Nel pomeriggio vertice Obama-Netanyahu, mentre persiste la crisi fra Turchia e Israele
L’Unione Europea annuncia una missione a Gaza. Lo fa mentre Israele e Turchia sono
ai ferri corti e Obama tenta di rilanciare, con il vertice nel pomeriggio con Netanyahu,
il processo di pace israelo-palestinese. Il servizio di Fausta Speranza: I
ministri degli Esteri europei sono pronti a partire per Gaza per capire meglio la
situazione conseguente all’embargo di Israele. Lo annunciano sottolineando che l’Ue
si aspetta "un fondamentale cambiamento di politica nella Striscia", a partire dall’attuazione
immediate delle misure annunciate dal Governo israeliano. Nella regione “preoccupa”
la crisi tra Turchia e Israele. La minaccia di Ankara di rompere i rapporti con lo
Stato ebraico potrebbe avere “conseguenze certamente gravi per l'intero equilibrio
mediorientale”. Dopo la sanguinosa vicenda della nave turca con attivisti filopalestinesi
bloccata da Israele, la Turchia chiede le scuse, senza le quali le relazioni diplomatiche
con Israele, ex-alleato strategico, saranno interrotte. Israele fa sapere di non avere
l’intenzione di scusarsi. Si fa sempre più delicata, dunque, la visita di Netanyahu
oggi a Washington: l’obiettivo è la ripresa del processo di pace israelo-palestinese.
La crisi senza precedenti nei rapporti con un alleato strategico (anche di Washington)
come la Turchia complica uno scenario già difficile. In realtà, l’atteso faccia a
faccia tra Obama e Natanyahu è stato anticipato da un segnale positivo anche se minimo:
la stretta di mano ieri tra il ministro della Difesa israeliano, Barak, e il premier
dell'Anp, Fayyad. Dopo mesi e mesi di gelo e di assoluto stallo nei negoziati, rappresenta
una speranza. Questo anche se gli islamico-radicali di Hamas, subentrati all'Anp nel
controllo della Striscia di Gaza nel 2007, hanno condannato la stretta di mano dalla
loro enclave: additando ancora una volta il moderato Fayyad come un "complice" degli
americani e del Enemico sionista". La stampa pakistana parla
dell'arrestato del capo dei talebani afghani Voci su un possibile arresto in
Pakistan del capo dei talebani afghani, il mullah Omar, sono state riprese oggi dalla
stampa di Islamabad, che pubblica contestualmente una smentita degli stessi talebani.
In particolare, il quotidiano The Nation ricorda che la prima ipotesi di un possibile
arresto del capo dei talebani afghani è stata fatta da un blogger statunitense, Brad
Thor, il 13 maggio scorso. Lo stesso Thor scrisse successivamente che Omar sarebbe
stato arrestato dall'Isi, i servizi di intelligence pakistani, il 27 marzo
scorso a Karachi. Nel pomeriggio, in Libano i funerali del grande
ayatollah, Hussein Fadlallah Si terranno nel primo pomeriggio alla periferia
sud di Beirut in Libano i funerali del grande ayatollah, Hussein Fadlallah, una delle
più importanti autorità religiose sciite, morto domenica scorsa. Chiusi scuole e uffici
pubblici, mentre continua la visita alla camera ardente di personalità politiche e
religiose di ogni formazione e confessione. In una lettera al capo di Stato libanese,
Suleiman, il presidente iraniano, Ahmadinejad, ha dichiarato di volersi fare erede
del cammino di resistenza contro Israele intrapreso dal leader defunto. Strage
su un bus di operai in Egitto Sei operai sono stati uccisi e altri 17 feriti
in Egitto dall'autista dell'autobus che li portava al lavoro e che ha aperto il fuoco
su di loro con un'arma automatica, per ragioni ancora ignote. La strage è avvenuta
nel Governatorato del 6 ottobre, a sud del Cairo. L'uomo è stato arrestato ed è stata
aperta un'inchiesta. Hillary Clinton in Georgia È
cambiata l’amministrazione negli Stati Uniti, ma Washington ribadisce sempre e comunque
il suo appoggio all’integrità territoriale e alla sovranità della Georgia. Lo ha assicurato
ieri il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, da Tiblisi, ultima tappa del suo
tour in cinque Paesi dell’ex blocco sovietico. Negli incontri con il presidente Saakashvili
e con i leader dell'opposizione si è parlato anche di cooperazione bilaterale e di
problemi di sicurezza nella regione. Ci riferisce Giuseppe D’Amato: Il
capo della diplomazia Usa ha criticato l’occupazione da parte della Russia delle Repubbliche
secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale ed ha invitato Mosca a rispettare
le intese che hanno messo fine alla guerra dell’agosto 2008. Duplice e significativo
il messaggio all’intero spazio ex sovietico: continuate sulla strada delle riforme
democratiche e non temete dal riavvicinamento tra le due ex super potenze della Guerra
fredda. Tutti ne hanno da guadagnare. Nelle precedenti tappe, la Clinton ha invitato
armeni ed azeri a trovare una soluzione per l’annosa questione dell’enclave del Nagorno
Karabakh: una soluzione condivisa – ha spiegato il segretario di Stato – sarà la base
della stabilità e della prosperità dei due Paesi caucasici. In
Thailandia resta lo stato d’emergenza in 19 province Il governo thailandese
ha annullato solo in 5 province e prolungato in 19, lo stato d’emergenza decretato
il 7 aprile scorso a seguito delle manifestazioni antigovernative delle camicie rosse.
