Il cardinale Kasper si racconta dopo nove anni alla guida del dicastero per l'Unità
dei Cristiani: compiuti passi importanti verso la piena comunione
Per oltre nove anni, ha ricoperto l’incarico di presidente del Pontificio Consiglio
per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ora, a 78 anni, il cardinale Walter
Kasper lascia l’incarico all’arcivescovo svizzero, Kurt Koch, nominato ieri come
nuovo capo dicastero da Benedetto XVI. Per il cardinale Kasper è tempo di bilanci
per un lungo servizio che, spiega al microfono di Luca Collodi, lo ha reso
testimone dei grandi passi compiuti dall’ecumenismo postconciliare: R. - Io lascio
questo ufficio con grande gratitudine, perché ho potuto lavorare in un cantiere che
riguarda il futuro della Chiesa, secondo il mandato di Cristo. Dal Concilio Vaticano
II abbiamo fatto passi avanti e penso che i passi più importanti siano stati quelli
per una rete di rapporti umani e cristiani. Questo conta anche per il futuro.
D.
- Quanto conta il rapporto umano tra i cristiani, per arrivare all’unità?
R.
- Nel Nuovo Testamento, i cristiani sono definiti come amici. Questo è importante:
fare amicizia, la fiducia, la collaborazione. Non è importante solo dialogare nel
senso stretto e accademico, ma dialogare parlando, mangiando insieme, in uno scambio
di esperienze. Questo aiuta molto: il fatto che ci riconosciamo gli uni con gli altri
come cristiani che sono in cammino. Io ho trovato molta nostalgia per l’unità. Sì,
dobbiamo farlo nella verità, questo è chiaro, non possiamo ignorare i problemi che
esistono. Tramite i rapporti con Roma lavora anche lo Spirito Santo: è Lui il vero
agente dell’ecumenismo.
D. - Il rapporto con il mondo ortodosso sembra
avanzato…
R. - Io penso che la via sarà lunga, secondo i calcoli umani,
ma abbiamo fatto passi importanti, abbiamo ristabilito la fiducia. Se ricordiamo i
funerali di Giovanni Paolo II: quando mai è avvenuto che tutti i capi delle altre
Chiese, soprattutto delle Chiese orientali, fossero presenti per un tale evento? E
lo stesso si è ripetuto per l’intronizzazione di Benedetto XVI. Questo è il segno
che le Chiese si sono avvicinate, ma hanno ancora del cammino da fare.
D.
- Con il mondo protestante a che punto siamo?
R. - In fondo, è la stessa
cosa. Abbiamo ottimi rapporti anche con i protestanti, non soltanto i luterani, e
gli anglicani, ma anche con le Chiese libere, con alcuni pentecostali. E per quanto
riguarda la differenza dogmatica più grande con i protestanti, abbiamo superato soprattutto
la controversia più dura e forte: nel XVI secolo, la giustificazione. Adesso stiamo
dialogando sul tema della Chiesa. Qui ci sono ancora delle difficoltà e delle differenze
importanti.
D. - Un viaggio di un Papa a Mosca è più vicino oggi rispetto
al passato?
R. - Non parlo di un viaggio del Papa a Mosca, e neppure
di un viaggio del Patriarca di Russia a Roma. Sono molti i luoghi terzi dove si possono
incontrare. Penso, però, che un tale incontro sia più vicino. Così, possiamo andare
avanti. Abbiamo già molto migliorato i rapporti con la Russia, perché è una grande
Chiesa con una ricchissima tradizione ed è molto importante anche per la nostra Europa.
(Montaggio a cura di Maria Brigini)