Dal vertice Obama-Netanyahu, spiragli di speranza per il processo di pace in Medio
Oriente
Dal vertice tra Obama e Netanyahu, ieri alla Casa Bianca, sembra emergere la prospettiva
a breve di colloqui diretti che rilancino il processo di pace israelo-palestinese.
Il presidente americano si dice fiducioso che i cosiddetti “proximity talks”, i negoziati
indiretti coordinati dall'emissario Usa George Mitchell, si trasformeranno in “negoziati
diretti”. E parla di settembre, ricordando lo scadere della moratoria sui nuovi insediamenti
nei Territori palestinesi. Il premier israeliano, chiedendo “una pace sicura”, afferma
che Israele è “pronto a fare molto” per raggiungerla. Tuttavia, il portavoce del presidente
dell'Anp, Mahmud Abbas (Abu Mazen), fa sapere che “la direzione palestinese attende
risposte sulle questioni delle frontiere e della sicurezza per decidere se impegnarsi
in negoziati diretti”. Bastano ueste effettivaqueste mente aperture effettivamente
per miglior,are il clima generale tenendo conto del freno posto dall’Anp? Gabriella
Ceraso lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale e editorialista
del Corriere della Sera:
R. –
Diciamo subito che l’incontro di Washington si è concluso positivamente. D’altronde,
se fosse continuato quel clima di gelo, le conseguenze sarebbero state sempre più,
pesanti. Francamente, non credo che ci siano delle novità così clamorose, che possano
far pensare e produrre risultati eccezionali a breve, perché non esistono le condizioni,
al di là della volontà di ricucire i rapporti e la volontà di non lasciar deteriorare
di più il processo di pace.
D. – Tra i nodi insoluti c’è la questione
delle frontiere, della sicurezza. L’Anp attende risposte su questo fronte prima di
decidere se impegnarsi o meno in negoziati diretti. Cosa prevedi sotto questo profilo?
R.
– Questa è una cosa che riguarda altri attori, della regione. Prima bisognerà vedere
come funziona questo tentativo di riavvicinamento tra l’Autorità nazionale palestinese
e Hamas. Se ci fosse un passo avanti, allora sì che si potrebbe parlare dei confini
e, in particolare, dei confini della Striscia di Gaza. Ma non soltanto con Israele,
anche con l’Egitto, perché uno sforzo dovrebbe essere coniugato tra i due grandi vicini,
per cercare di evitare che Gaza continui a essere ghetto, evitando pure che ci possano
essere attacchi nei confronti di Israele.
D. – Altro tema affrontato
è il dossier nucleare iraniano. Stati Uniti e Israele ribadiscono la linea dura.
Questo che influenza potrà avere sulla ripresa dei negoziati, promessi dall’Iran a
settembre?
R. – E’ importante, perché si è acquetata o, in qualche misura,
si è raffreddata quell’ipotesi di un attacco israeliano contro l’Iran, che non è stato
più evocato. E d’altra parte, mi è parso di capire che Netanyahu si sia abbastanza
raccordato con la volontà americana di arrivare a questo passaggio chiave di fine
estate.
Allarme suicidi nelle Forze armate israeliane È allarme
ai vertici delle Forze armate israeliane per l'aumento del numero dei suicidi tra
i militari. Lo riferisce oggi il sito Ynet, secondo il quale - dopo qualche anno di
rallentamento – il fenomeno ha toccato un nuovo picco nei primi sei mesi del 2010.
In base agli ultimi dati disponibili, sono 19 i militari israeliani che fra gennaio
e fine giugno si sono tolti la vita. Una cifra vicina al totale dei suicidi registrati
nell'intero 2009 e tale da far temere in proiezione una statistica più grave di quella
record del 2005, anno funestato da 35 morti. Fonti militari sostengono che indagini
compiute in passato su ogni singolo caso di suicido tenderebbero a escludere – in
maggioranza – connessioni dirette con la vita di caserma o le attività belliche. Resta
tuttavia la singolare incidenza del fenomeno fra i ranghi degli uomini (e delle donne)
in divisa.
