Continua l’agonia della comunità cristiana di Mosul, la città più pericolosa d’Iraq.
Ieri in una vera e propria esecuzione mirata, ha perso la vita l’ennesimo cristiano.
Siro-ortodosso, Behnam Sabti - 54 anni - lavorava come infermiere all’ospedale statale
Al Jumhuriyia di Mosul. Un ordigno fissato sotto la sua auto è esploso mentre l’uomo
era alla guida, uccidendolo sul colpo. Fonti locali di AsiaNews, anonime per motivi
di sicurezza, si dicono convinte che il movente dell’omicidio sia proprio “l’identità
religiosa” dell’uomo. Sposato e padre di tre figli, Kemal sarà sepolto a Bashiqa,
nel suo villaggio natale nel nord del Paese. Secondo gli ultimi dati, diffusi a fine
giugno dai ministeri iracheni della Difesa, della Salute e dell’Interno, la violenza
su scala nazionale è diminuita. Nonostante ciò, la gente si dice sfiduciata e ancora
vive nel terrore. Il numero degli iracheni uccisi in modo violento, nel mese di giugno,
è sceso a 284, rispetto ai 437 dello stesso mese del 2009. Se l’Iraq sta vivendo uno
stallo politico dovuto al protrarsi delle trattative sulla formazione del nuovo governo
dopo le elezioni del 7 marzo scorso, Mosul affronta “un vero vuoto di sicurezza”,
come raccontano le fonti di AsiaNews. In quella che oggi è la roccaforte di “Al Qaeda
in Mesopotamia”, si verificano due tipi di violenze: da una parte quelle terroristiche
indirizzate contro gli abitanti locali – in gran parte sciiti - e le minoranze; dall’altra
quelle jihadiste che colpiscono le truppe americane i loro alleati delle forze di
sicurezza irachene. Le strade di Mosul sono pattugliate dall’esercito Usa, circa 18
battaglioni dell’esercito iracheno sono dispiegati in tutta la città, insieme a centinaia
di poliziotti e checkpoint. Ciò nonostante, la situazione rimane altamente insicura,
come rivelano gli stessi ufficiali americani. E i problemi “aumenteranno quando gli
Usa completeranno il ritiro”, dichiara Didar Abdulla al-Zibari, un membro del locale
consiglio provinciale. (R.P.)