2010-07-03 15:19:32

Sulmona e l'attesa d


La città di Sulmona, che conserva in questo Anno giubilare celestiniano le spoglie di Celestino V, vive oggi la giornata degli ultimi preparativi per accogliere Benedetto XVI. Il servizio della nostra inviata nella città abruzzese, Fausta Speranza:RealAudioMP3  
Sarà la seconda volta nel suo Pontificato che Benedetto XVI rende omaggio a San Pietro Celestino V. L’anno scorso era venuto in Abruzzo per testimoniare vicinanza, dopo il terribile terremoto che a Sulmona ha fatto solo danni materiali ma che ha distrutto Onna e L’Aquila. E proprio all’Aquila nella Basilica di Collemaggio, che normalmente conserva le spoglie del Papa eremita, Benedetto XVI si era ritirato in preghiera e aveva lasciato il suo pallio. Dall'agosto 2009, le spoglie di Pietro da Morrone, l’eremita divenuto Papa, poi dopo la rinuncia imprigionato e in seguito proclamato santo, sono nella cattedrale di San Panfilo qui a Sulmona. Nella cripta della cattedrale, si recherà domani pomeriggio Benedetto XVI. Lo farà dopo la Messa nella piazza Garibaldi. Piazza che ieri sera fino a tarda ora si poteva vedere con file di sedie occupate alternativamente da un sacerdote e da persone in attesa di confessarsi. In una sedia tra le altre è rimasto seduto per tutta la serata anche mons. Angelo Spina, vescovo della diocesi di Sulmona-Valva. Stamani, si è dedicato a un momento di riflessione ai nostri microfoni:

R. - C’è tanta gioia nel cuore per la visita del Santo Padre Papa Benedetto XVI.

D. - Eccellenza, Celestino V ha fatto una rinuncia al Pontificato non per viltà, come tante volte abbiamo nell’immaginario, ma per una scelta estrema di umiltà. Oggi che cos’è questa radicalità?

R. - Lui non ha fatto un atto di rifiuto. Il rifiuto è una viltà, la rinuncia è una virtù. Lui ha capito che nessuna cosa può essere anteposta a Dio, né le persone, né le cose. Il suo cuore che era così puro e così vicino a Dio non ammetteva altri signori dominatori e potenti e allora lui si è liberato del potere per essere ancor più un uomo libero con la coscienza davanti a Dio. Certo, è una rinuncia che ha fatto tanto parlare nella storia. Ma per chi segue il Signore Gesù e il Vangelo sa che quella rinuncia è una virtù che porta alla pienezza.

D. - Eccellenza, quando si pensa a Celestino V si dice che erano tempi duri per la Chiesa, tempi difficili. Oggi diciamo altrettanto. Il Papa ci sta dicendo che è un tempo per lottare contro il peccato, quello all'interno della Chiesa prima di ogni altro. Che significa l’Anno giubilare di Celestino V in questo particolare contesto in cui c’è la sofferenza e la speranza di essere Chiesa contro il peccato?

R. - Il tempo è un dono di Dio che è dato a Dio. Gesù è il redentore dell’uomo, il Salvatore dell’uomo e salva ogni tempo, ogni epoca, ogni persona, con la sua presenza di luce, di verità e di vita. Oggi, è importante ritrovare se stessi, rileggere la propria coscienza, capire la gravità del peccato e convertirsi. Gesù ha annunciato il Regno: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Allora, tutti i tempi sono buoni per la conversione. San Pietro Celestino, comprendendo quanto è grave il peccato, ha colto l’infinita misericordia di Dio e ha voluto farlo vedere con la sua bolla della Perdonanza data a L’Aquila: Dio che è ricco di misericordia mai abbandona l’uomo. I nostri sono tempi difficili, tempi in cui siamo chiamati alla purificazione, alla penitenza, alla conversione. Ma è questo il tempo della grazia e della misericordia. L’Anno giubilare è un anno di grazia e di misericordia.

