Obama al parlamento Usa: bisogna riformare l'immigrazione
Serve una riforma che possa portare alla luce i milioni di clandestini e, allo stesso
tempo, rafforzi i controlli sul confine. Una riforma che tenga conto delle legittime
aspettative di tutti e ristabilisca lo spirito dell'America come nazione di immigrati.
Così il pesidente Usa, Barack Obama, sollecitando ieri il Parlamento ad andare avanti
sul progetto di riforma dell’immigrazione, tema scottante dal punto di vista economico,
etico e sociale specie dopo l’approvazione in Arizona di una legge anti-clandestini,
bocciata dalla Casa Bianca perché ritenuta lesiva dei diritti umani. Sulle ragioni
e sui riflessi di questa riforma, Gabriella Ceraso ha parlato con Paolo
Mastrolilli, esperto di questioni statunitensi per il quotidiano La Stampa: R. – Aveva cercato
di risolvere la questione già il presidente Bush, ma era stato accusato dai repubblicani
in sostanza di aver tentato di fare un’amnistia; i repubblicani hanno molto a cuore
anche la questione della sicurezza e quindi prima di legalizzare vogliono la garanzia
che i confini siano protetti. Ora se ne sta occupando il presidente Obama per due
ragioni. La prima è che, naturalmente, questo problema degli 11-12 milioni di immigrati
illegali esiste e dev’essere affrontato; la seconda è politica: il presidente Obama
è stato eletto con una forte maggioranza tra gli ispanici; a novembre ci saranno le
elezioni mid-term nelle quali i democratici rischiano di perdere molti seggi. Il presidente
Obama ha anche un interesse politico personale – per lui e per il suo partito – ad
affrontare questa questione adesso.
D. – E’ anche una questione che
i vescovi degli Stati Uniti hanno sollevato più volte sollecitando una riforma generalizzata
delle leggi in materia di immigrazione che tutti i governi dovrebbero attuare, non
solo alcuni come è il caso, per esempio, dell’Arizona …
R. – Questo
è un problema evidente. I vescovi lo hanno sottolineato in moltissime occasioni e
a ragione, perché tutti condividono la necessità di intervenire. Il problema, naturalmente,
è come farlo, perché se non c’è una soluzione comune il problema non viene risolto.
L’approccio del presidente Obama è quello di cercare di regolarizzare progressivamente
tutti gli immigrati, integrandoli negli Stati Uniti, facendo pagare le tasse, multe
per la loro presenza illegale negli anni passati, imponendo loro naturalmente di imparare
l’inglese; nello stesso tempo, è necessario trovare una soluzione che disincentivi
l’immigrazione illegale e garantisca anche la sicurezza degli Stati Uniti.
D.
– Sono tematiche care anche all’Europa. Una soluzione che venga da Oltreoceano potrebbe
essere un modello, anche, per il Vecchio Continente?
R. – Questo è auspicabile.
E’ significativo il fatto che anche molti esponenti repubblicani, quindi del partito
che è un po’ più vicino alle soluzioni estremiste, hanno studiato a lungo questa vicenda,
in particolare spiegando agli americani che questi 12 milioni di immigrati illegali
sono in larghissima maggioranza persone oneste che sono venute negli Stati Uniti semplicemente
per lavorare, e che senza di loro l’economia americana, praticamente, si fermerebbe.
Bisogna trovare la chiave di volta, e se ci riuscissero gli Stati Uniti, magari potrebbero
dare un esempio anche ai Paesi europei su come affrontare questo problema delicatissimo
che ormai riguarda tutti.