RDC: messaggio dei vescovi in occasione del 50mo anniversario dell'indipendenza del
Paese
28 giugno 2010
“Il popolo congolese è chiamato a mobilitare le sue energie
in vista della ricostruzione della sua identità e dell’instaurazione di un nuovo ordine
sociale che possa rispondere alle sue aspirazioni più profonde”: è quanto scrivono
i vescovi della Repubblica Democratica del Congo nel messaggio indirizzato al popolo
congolese in occasione del 50.mo anniversario dell’indipendenza del Paese dal Belgio
che ricorre il 30 giugno. Nel ricordare quanto questo momento sia importante come
tempo di grazia e di rinnovamento, i presuli, inoltre, chiedono “umilmente perdono
a Dio” e al popolo “per tutte le mancanze dei figli e delle figlie della Chiesa”.
La Conferenza episcopale sottolinea poi che questo giubileo interroga la coscienza
nazionale sul modo in cui è stato recepito il sogno dei padri dell’indipendenza e
sulla situazione attuale della nazione, riconosce che il progresso ha portato allo
sviluppo nel campo educativo e sanitario ma che evidenzia che “l’idea della sovranità
è stata tradita da una sorta di perdita o di abbandono della vocazione alla vera indipendenza”.
Ne sono causa il neocolonialismo e l’imperialismo, gli assassinii, le guerre, i colpi
di stato militari, la personalizzazione del potere e dello stato, la cattiva governance,
il saccheggio delle risorse naturali del Paese, la strumentalizzazione delle istituzioni
repubblicane a servizio degli individui, le divisioni etniche e tribali a fini politici
ed elettorali. “Anziché essere a servizio del bene comune – costatano i vescovi –
le responsabilità politiche sono esercitate nella logica della spartizione dei vantaggi
economici a discapito della popolazione. Si preferisce la legittimità delle alleanze
politiche e militari a quella che offre un servizio leale al popolo”. Circa la situazione
economica del Paese, la Conferenza episcopale denuncia la mancanza di investimenti
e una regressione che sta provocando una abbassamento inquietante del livello di vita
della popolazione. Nel loro messaggio i vescovi parlano anche della crescente emigrazione,
di distruzione dei valori sociali, morali e spirituali e della perdita del senso del
lavoro. Ma la speranza cristiana, si legge nel messaggio, “è l’antidoto a tutte le
fatalità e ad ogni pessimismo. Essa insegna che con Dio qualcosa di nuovo può sempre
accadere”. I presuli denunciano però “forme di religiosità e di spiritualità che deresponsabilizzano
i congolesi” e ritengono che l’avvenire del Congo esiga “un nuovo spirito e una nuova
cultura: il rispetto del bene comune e della parola donata, il senso dello sforzo,
l’amore per il lavoro e il patriottismo. “La Repubblica Democratica del Congo oggi
ha bisogno di un grande sogno – concludono i vescovi – di rifondare la sua esistenza
sui propri valori vitali e di aprirsi alla linfa del Vangelo, per produrre la nuova
cultura dell’amore”. Infine la Conferenza episcopale chiede la liberazione dei prigionieri
politici e d’opinione, l’erezione di un memoriale a Kinshasa e in ogni provincia per
i milioni di morti vittime della violenza. (T.C.)