Indonesia: per la Chiesa il governo non deve dare spazio ai gruppi islamici radicali
“I radicali del Fpi (“Front Pembela Islam”, Fronte islamico di difesa), stanno approfittando
della debolezza del governo centrale, scosso da scandali di corruzione e malgoverno,
che toccano i vertici politici, finanziari, militari. Per questo i militanti islamisti
hanno rialzato la testa e ritrovato spazio. Il governo stesso li teme e si fa condizionare:
i radicali contano anche su appoggi nel mondo politico”: lo dice all’agenzia Fides
padre Emmanuel Harjito, sacerdote della diocesi di Giacarta e direttore delle Pontificie
Opere Missionarie in Indonesia, commentando gli ultimi sviluppi della “campagna islamica
contro la cristianizzazione del Paese” lanciata a Bekasi (cittadina nei pressi di
Giacarta) da diversi gruppi islamici radicali, guidati dal Fpi. Padre Emmanuel spiega:
“Si tratta di militanti spesso violenti, che fomentano apertamente l'ostilità contro
tutti i cristiani. Chiediamo al governo di fermarli e di garantire la libertà di culto
e di fede a tutte le comunità religiose. E’ una questione di giustizia e rispetto
dei diritti fondamentali”. L’allarme per la campagna dei gruppi islamisti è giunto
al “Centro di crisi” della Conferenza episcopale. Il padre gesuita Ignazio Ismartono,
responsabile del Centro, spiega che “la linea della Chiesa è questa: non reagire da
soli alle provocazioni dei radicali, ma cercare sempre la comunione ecumenica e la
piena armonia e collaborazione di altri leader religiosi, a partire dai musulmani.
Inoltre cerchiamo di agire sempre in cooperazione con tutti gli altri organismi della
società civile, con le organizzazioni per la tutela dei diritti umani e con i partiti
politici che difendono la democrazia. Tutti, in queste ore, stanno condannando l’approccio
settario del Fpi, rinnovando l’assunto che la società indonesiana è basata sul motto
‘unità nella diversità’, esprimendo fedeltà ai cinque principi del Pancasila che sono
alla base della convivenza civile. “Va notato – continua padre Ismartono – che alle
radici della questione mi sembra vi sia un problema che tocca i rapporti fra gruppi
islamici e gruppi cristiani protestanti, nelle rispettive sfere di azione e di influenza.
Inoltre alla base c’è la questione dei rapporti umani e di rispetto dell’altro”. “Ogni
comunità religiosa – rimarca il gesuita – non dovrebbe propagare la propria fede
in modo fanatico: questo approccio non fa altro che creare una reazione di fanatismo
in altre comunità. E’ un circolo vizioso a cui bisogno sottrarsi. Oggi l’importante
è lasciare raffreddare le tensioni e sperare che, grazie al buon senso, tutto rientri
nei binari della convivenza pacifica”. Intanto cresce l’opposizione della società
indonesiana al Fpi: oltre a diverse organizzazioni civili, una coalizione formata
da membri di diversi partiti presenti nella Camera dei Rappresentanti ha chiesto ufficialmente
al Presidente Susilo Bambang Yudhoyono di fermare l’azione del Fpi e di dichiararlo
“organizzazione illegale”. Il Fpi, si rimarca, è implicato in troppi incidenti violenti
e vi sono prove schiaccianti per incriminarlo. (R.P.)