Bloccata in Iran la lapidazione della donna accusata di adulterio
Non sarà lapidata la 43.enne iraniana Sakineh Mohammadi-Ashtiani, accusata dalle autorità
giudiziarie di Teheran di adulterio. Lo annunciano gli organi competenti della Repubblica
islamica in un comunicato ripreso dal quotidiano britannico Times, senza specificare
tuttavia se l’esecuzione, prevista per oggi, sia stata definitivamente annullata.
Dietro la decisione, probabilmente, la pressione esercitata da una vasta campagna
di mobilitazione internazionale, guidata da Londra e Washington, insieme con tante
associazioni in difesa dei diritti umani. Tra queste, la Fondazione Pangea che si
occupa in particolare dei problemi delle donne. Sul caso di Sakineh sentiamo al microfono
di Gabriella Ceraso la responsabile progetti di Pangea, Simona Lanzoni: R. – Si tratta
di una giovane donna di 43 anni, costretta a confessare quello che non ha commesso.
Sono diversi anni che è in carcere. E' stata torturata per estorcerle la confessione.
Il problema è che molto spesso, per situazioni di altra natura, si può essere condannate.
L’adulterio diventa un mezzo per mettere le donne in carcere, quando danno fastidio
rispetto alla gestione familiare o ai problemi della comunità locale. Non c’è nessuno
che riesce a tirare fuori la verità.
D. – Esiste una moratoria dal 2002
proprio sulla lapidazione in Iran. Ci sono state anche smentite ufficiali su molte
delle esecuzioni che invece sono comunque avvenute e che le stesse ong internazionali
hanno denunciato. Secondo la vostra esperienza, quante speranze ci sono che effettivamente
l’esecuzione sia stata annullata?
R. – In realtà, quello che noi pensiamo
è che purtroppo si sia tramutata in altro, nel senso che la impiccheranno. La cosa
che ci fa sperare è proprio il fatto che l’Iran deve darsi un minimo di visibilità,
rispetto al fatto che loro sono entrati all’interno delle Nazioni Unite proprio sul
Comitato dei diritti per le donne e quindi si spera che questa rete internazionale
riesca a bloccare questa esecuzione assolutamente ingiusta.
D. - Oggi
Teheran ricorda l’anniversario della rivolta studentesca, soffocata nel sangue nel
9 luglio del ’99. L’Onda Verde, il movimento di contestazione del governo, ha pensato
di scendere nuovamente in piazza. Quanto la visibilità e anche tutte le denunce, legate,
appunto, al movimento dell’Onda Verde, hanno cambiato l’atteggiamento di Teheran nei
confronti del rispetto dei diritti umani?
R. – In realtà, purtroppo,
molte persone hanno rischiato ulteriormente e sono in prigione per questo motivo.
Dall’altro si sono dovute fare delle concessioni, perché è diventato un caso talmente
eclatante che c’è stato un doppio gioco. Quello che non si sa è che comunque l’Onda
Verde continua, quindi quello che si spera è che il processo democratico non si arresti,
malgrado i tentativi di riportare tutto al periodo prima dell’Onda Verde.