Sei soldati afghani uccisi per errore da raid Nato nel sud
dell'Afghanistan Almeno sei soldati dell'esercito afghano sono morti in un
raid aereo della Nato nella provincia meridionale di Ghazni. L'incidente è avvenuto
ieri sera, mentre l'esercito afghano stava affrontando un commando di talebani a Rashidkhel.
I velivoli hanno bombardato i soldati scambiandoli per errore per insorti. La Forza
internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) ha annunciato oggi di avere aperto
un'inchiesta.
Fuga dalle zone orientali del Pakistan Oltre 200
persone sono fuggite dalla zona di Bajwat, nel Pakistan orientale, dopo che l'esercito
indiano ha sparato con mortai e armi automatiche da oltre confine. I due Paesi confinanti
in passato si sono scontrati duramente per la cosiddetta "Linea di controllo", che
dal 1949 divide il Kashmir in zona sotto controllo indiano e zona sotto controllo
pakistano.
India In riferimento ai violenti scontri tra dimostranti
separatisti e forze dell'ordine nella vallata himalayana contesa tra India e Pakistan,
il governo indiano ha deciso di schierare l'esercito nelle strade di Srinagar. Ieri,
nella città erano state uccise tre persone. L'emergenza sarà discussa oggi a New Delhi
in un vertice del governo sulla sicurezza. Intanto, i ribelli maoisti indiani hanno
proclamato da oggi un nuovo sciopero generale di due giorni nel nord est del Paese,
per protestare contro l'uccisione del loro leader e portavoce, Cherukuri Rajkumar,
avvenuta nello Stato meridionale dell'Andhra Pradesh.
Sri Lanka Centinaia
di persone manifestano da ieri a Colombo, capitale dello Sri Lanka, davanti al palazzo
dell'Onu. Appoggiano la protesta del governo locale contro il segretario generale,
Ban Ki-moon, che ha nominato una commissione d’indagine su presunti crimini di guerra
contro la minoranza tamil. Circa 7.500 persone sarebbero state uccise negli ultimi
cinque mesi della guerra civile, che per 26 anni ha visto le forze governative impegnate
contro i ribelli separatisti e si è conclusa nel maggio del 2009. La commissione è
ritenuta una violazione alla sovranità del governo, che afferma di averne già nominato
una propria. In ogni caso, è particolarmente critica la situazione degli sfollati
tamil e dei prigionieri politici in Sri Lanka. l'opinione del prof. Emilio Asti,
esperto di culture orientali, intervistato da Giada Aquilino: R. - La situazione
dei rifugiati tamil, purtroppo, rimane grave. Per queste persone, varie organizzazioni
hanno chiesto un intervento urgente, in quanto - anche se la guerra è finita da oltre
un anno - le autorità non hanno ancora preso provvedimenti per cercare di risolvere
questa grave situazione. Molti prigionieri politici tamil si trovano ancora oggi nell’impossibilità
di far valere i propri diritti. Questi prigionieri sono stati detenuti in base all’atto
di prevenzione del terrorismo e non dobbiamo dimenticarci che sono migliaia.
D.
- L’Onu stima che l’ultimo assalto dell’esercito alle Tigri tamil abbia provocato
settemila morti tra i civili, lo scorso anno. Qual è la linea delle autorità di Colombo
e del presidente Rajapakse a proposito dell’inchiesta Onu sull’ultima parte dell’offensiva
dell’esercito?
R. - Il governo dello Sri Lanka ritiene che la cifra
sia inferiore, mentre altre fonti tamil ritengono che la cifra sia superiore ed alcuni
parlano addirittura di 12-13 mila morti. La vittoria dell’esercito governativo non
ha portato alla soluzione del grave problema dei profughi tamil. Problema, questo,
che esisteva già da tempo.
