Israele e Turchia, cresce la tensione.Oggi vertice alla Casa Bianca tra Obama e Netanyahu
A poco più di un mese dal blitz israeliano contro la flottiglia pro Gaza, costato
la vita a 9 attivisti turchi, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama riceve
oggi a Washington il premier israeliano Netanyahu. I colloqui, già rimandati proprio
per quanto accaduto il 31 maggio scorso, giungono mentre crescono le tensioni tra
Israele e Turchia e quando è ormai pronta una missione dei ministri degli Esteri europei
a Gaza per rendersi conto del blocco israeliano sulla Striscia. Il servizio di Graziano
Motta
In particolare,
la Turchia ha minacciato di rompere le relazioni in caso di mancate scuse da parte
dello Stato ebraico per il blitz alla Flottiglia pro palestinese e ha dato il via
libera alla chiusura degli spazi aerei turchi per i voli militari israeliani. Netanyahu,
da parte sua, ha fatto sapere di non cambiare la propria linea. Sulle dichiarazioni
della Turchia, ascoltiamo il prof. Michelguglielmo Torri, esperto di questioni
mediorientali dell’Università di Torino, intervistato da Giada Aquilino:
R. – E’ un’iniziativa
che si pone in una nuova politica che ormai la Turchia sta intraprendendo da alcuni
anni: è una politica caratterizzata dalla sempre maggiore attenzione ai Paesi arabi
dell’area mediorientale e nei confronti dell’Iran. C’è stata negli ultimi anni una
presa di distanza dalle posizioni filoisraeliane e appunto l’emergere di questa nuova
linea, che alcuni definiscono politica "neo-ottomana". Si tratta di una svolta importante,
perché i rapporti tra Turchia e Paesi arabi, negli ultimi decenni, non sono stati
particolarmente caldi, mentre si era sviluppato un rapporto molto forte tra la Turchia
e lo Stato di Israele. Quello che sta avvenendo ora è una svolta, perché Israele perde
il suo alleato più importante nell’area mediorientale.
D. – Quale potrebbe
essere allora la linea di Israele, a questo punto?
R. – Israele sta su questa
strada, perché è incapace di rinunciare al piano di progressiva colonizzazione della
Cisgiordania e di eliminazione di ogni resistenza politica da parte del popolo palestinese.
Del resto, la politica d’Israele continua a basarsi essenzialmente sull’assoluto predominio
militare nei confronti degli Stati vicini ed è una politica che si basa ed è resa
possibile dall’appoggio che viene soprattutto dagli Stati Uniti d’America. E’ vero
che l’attuale presidente è su posizioni più distaccate riguardo allo Stato d’Israele,
rispetto alla gran parte dei presidenti precedenti; ma si è capito, in questo periodo
in cui Obama è stato al potere, che sembra non avere la forza politica per affrontare
le lobby filoisraeliane presenti negli Stati Uniti.
D. – Proprio nelle prossime
ore ci sarà l’incontro tra Obama e Netanyahu, alla Casa Bianca. Al centro dei colloqui
è prevista la discussione sugli insediamenti a Gerusalemme Est. Che tipo d’incontro
sarà?
R. – Un incontro non facile. Entrambi i leader corrono il rischio di
perdere la faccia se dovessero fare marcia indietro rispetto alle proprie posizioni.
Netanyahu ha giocato tutto sulla continuazione a pieno regime della colonizzazione
in Cisgiordania e soprattutto a Gerusalemme Est. Obama, in una serie di occasioni,
ha fatto intendere il proprio scontento nei confronti di questo tipo di politica.