Il cardinale Herranz alla tavola rotonda sul caso del Crocifisso: rispettarlo è rispettare
la libertà religiosa
“La laicità dell'Europa non può essere concepita e vissuta in termini tali da ferire
sentimenti popolari e profondi”: queste le parole del capo dello Stato italiano, Giorgio
Napolitano, nel messaggio inviato alla tavola rotonda su 'Valori e diritto. Il caso
del Crocifisso', che si è svolta ieri pomeriggio a Roma, su iniziativa di 'Umanesimo
Cristiano'. Messaggi anche dal Segretario di Stato vaticano card. Bertone, dal presidente
del Consiglio italiano Berlusconi. Hanno preso parte al dibattito, tra gli altri,
il ministro del lavoro Sacconi, giuristi e il cardinale Julian Herranz, già presidente
del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi, che ha ribadito
che il rispetto del Crocifisso equivale a rispettare la libertà di culto. A seguire
i lavori c’era per noi Fausta Speranza: Il capo dello
Stato italiano, Napolitano, ribadisce la linea che è anche di molti all’interno dell’Unione
Europea: sui simboli religiosi decidano i singoli Stati e non le Corti di giustizia.
Questa posizione insieme con la consapevolezza che il Crocifisso non sia solo espressione
di valori religiosi ma piuttosto di valori fondanti la nostra civiltà, sono due punti
centrali del ricorso presentato dall’Italia in difesa del Crocifisso nelle aule. Dieci
Paesi hanno formalmente preso posizione accanto all’Italia, altri quattro hanno espresso
solidarietà. Il ricorso è nei confronti della Corte europea dei Diritti dell’uomo,
che il 3 novembre scorso ha accolto l’istanza di una donna finlandese, residente in
Italia, che rivendicava il presunto diritto a un’educazione laica per i figli, attentato
– a suo dire – dalla presenza della Croce in classe. La Corte, che fa capo al Consiglio
d’Europa e non all’Unione Europea, è chiamata a pronunciarsi con la Grande Chambre,
composta cioè da 22 giudici invece dei 7 di prima istanza, il 30 giugno prossimo:
in quella data si esaminerà il ricorso. Non possiamo sapere ora se si pronunceranno
il giorno stesso o se la Corte riterrà di chiedere un’ulteriore camera di consiglio
in altra data.
Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, nel
suo messaggio, ha sottolineato tra l’altro che "l'esposizione dell'icona del Cristo
crocifisso è un'espressione identitaria, strettamente connessa con il sentimento religioso,
la storia e la tradizione dell'Italia, come pure dei popoli europei''. Aspetti che
tornano nelle parole di mons. Paolo De Niccolò, reggente della
Casa Pontificia: "Si tratta dell’immagine di Gesù crocifisso, che fa parte,
tra l’altro, non solo della nostra sostanza religiosa più profonda ed essenziale,
ma anche delle radici della nostra cultura cristiana, non solo italiana, ma anche
europea, a cominciare dalla Russia compresa e anche dall’Europa orientale, quindi
non soltanto quella occidentale". Certamente, per il credente la Croce
è molto di più di un fatto culturale e a questo proposito sono illuminanti le parole
che Benedetto XVI ha pronunciato sulla Croce nel recente viaggio a Cipro, nella Chiesa
Holy Cross di Nicosia. Qui ricordiamo solo un aggettivo che il Papa ha usato: la Croce
– ha detto – è “eloquente”. Un invito altissimo e preziosissimo all’ascolto. E
bisogna dire che dal dibattito è emerso con chiarezza il fulcro di tutta la questione:
il fondamentalismo laicista deriva di una positiva laicità, cerca di farsi legge.
Chiede laicità ma si impone come la nuova religione della neutralità, che è perdita
di identità. Politici, uomini di Chiesa e giuristi concordano: il Crocifisso non può
minare la laicità dello Stato, perchè proprio Cristo ha insegnato: date a Cesare quel
che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Piuttosto, è simbolo per eccellenza dei
valori umani prima che religiosi della nostra società. Basti ricordare che a livello
internazionale l’agenzia che più si occupa di umanità si chiama Croce Rossa. Dunque,
come guardare alla prossima sentenza della Corte di Strasburgo? Lo abbiamo chiesto
al cardinale Julian Herranz: “L’attesa dal punto
di vista culturale è che vengano rispettate due cose, il fatto che i governi siano
a servizio della società e che anche le organizzazioni sovranazionali siano a servizio
della società europea, pertanto non per l’imposizione di una determinata ideologia.
