Gaza, riunione a Parigi sugli aiuti ai palestinesi
A Parigi è in programma una riunione internazionale sugli aiuti alla popolazione palestinese,
a tre anni dalla Conferenza del 2007, sempre nella capitale francese. Ci saranno il
rappresentante del Quartetto per il Medio Oriente, l’ex premier britannico Tony Blair,
la titolare della politica estera europea, Catherine Ashton, e il primo ministro dell’Autorità
Nazionale Palestinese, Salam Fayyad. Mentre si discute di aiuti ai palestinesi, fonti
di Ankara hanno confermato l'incontro tra il ministro del Commercio israeliano, Ben
Eliezer, e il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, dopo le tensioni dei giorni
scorsi tra lo Stato ebraico e la Turchia per il blitz israeliano alla flottiglia pro
Gaza. In questo quadro, quale aiuto può dunque dare la comunità internazionale alla
popolazione palestinese? Giada Aquilino lo ha chiesto a Vittorio Parsi,
docente di Relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano:
R. -
Intanto c’è bisogno di aiuti materiali, di cui la popolazione palestinese ha una drammatica
necessità, tanto più in questo momento di crisi economica. Credo però che l’aiuto
più importante sia quello politico: la situazione della regione sta evolvendo negativamente,
in maniera precipitosa, col rischio di un conflitto regionale. Credo che pure all’interno
del governo israeliano e delle autorità politiche israeliane ci sia la consapevolezza
che, se non si produce un salto di qualità, anche assumendosi qualche rischio in più,
la situazione possa diventare difficile da contenere; le conseguenze potrebbero essere
disastrose.
D. – Qual è il ruolo della Turchia?
R. - La
Turchia sta facendo una politica nuova, nel senso che sta guardando al Medio Oriente
come all’area principale del suo posizionamento politico futuro. Questo, chiaramente,
produce delle conseguenze, sia in termini di tensione crescente tra Turchia e Stati
Uniti e tra Turchia e gli altri Paesi della Nato, nel momento in cui questi Paesi
e quest’organizzazione sono più coinvolti nelle politiche mediorientali, e sia in
termini di riposizionamento nei confronti di Iran, Siria e Libano e complessivamente
degli altri Paesi della regione.