India: preoccupazione della Chiesa per la legge sulla fecondazione assistita
In India è una pratica accettata: sotto compenso, alcune donne ricevono un ovulo fecondato,
lo portano fino al parto e cedono il figlio ai “compratori”. Lo scopo iniziale era
quello di aiutare parenti sterili, ma ora le richieste arrivano sempre più numerose
da parte di coppie straniere. Nel 2009 un documento della Law Commission ha stimato
– riferisce l’agenzia Asianews - un giro d’affari pari a 4,4 miliardi di euro. L’Assisted
Reproductive Technology regulation bill 2010 è stata proposta in questi giorni ed
è una legge che ha lo scopo di controllare e regolamentare il business milionario
degli uteri in affitto. Vieta il “commercio” degli uteri, rendendo legali solo le
donazioni spontanee da parte di donne tra i 21 e i 35 anni e non a scopo di profitto.
Questa disposizione consente però a chiunque il diritto di avere figli: nel testo
viene utilizzata un’espressione generica ovvero “coppie non sposate”. La confusione
consente ai single sia etero che omosessuali la possibilità di accedere a questo tipo
di pratica con il benestare dello Stato, distruggendo in tal modo il significato della
famiglia. Il cardinale Varkey Vithayathil arcivescovo siro-malabarese di Ernakulam-Angamaly
nell’India meridionale, afferma: “Questa legge altera in modo radicale la nostra società
e la struttura della famiglia e i suoi valori. Un bambino – aggiunge - sviluppatosi
per 9 mesi in un utero potrà non avere per legge alcun legame biologico con sua madre”.
Il prelato avverte che la struttura biologica di un neonato non è nelle mani della
scienza, ma di Dio. Pascal Carvalho, medico e membro del Pontificio consiglio per
la vita afferma ad AsiaNews: “La proposta di legge legalizza ciò che è innaturale
e immorale e separando la dimensione della procreazione dalla santità del matrimonio,
portando verso un disastro ecologico umano”. Carvalho aggiunge che “la disconnessione
tra procreazione e paternità non ha precedenti nella storia umana e i bambini entreranno
nel mondo come degli orfani genetici”. (M.A.)