Nel caso della sentenza prevale chiaramente un’ideologia di tipo laicista, che non
si può imporre ad una società che invece è fondamentalmente cristiana o comunque religiosa.
Il secondo concetto è che si tenga conto che il Crocifisso non è soltanto un simbolo
religioso, ma è un simbolo culturale.. Altrimenti c’è soltanto il desiderio di imporre
una propria filosofia di fondamentalismo laicista e un’altra cosa è la giusta laicità
positiva. E’ un segno di accanimento anticulturale. Oggi, bisogna stare attenti, perché
c’è una specie di totalitarismo, di dittatura, di relativismo, ha detto il Papa –
totalitarismo agnostico e totalitarismo laicista – che vorrebbe ridurre la religione
alla pura intimità, alla propria coscienza, senza che ci sia una manifestazione esterna,
pubblica della fede religiosa. Questo non va non soltanto contro la dottrina della
Chiesa, ma va anche contro la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, in cui
l’art. 18 considera diritto fondamentale della persona, diritto nativo, diritto indisponibile
da nessuna legislazione positiva, né nazionale né internazionale, il diritto alla
libertà religiosa, il diritto a professare una religione nel foro interno e nel foro
esterno. Cercare di eliminare ogni manifestazione esterna della fede è una manifestazione
di intolleranza, è una manifestazione di una mentalità totalitaria.” Il
ricorso dell’Italia si nutre di argomentazioni giuridiche. Questo fa pensare: se per
tutti erano scontati lo spessore spirituale e l’elemento culturale del Crocifisso,
forse non avevamo riflettuto abbastanza sugli aspetti giuridici. Da questo punto di
vista, la sentenza che ha fatto male sul momento può essere una sfida che apre opportunità.
Abbiamo chiesto l’opinione del prof. Venerando Marano, ordinario
di Diritto e coordinatore dell’Osservatorio giuridico della Conferenza episcopale
italiana: “E’ una sfida nuova ed è sicuramente un’opportunità, in una vicenda
che per molti aspetti ha rappresentato una sorpresa negativa, perché era difficile
immaginare una sentenza come quella che abbiamo avuto. Se c’è da registrare un fatto
positivo, è quello a cui lei accennava: cioè che l’opinione pubblica di non pochi
Paesi europei, i governi ma anche le Chiese, con un significativo momento di unità,
hanno dovuto nuovamente riflettere su cose che troppo spesso si considerano acquisite
definitivamente, ma che tali non sono. E io confido che il ripensamento in atto della
Corte possa portare non soltanto a una revisione della decisione di primo grado, ma
possa portare anche a una più diffusa consapevolezza del valore non solo religioso,
ma anche identitario, culturale del simbolo del Crocifisso, e di quella che è una
corretta lettura del principio di laicità, che sicuramente non esclude l’esposizione
dei simboli religiosi nello spazio pubblico. Io credo che una nuova, rinnovata consapevolezza
della dimensione anche istituzionale del diritto di libertà religiosa e del conseguente
ruolo delle Chiese, del contributo che possono offrire in termini di libertà a tutta
la società civile, potrebbe essere una ricaduta positiva di questa vicenda.” Al
dibattito è intervenuto anche il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che ha voluto sottolineare
che dalla tradizione non si scappa, ma con la tradizione ci si confronta per capire
chi si vuole essere nella vita. La tradizione, in questo caso il Crocifisso nelle
scuole, non è un’imposizione. Piuttosto, cancellare la tradizione sarebbe un’imposizione:
si imporrebbe un taglio che negherebbe anche la libertà di misurarsi con quella tradizione
e dunque la libertà di abbracciarla o rinnegarla. C’è stato poi l’intervento del ministro
del Lavoro, Maurizio Sacconi, che ha accolto la proposta del moderatore Piero Schiavazzi
di esporre il Crocifisso anche nelle aule dove vengono dibattute le questioni dell’occupazione,
perché ci si ricordi che se davvero si guarda al Crocifisso, ma veramente, si può
solo essere più equi. Interessante anche l’intervento del presidente dell'Associazione
della stampa estera, Maarte van Aalderen, che ha ricordato che a voler far tornare
il Crocifisso nelle aule italiane è stato lo statista laico, Giovanni Gentile, a conferma
che il Crocifisso viene difeso anche dai laici. E il presidente dell’Associazione
stampa estera ha poi sottolineato che le Corti non possono scollarsi dal sentire comune.