Si è tenuta stamani a Kfifan, in Libano, la Messa di Beatificazione di Estephan Nehmé,
religioso professo dell’Ordine Libanese Maronita vissuto tra la fine dell'Ottocento
e la prima metà del Novecento. La cerimonia è stata presieduta da mons. Angelo Amato,
prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, rappresentante del Santo Padre.
“Estephan Nehmé - scrive il presule nel messaggio per la beatificazione del religioso
libanese - con il suo lavoro e la sua preghiera diede sempre e ovunque nella sua vita
una esemplare testimonianza di impegno ascetico e di fedeltà alla vocazione”. Il servizio
di Amedeo Lomonaco: Nel messaggio,
l’arcivescovo Angelo Amato sottolinea che il Libano, “la Montagna Bianca che Mosé
desiderava vedere (Dt 3,25)”, è la terra natale del Beato Estephan Nehmé,
uomo giusto che si è innalzato in alto, nel cielo della santità, come i maestosi “santi
cedri” del Paese. E il Libano è anche “una sorta di terra Santa”. Gesù Cristo – ricorda
mons. Angelo Amato – ha calpestato il suolo libanese, nei pressi di Tiro e Sidone,
“quando liberò una giovane tormentata da un demonio”. La terra libanese è poi un microcosmo
cristiano di “straordinaria importanza storica e religiosa”: il paesaggio è disseminato
di “santuari, chiese, cappelle e monasteri” e la pietà mariana, soprattutto mediante
la recita del Santo Rosario, “ha plasmato nei secoli l’anima cristiana” del Libano. Ricordando
la straordinaria figura di frère Estephan Nehmé, l’arcivescovo Angelo Amato sottolinea
che il monaco dell’Ordine Libanese Maronita “lavorava molto, ma pregava anche molto
e meditava a lungo. Era un angelo dal volto umano”. La fama della sua laboriosità
e della sua virtù – aggiunge il presule - era tale che i superiori dei conventi chiedevano
sempre di avere frère Estephan nella loro comunità, per il suo buon esempio nella
preghiera, nel lavoro e nella concordia”. La sua carità si estendeva anche al di fuori
del convento. Durante la prima guerra mondiale, quando la carestia flagellava la maggior
parte delle famiglie, frère Estephan distrubuiva il pasto ai bisognosi. “Purezza di
cuore” e “preghiera ininterrotta”, testimoniata dalla continua recita del santo rosario,
sono i due pilastri della perfezione cristiana del nuovo Beato. “La sua vita terrena
– conclude mons. Angelo Amato - si apriva continuamente all’eternità di Dio, con accenti
di contemplazione beata della Gerusalemme celeste”.