D. - Proprio in base ad una inchiesta sulle
violazioni dei diritti umani in Sri Lanka, l’Unione Europea ha minacciato di sospendere
da metà agosto il canale preferenziale di esportazioni dallo Sri Lanka verso i 27.
Che Paese è, anche a livello economico e a livello di relazioni internazionali, lo
Sri Lanka?
R. - L’Unione Europea ha affermato che nello Sri Lanka le
convenzioni dell’Onu sulla tortura e sui diritti dell’infanzia sono state violate.
Quindi, la commissione ha deciso di bloccare il canale preferenziale di esportazioni
verso l’Unione Europea e ciò verrebbe a costare 150 milioni di dollari all’anno allo
Sri Lanka. La situazione economica è veramente tragica e si è aggrava a motivo della
mancata soluzione alla questione umanitaria. Le zone che sono state devastate dal
conflitto, le province del nord e quelle orientali, portano ancora oggi i segni dei
combattimenti.
Stretta del parlamento europeo sui "bonus" di dirigenti
bancari Via libera del parlamento europeo oggi a Strasburgo, sulla stretta
da attuare al "bonus" dei manager delle banche. A partire dal primo gennaio del prossimo
anno, l'attuale remunerazione dei dirigenti del settore finanziario subirà un netto
taglio. Il servizio di Michela Altoviti:
Il parlamento
europeo approva un piano di riforme concrete sulla supervisione finanziaria. L’obiettivo
è di assistere in futuro a una migliore gestione del rischio da parte degli
Istituti di credito e a una revisione delle pratiche relative alla retribuzione,
in modo che siano forniti incentivi più equilibrati. Secondo le novità introdotte,
ciascuna banca dovrà stabilire dei limiti per i "bonus" in base agli stipendi e solo
il 30% del "bonus" previsto per i manager e i dirigenti potrà essere pagato in contanti.
In caso il "bonus" sia particolarmente elevato, questa percentuale sarà ridotta al
20%. Mentre almeno il 50% del totale della cifra dovrà essere pagato con azioni e
capitali. E ancora, gran parte del "bonus" potrà essere scaglionata lungo un periodo
di 3-5 anni, con la possibilità di doverlo rendere se la performance della
banca non avrà rispettato le aspettative. Infine, anche i bonus-pensione saranno inclusi
nel regolamento: infatti, il pagamento delle pensioni straordinarie dovrà essere limitato.
Ciò consentirà di evitare situazioni verificatesi di recente, in cui alcuni manager
hanno beneficiato di pensioni molto elevate, nonostante la crisi che stava attraversando
la loro banca. La proposta è stata approvata con 625 voti a favore, 28 contrari e
37 astenuti e dovrà ora essere appoggiata dai ministri delle Finanze della Ue, martedì
prossimo a Bruxelles. Da parte sua, la vicepresidente del parlamento europeo, Roberta
Angelilli, ha dichiarato: “Il voto di oggi dell’aula di Strasburgo a favore del tetto
sui pagamenti dei dirigenti bancari e sui relativi bonus è espressione della volontà
del parlamento europeo di rispondere alla crisi economica attraverso azioni concrete". Manifestazione
di cittadini delle zone terremotate di Abruzzo a Roma Hanno riempito Piazza
Venezia e la vicina Via dei Fori Imperiali, a Roma, gli aquilani che hanno marciato
su Roma lanciando un ''S.O.S. L'Aquila'' e chiedendo sospensione delle tasse, occupazione
e sostegno all'economia. Sono circa cinquemila le persone arrivate dalle zone colpite
dal terremoto di circa un anno fa: oltre al Comune de L'Aquila, quelli di Paesi limitrofi
come San Demetrio, Fossa, Torre dei Passeri, in provincia di Pescara, e Sulmona, che
pur non essendo stata inserita nell'area dell'epicentro del sisma del 6 aprile 2009
ha subito danni. I manifestanti, arrivati con 40 autobus e in auto, hanno sfilato
lungo via del Corso diretti a Montecitorio e nel pomeriggio si concentreranno in piazza
Navona.
