Aperta a Strasburgo l’udienza sull’esposizione del Crocifisso nei luoghi pubblici.
Mons. Negri: toglierlo è tagliare le radici dell'Europa
E' durata stamani circa tre ore a Strasburgo l’udienza davanti alla Gran Camera della
Corte europea per i diritti dell’uomo sul caso del Crocifisso nelle scuole pubbliche
d’Italia. Alla Corte aveva fatto ricorso il governo italiano, contestando una sentenza
dello scorso novembre con cui si stabiliva che l’esposizione del Crocifisso nelle
scuole pubbliche costituisce una violazione del principio di libertà religiosa tra
gli alunni. La decisione dei giudici sarà resa nota tra alcuni mesi. Il servizio di
Amedeo Lomonaco: Ai 17 giudici
della "Grande Chambre" della Corte europea dei Diritti dell’uomo è spettato il compito
di ascoltare le ragioni del governo italiano che ha fatto ricorso contro la sentenza
emessa il 3 novembre scorso dalla stessa Corte. Nella sentenza, si affermava che la
presenza del Crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche costituisce una violazione
dei diritti dei genitori a educare i figli secondo coscienza e allo stesso tempo una
limitazione della libertà religiosa degli alunni. L’udienza è stata scandita dalla
richiesta dei giudici, prima al rappresentante legale del governo italiano e poi del
ricorrente, di esporre le proprie argomentazioni. Quelle del governo italiano sono
state presentate dal giudice Nicola Lettieri. Per la parte ricorrente, la cittadina
italiana di origine finlandese, Soile Lautsi, che pretende di togliere la croce dalle
aule scolastiche, è intervenuto l’avvocato Nicolò Paoletti. Dieci Paesi membri del
Consiglio d’Europa, 33 parlamentari, alcune Ong e associazioni hanno inoltre presentato
memorie a sostegno dell’Italia. La decisione sarà definitiva ma, secondo fonti della
Corte, trascorreranno per prassi dai sei mesi ad un anno prima che la sentenza venga
resa pubblica.
Su alcuni degli aspetti rilevanti di questa udienza
si sofferma l’inviato di Avvenire a Strasburgo, Pierluigi Fornari, intervistato
da Amedeo Lomonaco: R. – E’ importante
il fatto che in questo dibattito, oltre all’Italia, dieci Paesi abbiano presentato
le memorie, tra cui Stati ortodossi e anche dell’Europa ex-comunista.
D.
– E poi un altro aspetto rilevante è che a difendere otto di questi dieci Paesi sia
un giurista ebreo, il prof. Joseph Weiler …
R. – E’ stato molto
interessante, e anche toccante, vedere un ebreo osservante – questa mattina aveva
la kippah in testa – difendere il Crocifisso, la possibilità di esporre il
Crocifisso nelle scuole. Il professor Weiler ha fatto un discorso di grandissimo spessore,
inquadrando il problema nell’orizzonte della post-modernità in cui bisogna conciliare
le tradizioni, le identità nazionali con le libertà individuali, con le minoranze.
Molto intelligentemente, ha detto che questo rapporto si può sviluppare in modo tollerante,
in modo pluralista all’interno della tradizione. E lo stesso simbolo cristiano del
Crocifisso può aiutare in questo.
D. – Su quale argomentazione, invece,
ha fatto leva la controparte, quella della signora Lautsi che pretende di togliere
la Croce dalle aule scolastiche?
R. – Una difesa strenua della laicità,
richiamando alcune sentenze della Corte costituzionale. Però, mi sembra, che proprio
da queste sentenze emerga una concezione della laicità aperta, non rigida. Una concezione
nella quale la presenza della dimensione religiosa nello spazio pubblico non solo
è concessa, ma in qualche modo anche favorita. Mi sono sembrati, in qualche modo,
argomenti un po’ deboli. Il problema di fondo è che i valori universali non possono
essere difesi sulla base di una rivendicazione di diritti individuali. Devono essere
difesi alla luce dei principi di diritto universale che, in fondo, sono stati all’origine
della Dichiarazione e della Convenzione dei diritti dell’uomo. E tale Dichiarazione
ha dato origine proprio alla Corte di Strasburgo.
Il Crocifisso è un
fondamento religioso e culturale imprescindibile. Cercare di rimuoverlo è un tentativo
di provare a recidere le radici della storia, come sottolinea al microfono di Fabio
Colagrande il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri: R. – Il Crocifisso
è l’espressione sintetica, fondativa e dinamica di un grande evento: l’inculturazione
che la fede ha fatto da secoli della cultura e della società. E’ certamente il simbolo
significativo e irrinunciabile della fede dei cattolici. Pensare che possa essere
soppresso vuol dire fare un’operazione di vera e propria barbarie culturale, perché
si toglie il fondamento. Il fondamento non è imposto a nessuno: il fondamento c’è,
può essere riconosciuto e può non essere riconosciuto. Ma non si può levare dalla
nostra cultura popolare, come ricordava Benedetto XVI nel grande convegno delle Chiese
italiane a Verona.
D. – La vicenda del Crocifisso è una vicenda che
è stata in qualche modo sollevata in alcuni ambienti culturali europei, ma che non
sembra riflettere quello che è una sensibilità della popolazione europea. Lei è d'accordo
con questa valutazione?
R. – Io sono d'accordo perchè c’è un senso del
popolo che supera l’intellettualismo. E’ evidente che i popoli europei guardano al
Crocifisso come ad un orizzonte di vita. Per esempio, nel Crocifisso troviamo la sintesi
di sacrificio e di successo, di sacrificio e di vittoria, di morte e di risurrezione…
Questi sono valori che consentono all’uomo del Terzo Millennio di vivere da uomo.
Che poi per taluni – pochi o tanti, non interessa – vi sia un contenuto di fede, è
una questione di libertà di coscienza. Ma per i popoli dell’Europa è ancora un punto
di riferimento, togliendo il quale resterebbero senza radici.