglienza nei Centri Stella Maris. Quest’anno non celebriamo solo un anniversario, ma vogliamo ritrovare lo spirito originale e l’entusiasmo che ha guidato i fondatori. Il secondo tema si riferisce proprio al 2010 che l’Organizzazione Marittima Internazionale ha proclamato “Anno del Marittimo”, per dare alla comunità internazionale l’occasione di prendere maggiormente coscienza dell’importanza del lavoro svolto da un milione e mezzo di marittimi, ma anche dei rischi connessi con la loro professione.

D. - Potrebbe accennare ai principali problemi che i marittimi devono affrontare?

R. - Vale ricordare la pirateria in generale, ma specialmente nel golfo di Aden, un problema emergente. A tutt’oggi ci sono circa 20 navi sequestrate con un totale di oltre 400 membri di equipaggio. I marittimi e le loro famiglie pagano a questo riguardo un alto prezzo quanto a stress psicologico, che a lungo termine può avere conseguenze traumatiche. L’Apostolato del mare e altre organizzazioni cristiane si preoccupano del loro benessere dopo il rilascio da parte dei pirati. Inoltre esiste il problema delle navi battenti bandiera ombra, registrate in Stati che non esercitano alcun controllo sulla loro sicurezza e sulle condizioni di vita e lavoro dell’equipaggio, per lo più proveniente da Paesi in via di sviluppo e che, per paura di perdere il posto, soffre in silenzio sfruttamento e abusi. Un altro fenomeno in ascesa è la criminalizzazione dei marittimi, causata dall’incremento degli incidenti, in cui prevale il fattore umano. I marittimi vengono colpevolizzati e criminalizzati e usati come capro espiatorio dai loro datori di lavoro. Infine, la crisi economica ha accentuato un problema scandaloso e ricorrente nel panorama del mondo marittimo, cioè l’abbandono delle navi e del loro equipaggio da parte dell’armatore. In questi casi è molto spesso l’Apostolato del mare ad intervenire ed agire come forza catalizzatrice per risolvere questo problema che richiede l’intervento della Capitaneria di porto, della polizia di frontiera e di altri organismi statali. A questo riguardo, nei mesi scorsi sia l’Apostolato del Mare spagnolo che quello italiano hanno presentato un dossier in cui si affrontano i diversi aspetti di questo fenomeno nei rispettivi Paesi.

D. - Quali sono le priorità in cui l’Apostolato del mare si deve impegnare nel futuro?

R. - Provvedere alla cura pastorale dei marittimi e dei pescatori attraverso la visita alle navi rimane certamente la nostra priorità, insieme con lo sforzo di sollecitare la sensibilità delle Conferenze episcopali e coinvolgere maggiormente le Chiese locali nella cura pastorale della gente di mare e delle loro famiglie. In questi ultimi anni il varo di navi da crociera sempre più grandi e capienti, che possono arrivare ad ospitare duemila o tremila passeggeri e almeno mille o millecinquecento membri di equipaggio, ha evidenziato la necessità della presenza di cappellani di bordo, cioè sacerdoti che, imbarcandosi, diventano marittimi con i marittimi e sono così presenza viva della Chiesa. Infine, sarebbe auspicabile che in questo anno dedicato al marittimo si arrivasse alla ratifica, da parte degli Stati membri dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, della Convenzione 2006 sul lavoro dei marittimi, che porterebbe maggiore protezione e benefici a questa categoria di lavoratori che provvedono ogni giorno ai bisogni quotidiani della nostra umanità, ma che in realtà sono spesso dimenticati e ignorati.







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