Il cardinale Bertone al convegno sulla "Caritas in veritate": serve un nuovo ordine
economico a servizio della persona
Un nuovo ordine economico a servizio della persona e dei popoli: è l’obiettivo indicato
dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che stamani è intervenuto al
settimo Simposio internazionale dei docenti universitari sul tema “Caritas in veritate:
verso un’economia al servizio della famiglia umana”, ricordando che la Santa Sede
segue gli sviluppi del G20. Il Simposio, che si conclude oggi, è organizzato dall’Ufficio
Pastorale Universitaria del Vicariato e dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
Sollecitato, a margine del convegno, sulla crisi dello stabilimento Fiat di Pomigliano,
nel sud Italia, il cardinale Bertone ha auspicato che “si prendano decisioni a favore
delle persone, delle famiglie, del lavoro per uno sviluppo umano integrale''. Il
servizio di Fausta Speranza: La
Caritas in veritate e la crisi globale della finanza: il cardinale Bertone
spiega quanti insegnamenti si potrebbero trarre:
“A fronte della crisi
globale della finanza e delle sue gravi conseguenze negative per l’economia reale
–seguiamo anche dall’Osservatorio della Santa Sede del Vaticano il G20 che si sta
svolgendo in questi giorni – l’enciclica intende sollecitare un nuovo ordine economico
per porre rimedio alla asimmetria tra istituzioni economiche ormai globalizzate e
istituzioni giuridiche e politiche rimaste fondamentalmente agganciate a basi nazionali
e locali”.
Un nuovo ordine economico, questo dovrebbe essere l’obiettivo
principe in tema di economia. Tutto il suo discorso, spiega il cardinale segretario
di Stato, è dedotto dagli insegnamenti della Caritas in veritate, l’Enciclica
di Benedetto XVI di circa un anno fa, che rappresenta la Rerum Novarum di questo
millennio. Nel titolo, le parole chiave per guardare all’economia globale. E, infatti,
il cardinale Bertone chiede che la ragione economica sia guarita dalla carità e dalla
verità:
“L’Enciclica è convinta che ciò sia realizzabile, perché una
ragione economica guarita e ampliata nel suo esercizio dalla carità e dalla verità
di Cristo è attingibile da ogni uomo. Se essa venisse accettata sarebbe possibile
superare teorie economiche autoreferenziali, che trovano il loro presupposto nel postulato
individualistico dell’homo oeconomicus”.
Nel contesto
di una globalizzazione che porta in sé l’impulso all’unificazione dei popoli e dei
loro destini, l’Enciclica lancia una sollecitazione precisa: “L’Enciclica
sollecita l’economia stessa a ripensarsi come attività umana che concorre allo sviluppo
integrale dei popoli”. “Un’economia a servizio del bene comune
della famiglia umana”: questo è l’obiettivo ma ci sono tentazioni da vincere:
“All’elenco
dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto
ormai da molto tempo – scrive il Pontefice – anche quello dell’economia. Ne abbiamo
una prova evidente anche in questi periodi”.
E qui
ci sono due aspetti che si intrecciano, da una parte l’uomo coi suoi limiti e dall’altra
il limite concettuale di pensare l’economia come un’entità autonoma:
“La
convinzione di essere autosufficiente e di riuscire ad eliminare il male presente
nella storia solo con la propria azione ha indotto l’uomo a far coincidere la felicità
e la salvezza con forme immanenti di benessere materiale e di azione sociale. La convinzione
poi dell’esigenza di autonomia dell’economia, che non deve accettare influenze di
carattere morale, ha spinto l’uomo ad abusare dello strumento economico in modo persino
distruttivo”.
Di qui, la fotografia dei problemi dell’economia oggi: “Questa
assolutizzazione dell’economia finisce per sovvertire l’ordine tra fini e mezzi… Il
bene comune del genere umano è depotenziato dal punto di vista antropologico ed etico
e, anziché essere promosso, finisce per implodere”.
Cosa fare in concreto?
Il cardinale Bertone indica due vie: “Una più forte collaborazione reciproca tra i
governi” e una “riforma dell’architettura economica e finanziaria internazionale”
con “forme innovative di protezione e di partecipazione anche delle nazioni più povere
alle decisioni comuni”.