2010-06-26 13:01:41

La Giornata internazionale a sostegno delle vittime della tortura. Oltre 100 gli Stati che ancora la praticano nel mondo


Crudele, degradante ed illegale. Sono i tre aggettivi che il segretario generale delle Nazioni Unite riserva alla pratica della tortura e a chi la mette in atto. Nell’odierna ricorrenza della Giornata internazionale in sostegno delle vittime di tortura, Ban Ki-moon lancia un accorato appello a tutti gli Stati membri dell’Onu perché ratifichino la Convenzione contro la tortura e la recepiscano come crimine nei loro ordinamenti. Nonostante tutto, nel mondo almeno 111 Stati praticano ancora oggi la tortura a fini politici ed intimidatori e le vittime sono milioni. Stefano Leszczynski ha intervistato Fiorella Rathaus, responsabile del progetto Vittime di tortura del Consiglio italiano per i Rifugiati:RealAudioMP3

R. – Innanzitutto, la tortura – anche secondo l’ultimo Rapporto di Amnesty International – è a tutt’oggi praticata in 111 Paesi del mondo: è un numero enorme se pensiamo che, appunto, tutti gli strumenti e le Convenzioni internazionali ormai sono storia consolidata. Il divieto di tortura è uno dei divieti più condivisi e il diritto a non essere sottoposto a tortura è, assieme a quello di non essere ridotto in schiavitù, uno dei diritti che non ammette nessun tipo di negoziazione e nessun tipo di deroga. Nonostante questo, la tortura a tutt’oggi è estremamente diffusa. Noi vediamo che tra i rifugiati che raggiungono l’Europa, il numero di quelli che hanno subito in prima persona esperienza di tortura è altissimo: circa il 25 per cento dei rifugiati.

 
D. – Questo è un tema particolare che potrebbe aiutare a far capire quanto è importante concedere l’asilo…

 
R. – Sì, c’è questo filo rosso tra questi due ambiti del diritto che dovrebbe farci riflettere sui rischi collegati a tutti i respingimenti, che da un anno a questa parte caratterizzano la politica italiana e l’accesso alla protezione.

 
D. – Anche perché quando parliamo di tortura, la prima cosa che viene in mente è la tortura per estorcere delle rivelazioni, la tortura a fini politici. Ma ci sono tanti altri aspetti…

 
R. – Assolutamente sì. Questa è l’accezione più diffusa nell’immaginario collettivo. Però sappiamo che la tortura è utilizzata soprattutto per far tacere le persone.

 
D. – Si ha un po’ l’impressione che, negli ultimi tempi, la sensibilità nei confronti del dramma della tortura sia un po’ calata a livello di opinione pubblica…

 
R. – E' vero. Questo che era un tabù, in qualche modo, negli ultimi anni, è stato rimesso in discussione proprio attraverso questa sorta di dibattito sull’utilizzo “positivo” della tortura. Ebbene: non ci sono utilizzi “positivi” della tortura. Quello che vorrei anche sottolineare è che a tutt’oggi, in Italia, il reato di tortura non è inserito nel Codice penale: e questa è un’altra, grande finestra su questo complotto del silenzio che da sempre circonda la tortura. Nelle varie legislature, ci sono stati vari disegni di legge, depositati e non depositati. Però, alla fine, non si è mai arrivati ad una legge sul reato di tortura.







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