Cinque anni fa l’attentato a Londra Londra oggi si ferma
e ricorda gli attentati di cinque anni fa, il 7 luglio 2005, quando una serie di esplosioni
causate da attentatori suicidi colpì il sistema dei trasporti pubblici della capitale
britannica durante l’ora di punta: presi di mira contemporaneamente treni della metropolitana
e autobus, con un bilancio di oltre 50 vittime e circa 700 feriti. Il servizio di
Sagida Syed:
Il 7
luglio di 5 anni fa Londra si svegliava euforica per aver vinto la candidatura per
ospitare le Olimpiadi del 2012, ma alle 8.50 una serie di esplosioni in quattro punti
focali della città avrebbe scosso l’intera nazione, che da allora vive sotto la minaccia
terroristica. I cinque kamikaze, cittadini britannici di origine orientale e legati
alla rete Al Quaeda, uccisero 52 persone e ne ferirono altre 700 che stavano recandosi
al lavoro sui mezzi pubblici. I familiari delle vittime, che finora hanno ricevuto
11 milioni di sterline di risarcimento, hanno organizzato alcune cerimonie private
per ricordare i propri cari ed hanno manifestato disappunto contro il premier, Cameron,
che si è limitato a depositare una corona di fiori in Hyde Park. L’ex sindaco di Londra,
Ken Livingstone, ha dichiarato che “oggi i londinesi ricordano non solo chi ha perso
la vita, ma anche la capacità di saper reagire propria di questa città”. Intanto,
ad ottobre verrà pubblicata l’inchiesta ufficiale sull’attacco terroristico alle metropolitane
e al quotidiano Times un commissario di Scotland Yard annuncia che “il Paese è al
massimo livello di allerta e che un nuovo attacco sarebbe imminente”.
Belgrado
ribadisce: no all’indipendenza del Kosovo Il presidente serbo, Boris Tadic,
ha ribadito il suo "no" all'indipendenza del Kosovo. Lo ha fatto con un discorso pronunciato
ieri sera al Consiglio di sicurezza dell'Onu, riunitosi su richiesta di Belgrado dopo
gli ultimi episodi di violenza registratisi a Kosovska Mitrovica. Nella città a nord
del Kosovo, divisa in un settore serbo e uno albanese, venerdì scorso una bomba a
mano ha provocato la morte di un manifestante serbo e il ferimento di altri undici.
Atteso a breve il verdetto - non vincolante - della Corte internazionale di giustizia
dell'Aja, chiamata da Belgrado a pronunciarsi sulla legittimità dell'indipendenza
del Kosovo.
Uccisi in Cina un sacerdote e una suora Padre Zhang
Shulai, 55 anni, e suor Wei Yanhui, 32 anni, entrambi religiosi della Chiesa cattolica
sono stati uccisi nella provincia settentrionale della Mongolia interna. Sono stati
uccisi a coltellate nella casa per anziani in cui lavoravano e risiedevano e di cui
la religiosa era direttrice nella cittadina di Wuhai. La polizia sta indagando ma
al momento non è possibile stabilire se si tratti di uno o più assassini e non c’è
indicazione sulle possibili motivazioni.
In Cina eseguita la condanna
a morte dell'ex capo della magistratura È stata eseguita a Chongqing, città
sud occidentale cinese, la condanna a morte dell'ex capo della magistratura, Wen Qiang.
Aveva 55 anni ed era stato dichiarato colpevole di aver accettato tangenti per proteggere
le cinque principali organizzazioni criminali della città. Wen era stato condannato
anche per violenza sessuale ed altri reati finanziari.
Violento scontro
tra bus in Corea del Nord: morti 10 operai Dieci operai nordcoreani sono morti
e altri 40 sono rimasti feriti in un violento scontro tra due bus presso il distretto
di Kaesong, in Corea del Nord, accanto alla frontiera con il Sud. (Panoramica internazionale
a cura di Fausta Speranza e di Michela Altoviti) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 188 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.