2010-07-01 14:55:58

Intervista all'avvocato della Santa Sede, Lena, sulla decisione della Corte Suprema Usa


“Il Vaticano rischia la bancarotta”, “La Corte Suprema statunitense rifiuta l’immunità alla Santa Sede”, “Luce verde per risarcimenti milionari per le vittime degli abusi”, e ancora: “Il Papa potrebbe essere interrogato”. Sono alcuni dei titoli apparsi nei giorni scorsi sui quotidiani, non solo italiani, a proposito della decisione della Corte suprema americana di non esprimersi sull’appello della Santa Sede che chiedeva di fermare una causa in Oregon, nella quale si accusa il Vaticano di aver trasferito un sacerdote, nonostante le accuse di abusi sessuali. Effetto della decisione, il ritorno della causa stessa alla Corte distrettuale in Oregon. Alle congetture enfatizzate dai titoli di stampa replica l’avvocato della Santa Sede negli Stati Uniti, Jeffrey Lena. L'intervista è di Sean Lovett: RealAudioMP3


R. - As to the risk that the Vatican may go into bankruptcy, that is completely unfounded. ...
Per quanto riguarda il rischio che il Vaticano possa incorrere nella bancarotta, questa ipotesi è assolutamente infondata. In prima istanza, si parla ancora di giurisdizione: non si è fatta parola in merito al fatto che ci possa essere responsabilità riguardo al caso citato. Quindi, nessuna preoccupazione in questo senso. Inoltre, anche se si venisse a parlare di responsabilità, le leggi in merito al recupero sono molto severe, e in questo caso non è nemmeno un argomento all’ordine del giorno. In quanto al secondo titolo, in cui si afferma che la Corte Suprema avrebbe rifiutato l’immunità: la Corte Suprema non ha rifiutato l’immunità. Ciò che ha fatto la Corte Suprema è stato stabilire che non avrebbe affrontato un problema che noi avremmo desiderato portare davanti ad essa. Credo che in questa questione, da un punto di vista sostanzialmente legale, avessimo ragione – gli Stati Uniti ci hanno dato ragione – ma la Corte Suprema, semplicemente, ha stabilito che al momento attuale non è interessata ad affrontare il caso. E il fatto che essa non sia interessata a trattare il caso non è un rifiuto dell’immunità e non è un commento al merito della nostra posizione. E ancora: “Luce verde ai risarcimenti”. No, non c’è nessuna "luce verde" ai risarcimenti. Come ho detto, stiamo ancora discutendo della competenza giurisdizionale in questi casi e quindi, semplicemente, non si tratta di questo. Ho visto che in alcuni quotidiani italiani si discute su un eventuale interrogatorio del Papa, del cardinale Bertone e del cardinale Sodano: queste notizie sono tutte assolutamente prive di fondamento. Non ho nessun dubbio in merito al fatto che ci sarà un tentativo in tal senso; credo che l’avvocato della controparte sia interessato a fare questo passo. Ma la legge li tutela. E’ importante comunque riconoscere che il fatto che la Santa Sede non sia coinvolta, e il fatto che il prete in questione non possa essere considerato un impiegato della Santa Sede, non sta assolutamente a significare che la vittima in questione non sia realmente vittima. Sicuramente, ha sofferto come nessun bambino dovrebbe soffrire, e non c’è nessun dubbio in questo caso che quest’uomo abbia subito abusi da parte di un prete. Ma è vero anche che la responsabilità per i danni procurati da questa sofferenza, che è giusto siano pagati, ricade sull’Ordine religioso che controllava il prete, che controllava le sue attività e che lo ha trasferito. 
D. - La questione principale sembra essere come provare se determinati individui fossero o meno i impiegati dalla Santa Sede. Come si fa? 
R. - Well, let me say as an initial matter, this case like some of the cases which have been ...
Beh, mi lasci dire come prima cosa, che questa causa, come alcune intentate in passato, ha portato alla luce una serie di punti. I querelanti hanno tentato di contestare la frode, la negligenza, la cospirazione e noi abbiamo già scartato tutte queste ipotesi di reato molto tempo fa, nonostante continuino ad apparire sui titoli dei giornali. Così, la causa attuale si è ridotta a un solo punto: se il sacerdote in questione, Andrew Ronan, era un dipendente della Santa Sede oppure no. Ora, i fattori che in genere determinano se una persona è un lavoratore dipendente, comprendono il controllo quotidiano del pagamento di questa persona per i servizi resi, l’assicurazione di questa persona, l’intesa tra le parti circa la natura del rapporto di lavoro e diversi altri elementi, nessuno dei quali si ritrova veramente in questo caso. Si tratta di un sacerdote che prima degli eventi in questione era del tutto sconosciuto alla Santa Sede. L'avvocato della parte offesa ha sostenuto sui giornali che, dal momento che questo prete era andato in Irlanda e vi era tornato, in qualche modo si è trattato di un trasferimento internazionale e che quindi la Santa Sede era per forza coinvolta. Questo si basa su una errata comprensione di come operino la Chiesa cattolica, gli Istituti religiosi e su vari altri malintesi. Per quanto riguarda le prove, non ce ne sono in questo caso ed è importante sottolinearlo. Il signor Anderson, che rappresenta la controparte, non ha menzionato questo alla stampa, ma resta il fatto che ha raccolto molte prove che vanno nella direzione opposta. Le prove indicano che questo sacerdote apparteneva a un Istituto religioso attivo negli Stati Uniti e in Irlanda che aveva pieno controllo su di lui e sapeva di chi si trattava, ma che né la diocesi coinvolta, né la Santa Sede aveva alcuna conoscenza o controllo su di lui.

D. - Quali possibilità ci sono che la decisione della Corte Suprema abbia conseguenze su altre cause in corso negli Stati Uniti? E, nell’ipotesi peggiore, potrebbe aprire la strada a una pletora di nuove azioni legali contro il Vaticano?
 
R. - I would not exclude that someone may attempt to file another lawsuit. ...
Io non escludo che qualcuno possa tentare di promuovere un’altra causa. È importante capire che gli ostacoli che incontrerebbero tali procedimenti sarebbero gli stessi che deve affrontare questo processo. Il rifiuto del ricorso per “certiorari” da parte della Corte Suprema - che, ripeto ancora una volta, non è in alcun modo un rifiuto dell’immunità - riguardava un caso molto limitato, la definizione del rapporto di lavoro secondo la legge federale. Questo è un problema che non ha alcuna incidenza su qualsiasi altro caso. Attualmente, c'è una causa in Wisconsin, nota come il caso Murphy, in cui Anderson vuole chiamare in causa la Santa Sede e questo caso è completamente fermo. C’è poi una causa nel Kentucky, che affronta una questione molto diversa: se il vescovo della diocesi di Louisville sia un dipendente della Santa Sede, una tesi che è altrettanto infondata. Quindi, finora ci sono questi due casi e non ce n’è davvero nessun altro. Come ho detto, può darsi che, per una percezione errata, adesso saranno intentate una o due cause, ma non prevedo che queste avranno più successo di quelle in corso.







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