Accuse di blasfemia in Pakistan: famiglia cristiana in fuga
Nella città pakistana di Lahore da tre giorni sono nascosti in un luogo segreto i
membri di una famiglia di cristiani, in fuga dai fondamentalisti e dalla polizia,
perché accusati di blasfemia. Una famiglia pakistana
cristiana di Model Town, sobborgo residenziale a Lahore, ha abbandonato la propria
casa per sfuggire all’assalto di una folla di musulmani locali. I membri di questa
famiglia sono accusati di blasfemia per aver utilizzato un pannello – sul quale vi
sarebbero impressi versi del Corano – per coprire il soffitto del bagno. Lo riferisce
l’agenzia Asianews. Gli inquirenti hanno disposto un mandato di cattura nei confronti
dei cristiani e hanno arrestato due loro parenti, per costringere i ricercati a costituirsi.
A denunciare la vicenda è stato il Pakistan Christian Post, secondo cui alla base
dell’accusa di blasfemia vi sarebbero “rancori personali o inimicizie”. Il 5 luglio
scorso una folla composta da oltre 2 mila musulmani ha tentato di bruciare l’abitazione
dei cristiani, fuggiti prima dell’arrivo della polizia. Da tre giorni sono nascosti
in un luogo segreto, nel timore di rappresaglie della comunità islamica. Il Centro
di assistenza legale a difesa delle vittime di blasfemia, ha avviato un’indagine
parallela sull’incidente, consultandosi con le forze dell’ordine e intervistando cristiani
e musulmani della zona. Secondo la ricostruzione degli eventi, la tensione è andata
crescendo tanto da vedersi gomme bruciate, strade bloccate e il ricorso alla polizia
per procedere all’arresto. I cristiani dell’area non hanno voluto commentare la vicenda,
nel timore di ritorsioni o di nuovi attacchi. Il Centro di assistenza legale a difesa
delle vittime di blasfemia ha precisato che dopo aver visto il pannello incriminato,
mostrato loro da un musulmano locale, “non sono emerse parole o frasi riconducibili
a versetti del Corano”. Un dettaglio è stato rilevato dal Pakistan Christian Post
secondo cui si tratterebbe di una famiglia molto povera e analfabeta, che non avrebbe
saputo leggere e comprendere le scritte impresse sul pannello. Per questo, i musulmani
della zona – sottolinea ancora il giornale pakistano – hanno “sfruttato” la loro ignoranza
per incriminare Zahid Masih e i due parenti, verso i quali nutrono “rancori personali
o inimicizie”. La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986 dal dittatore
pakistano Zia-ul Haq ed è diventata uno strumento di discriminazioni e violenze. La
norma del codice penale pakistano punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e
con la condanna a morte chi insulta Maometto. (A cura di Carla Ferraro)