D. - Eccellenza, non può essere un caso che Benedetto XVI per due volte renda omaggio a Celestino V. Lo ha fatto nella sua visita a Onna e a L’Aquila, alla Basilica di Collemaggio in occasione del terremoto un anno fa, lo fa a Sulmona ai piedi dell’eremo di Morrone…

R. - Il Santo Padre Papa Benedetto XVI si rende conto che guidare la Chiesa, portarla al porto sicuro che è Cristo, non è facile. Sono convinto che trovi in San Pietro Celestino un fratello e un Santo. Un fratello a cui rivolgersi, ma un Santo da invocare perché quando quel pallio diventa pesante, nel riportare all'ovile la pecorella smarrita o ferita, non è una responsabilità semplice. Sono convinto che chieda aiuto a San Pietro Celestino nei momenti difficili anche del suo Pontificato. Ma Papa Benedetto è il Papa della mitezza, della serenità, della forza, e non dimentichiamo che il Santo Padre è assistito dalla potenza dello spirito Santo.

Nella sede del vescovado, abbiamo incontrato anche Francesca Orsatti, una dei due giovani che domani rivolgeranno un saluto al Papa:

R. - Ho messo quella che è stata la mia esperienza personale in ciò che ho scritto. Soprattutto, ho cercato di mettere in luce le difficoltà che i giovani possono vivere oggi, sia gli interrogativi di fede, sia le esperienze quotidiane che possiamo fare nello studio, nel lavoro, nella ricerca di un lavoro. Quindi, davanti al Papa porteremo questo, le nostre difficoltà: e speriamo che assieme a lui possiamo ridare speranza a una terra che sembra averla persa.

D. - Cosa vuol dire essere giovane a Sulmona e celebrare con il Papa l’ottavo centenario di Celestino V?

R . - E’ un’esperienza unica. Io ci penso sempre. Penso di essere una privilegiata e tutti noi di Sulmona lo siamo perché l’unicità dell’evento di avere un Papa qui a Sulmona è per noi veramente un dono di grazia. Penso e spero che la visita del Papa ci scuota un po’.

D. - Francesca, ma che cosa può dire ai giovani di Sulmona Pietro da Morrone, l’eremita che diventa Papa col nome di Celestino V e poi rinuncia dopo cinque mesi di Pontificato per tornare al suo eremo?

R. - Secondo me dice: radicalità. Ed è quello che noi giovani chiediamo, perché non abbiamo bisogno di messaggi, ma abbiamo bisogno di scelte di vita che siano concrete.

Domani, nel pomeriggio, dopo l’inaugurazione della casa per sacerdoti anziani e malati, e prima dell’incontro con i giovani, Benedetto XVI incontrerà una delegazione della Casa di reclusione di Sulmona. Della delegazione, oltre al direttore della struttura e al cappellano, farà parte anche Franco, detenuto di quello che è noto come il "supercarcere" di massima sicurezza di Sulmona. Ieri, al di là di tutte le porte che assicurano quella massima sicurezza, abbiamo incontrato Franco vicino a una finestra da cui si vedeva solo un muro alto e il cielo:

R. – E’ senza dubbio un’esperienza, anche questa, che arricchisce molto il mio vissuto. Visitare gli ammalati, i carcerati è in linea con i dettami del Vangelo. Poi, il Santo Padre che ci gratifica non fa altro che rafforzare quel percorso che ho già avviato da tantissimi anni, di purificazione interiore.

D. – Franco, quanto la fa arrabbiare il pensiero di qualcuno che, una volta che ha sbagliato nella vita, rimane sulla strada sbagliata che ha imboccato?

R. – Io mi immedesimo nelle vittime. Anche loro, soprattutto loro, hanno delle ragioni. Chi sbaglia, è giusto che paghi. Ma non è solo il carcere. C’è anche una forma di pagamento, una cambiale in bianco, che dura tutta la vita. E c’è, però, anche il perdono. Io credo che le vittime debbano anche accettare questo: perché se una persona si redime, compie un percorso di autocritica del proprio vissuto, l’altra parte dovrebbe saperlo accettare. Perché il perdono è una trasformazione del proprio essere.

D. – Franco, quanta grinta ci vuole a credere nel riscatto?

R. – Molta. Però, la fede aiuta moltissimo, e la sofferenza affina. C’è poi anche una libertà interiore che può essere vissuta e sperimentata anche stando in un posto chiuso come questo.







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