Vietate riunioni e rafforzati i poteri della polizia. Furono 90 le vittime e almeno
1900 i feriti nella crisi politica scoppiata la primavera scorsa nel Paese. Sri
Lanka Manifestazioni sono in corso davanti agli uffici dell'Onu di Colombo
in Sri Lanka. Un migliaio di persone sta bloccando il lavoro del personale per protestare
contro la decisione del segretario generale, Ban Ki-moon, di nominare una commissione
di indagine su presunti crimini di guerra, nel corso del lungo conflitto civile conclusosi
l'anno scorso. Il governo di Colombo ha preso le distanze. Messico,
dalle elezioni di domenica emerge il terrore per il narcotraffico Netta affermazione
del Partito rivoluzionario istituzionale alle amministrative messicane di domenica
scorsa, svoltesi in 15 Stati. Ad ottenere il risultato più eclatante sono stati, tuttavia,
i cartelli del narcotraffico, che hanno imposto la loro legge del terrore: più del
70% degli oltre 31 milioni di elettori è rimasto a casa. Salvatore Sabatino
ha chiesto a Jorge Gutierrez, corrispondente in Italia per l’emittente messicana
Radio Centro, se il Messico oggi può essere considerato un Paese sotto scacco dei
narcoboss: R.
– Anche se ha condizionato moltissimo le elezioni e condiziona moltissimo l’agire
del governo, non credo che si possa dire che sia uno scacco per lo Stato.
D.
– La campagna elettorale è stata contrassegnata dalle violenze, così come la stessa
giornata di voto. Perché il presidente Calderon, nonostante l’impegno ed il sostegno
degli Stati Uniti non è riuscito a fermare questa carneficina?
R.
– Io credo che la strategia, seguita dal presidente, dal governo, sia stata sbagliata.
Si pensava fosse molto semplice inviare l’esercito a combattere i narcos e finirla
con questa storia. La realtà, invece, è molto diversa, è un fenomeno molto complesso,
un fenomeno dove ci sono tanti, tanti di quei soldi che uno non può immaginare. I
soldi possono comprare tutto o quasi tutto.
D. –
Secondo alcuni analisti, non è da escludere che i cartelli della droga ottengano la
forza sufficiente per imporre un loro candidato alle presidenziali del 2014. È un’ipotesi
concreta, secondo te?
R. – Questo mi sembra un po'
eccessivo. Credo che i narcos non abbiano questa potenzialità, né questa capacità
di imporre un candidato. Possono però condizionare moltissimo i partiti.
D.
– C’è un altro dato che risulta assolutamente impressionante: dall’inizio dell’anno,
ben 59 reporter sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro...
R.
– Questa è veramente la triste realtà. Tanta gente sta lavorando per combattere i
narcos e tanti di loro hanno subito queste aggressioni, che hanno portato spesso alla
loro morte. È un mestiere pericolosissimo in questi momenti. Purtroppo, la lotta contro
i narcos è stata fallimentare e non si riesce a sradicare questo fenomeno di violenza
contro la stampa. Non si può fare niente, almeno per il momento. Cerimonia
nel castello di Varsavia per la notifica dell'elezione di Komorowski Il presidente
della Camera bassa del parlamento polacco (Sejm), Bronislaw Komorowski, ha ricevuto
oggi dalle mani del presidente della Comissione elettorale (Pkw) il documento di notifica
della sua elezione alla prima carica dello Stato, dopo il ballottaggio delle presidenziali
di domenica scorsa. Il neopresidente ha annunciato che domani, all'apertura della
seduta del Sejm, come prevede la Costituzione polacca, restituirà il mandato parlamentare
e di presidente dell'assemblea. Da quel momento, Komorowski non sarà più neanche presidente
ad interim, funzione assunta dopo la morte del presidente, Lech Kaczynski,
nell'incidente aereo del 10 aprile scorso. Fino al suo giuramento, previsto entro
l'11 agosto, l'interim sarà affidato al nuovo presidente del Sejm. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 187 E'
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Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
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