L'arcidiocesi di Arezzo risponde all'appello del patriarca di Gerusalemme: raccolti
fondi per costruire case ai cristiani di Terra Santa
Sarà possibile costruire delle case per i cristiani in Terra Santa grazie all'arcidiocesi
di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, che ha raccolto oltre 80 mila euro mediante iniziative
come la “Quaresima di carità”. Si tratta di un’iniziativa tesa a rispondere all’appello
del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, che aveva fatto richiesta d’aiuto
alle Chiese d’Europa per costruire delle abitazioni per i cristiani di Terra Santa
rimasti senza casa. Domani, i futuri sacerdoti di Terra Santa saranno accolti nel
seminario di Arezzo dall’arcivescovo, Riccardo Fontana, che spiega nell’intervista
di Carla Ferraro come arrivare ad una coesistenza pacifica in Terra Santa: R. – Ci deve
essere una partecipazione di tutte le Chiese del mondo, delle Chiese diocesane, ad
essere attente verso la terra di Gesù, quella che noi da sempre chiamiamo la Terra
Santa. Per questa ragione, noi abbiamo avviato un percorso, insieme con il patriarca
latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twual, per fare un gemellaggio tra la Chiesa madre
di Gerusalemme e la nostra antica chiesa. Vogliamo farci sensibili alle necessità
dei fratelli, come appunto Paolo ci insegna, verso le necessità di Gerusalemme
D.
– Nel concreto, in che modo la sua diocesi ha risposto all’appello del patriarca di
Gerusalemme?
R . – Abbiamo aderito subito alla richiesta del patriarca
di farci sensibili verso i poveri della nostra comunità cristiana, che vengono privati
della loro casa nella città di Gerusalemme. Questo potrebbe essere molto pericoloso,
perché si rischia di impoverire ancora di più la presenza di cristiani in Terra Santa,
tanto cara al cuore del Papa, ricordata anche a Cipro.
D. – In una
terra in cui è difficile ottenere permessi per nuove edificazioni, questo progetto
può rappresentare una speranza per il futuro…
R. – Certamente sì. Ci
sono già dei permessi di costruzione e alcune case sono già in esecuzione, e personalmente
ho già avuto modo di vedere i lavori. Direi che si va avanti. Bisogna dire alle Chiese
europee e del Nord America che con un piccolo impegno caritativo si possono dare gli
strumenti alla Chiesa latina, a Gerusalemme, di accogliere i poveri, dare loro l’abitazione,
che è il primo passo perché possano rimanere là.
D. – Questo si collega
bene all’importanza di conservare una testimonianza cristiana nella terra dove è vissuto
Gesù…
R. – Anche più di una testimonianza: noi abbiamo cittadinanza
naturale a Gerusalemme. Io credo che bisognerà fare in modo di riaffermare questa
importante dimensione.
D. – Tra gli obiettivi del progetto di gemellaggio
c’è anche quello di garantire una borsa di studio a uno studente cristiano del Patriarcato
latino perché sia accolto nello studentato della Cittadella della pace di Rondine…
R.
– Voglio che ci sia un traino di carità nelle singole comunità. Non voglio chiudere
l’operazione: non è un’operazione manageriale, è una storia di caritas. Una
storia vissuta con la nostra gente. Questa è la via normale, cristiana, di fare le
opere giuste.