Anche gli Stati possono fare obiezione di coscienza. L'opinione del prof. D’Agostino
sul caso del Crocifisso nelle scuole
Nel dibattito sulla presenza del Crocifisso nelle scuole pubbliche si è aggiunto recentemente
un ulteriore tassello: lo scorso 30 giugno si è tenuta a Strasburgo l’udienza nella
Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo. La decisione dei giudici
sarà definitiva ma, secondo fonti della Corte, trascorreranno per prassi dai sei mesi
ad un anno prima che la sentenza venga resa pubblica. Si dovrà decidere se la presenza
del Crocifisso costituisce una limitazione della libertà religiosa degli alunni. Ma
quali sono gli aspetti in gioco legati all’atteso giudizio della Corte europea dei
diritti dell’uomo? Risponde al microfono di Luca Collodi il presidente dei
giuristi cattolici, il prof. Francesco D’Agostino: R. - Quello
che in questo momento è in gioco è la pretesa di un organismo che ha una legittimazione
politica, perché nasce da un accordo, da un trattato internazionale voluto dagli Stati,
di sindacare sulle tradizioni religiose. Questo è qualche cosa che crea un immenso
problema di cui, credo, non tutti si siano ancora resi conto. Dobbiamo rispettare
i nostri impegni internazionali: l’Italia deve sicuramente rispettare, in ogni caso,
la pronuncia della Corte, ma non dobbiamo pensare che sia opportuno costruire un sistema
europeo in cui la politica abbia un primato sulla tradizione non tanto nazionale quanto
religiosa e spirituale dei singoli popoli europei. Ritengo che la posta in gioco sia
grandissima.
D. - Possiamo dire che questa posta in gioco è politica?
R.
- E’ politica, ma non nel senso partitico. Qui, non c’è una cospirazione internazionale
mossa da forze politiche più o meno occulte. Qui, c’è proprio l’idea che la religione
debba essere rinchiusa in una dimensione privata e che non debba avere rilievo pubblico.
Un’idea su cui Benedetto XVI continua a richiamare l’attenzione, perché da questa
idea della marginalizzazione privata della religione non può che conseguire un’indebita
espansione delle dinamiche della politica, le quali attiverebbero, in forme probabilmente
inedite, alcune esperienze di statalismo che pensavamo - ingenuamente e a torto -
di avere definitivamente sconfitto.
D. - L’Italia, in caso di una conferma
del “no” all’esposizione del crocifisso in una scuola pubblica, come Stato sovrano
può rifiutarsi di ottemperare a questo provvedimento?
R. - In linea
di principio, penso di no. Penso che l’Italia non possa rifiutarsi nel senso che questa
sentenza avrà la possibilità di essere applicata direttamente sul territorio italiano
da tutti i soggetti che potrebbero essere chiamati ad applicarla. Per esempio, i presidi
delle scuole in esecuzione a questa sentenza, potrebbero senza ulteriori autorizzazioni
togliere i crocifissi dalle scuole. Però, si potrebbe anche immaginare che il governo
italiano - mi auguro supportato da un’ampia maggioranza parlamentare - possa fare
una sorta di obiezione di coscienza. Possa cioè disattendere un atto giurisdizionale
da lui ritenuto iniquo. Se siamo tutti in linea di principio d’accordo nel ritenere
a volte ammirevole l’obiezione di coscienza dei privati, potremmo aprire una seria
riflessione anche su una possibile ipotetica obiezione di coscienza degli Stati in
circostanze del genere.