Sostenere la ripresa e dimezzare il deficit: gli obiettivi del G20 analizzati dal
prof. Deaglio
Spingere sulla ripresa, sostenendo una crescita vigorosa, l'occupazione e la domanda
privata senza dimenticare il rigore sui conti, con il dimezzamento del deficit entro
il 2013. Proseguire, inoltre, sulla strada delle riforme del sistema finanziario e
della trasparenza, ribadendo il "no" al protezionismo. Questi i principali passaggi
della dichiarazione finale del vertice del G20 di Toronto, che si è concluso ieri.
Un appuntamento internazionale anticipato nei giorni precedenti dal vertice G8, il
cui documento conclusivo aveva stabilito solo lo stanziamento del fondo da 5 miliardi
di dollari per la difesa della maternità nei Paesi più poveri. Troppo poco per le
organizzazioni non governative, che avevano denunciato anche la scarsa attenzione
nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Ma, in riferimento al documento prodotto
ieri, è possibile riuscire a far convivere crescita, occupazione, rigore dei conti
e riduzione del deficit? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al prof. Mario
Deaglio, docente di Economia internazionale presso l’Università di Torino:
R. -
Il G8 ed il G20 hanno registrato una forte differenza di posizioni. Si cercherà pazientemente
di trovare un denominatore comune che faccia sì che le misure che tutti adottano non
siano incompatibili. Al di là di questo è, però, difficile andare.
D.
- Visti i risultati raggiunti, molti osservatori dicono che il baricentro del vertice
questa volta si è spostato dagli Stati Uniti all’Europa. E’ d’accordo?
R.
- Il baricentro della crisi finanziaria sta abbastanza dalla parte europea. Il baricentro
economico si è spostato, invece, verso l’Asia e in modo particolare versa la Cina,
che ha più del 60 per cento di tutte le riserve valutarie mondiali.
D.
- A proposito della Cina, il riavvicinamento tra Stati Uniti e Pechino è stato l’unico,
forse, risultato concreto e importante. Cosa possiamo attenderci nel prossimo futuro
sul fronte economico tra questi due giganti?
R. - Il fronte economico
è dominato da una minaccia da parte di un folto gruppo di parlamentari americani di
applicare sanzioni commerciali alla Cina se non rivaluterà lo yuan. La Cina ha risposto
a questa minaccia con la piccolissima rivalutazione finora fatta, ma soprattutto rimettendo
in moto un meccanismo che era fermo da qualche anno di rivalutazione dello yuan. Credo
che questo sia il vero punto caldo su cui non il G20, ma il G2 Cina-Stati Uniti costruirà
gli equilibri finanziari mondiali.
D. - Nel documento finale del vertice
si lancia anche un nuovo allarme occupazione, che in molti Paesi resta ancora a livelli
inaccettabili - si legge - e l’impatto sociale della crisi è ancora ampiamente sentito.
Anche in questo caso, però, non vengono proposte delle soluzioni…
R.
- Quello che succede in questi vertici è di mettere sul tappeto i problemi, procedere
alla loro elencazione e fare una serie di buoni propositi. Del resto, sarebbe difficile
che persone così diverse e che si trovano per poche ore possano con un colpo di bacchetta
magica risolvere i problemi del mondo. Questi vertici sono utili perché prima dell’appuntamento
internazionale le cancellerie preparano dei documenti in cui si confrontano minuziosamente
con queste posizioni. Dobbiamo, insomma, distinguere quello che è l’avvenimento largamente
mediatico dei vertici, dove non succede quasi niente, dal lavorio diplomatico che
c’è dietro e che è invece di grande importanza.