Faccia a faccia Obama-McChrystal, dopo le critiche del generale alla Casa Bianca
sull'Afghanistan
“Sostituire il comandante delle Forze internazionali in Afghanistan non aiuterà a
risolvere il conflitto”. Lo ha affermato il portavoce del presidente afghano Karzai,
in attesa della decisione ufficiale che oggi il presidente Usa, Barack Obama, prenderà
sulla sorte di Stanley McChrystal atteso alla Casa Bianca per un incontro. L’alto
ufficiale dovrà fornire tutti i chiarimenti sull’intervista rilasciata alla rivista
“Rolling Stone” e fortemente critica nei confronti dell’amministrazione americana
per la gestione del conflitto nel Paese asiatico. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Avrebbe
già offerto le sue dimissioni al Pentagono il generale McChrystal, dopo le scuse immediate
per quello che ha definito un errore dovuto a scarsa capacità. Questo dicono alcune
fonti, a poche ore dall’atteso incontro dell’alto ufficiale con molti degli esponenti
dell’amministrazione Usa, bersaglio delle sue critiche dalle pagine del mensile "Rolling
Stone". Primo fra tutti, Barack Obama, definito ''poco preparato e poco impegnato,
quindi deludente''. Ironia e toni dispregiativi anche all’indirizzo del vicepresidente,
Biden, e dell'ambasciatore Usa a Kabul, Eikenberry, per un memorandum segreto rilasciato
ai media. Ma le critiche di McChrystal non hanno risparmiato neanche l’inviato speciale
per l'Afghanistan e il Pakistan Richard Holbrooke definito “un animale ferito”. Per
la Casa Bianca, in sintesi McChrystal ha commesso un errore enorme e tutte le opzioni
sono sul tavolo, inclusa la rimozione dall’incarico, ma solo dopo il colloquio. La
scelta di una sostituzione non piace alla leadership afghana: lo fa sapere il portavoce
del presidente Karzai, sottolineando che così non si risolve il conflitto. L’incidente
mette comunque a dura prova l’amministrazione Usa. Obama ha ribadito che l’obiettivo
è solo il successo contro al Qaeda: qualsiasi sua decisione però rischia di avere
ripercussioni sull’andamento della missione in Afghanistan, che attraversa una fase
delicata. Intanto, sul terreno la guerriglia continua a colpire. Due i soldati Isaf
uccisi nelle ultime ore, mentre l’Australia ha fatto sapere che intende ritirare le
proprie truppe nel giro dei prossimi tre anni.
Il “caso McChrystal”
avrà dei risvolti negativi non solo sotto il profilo militare, ma anche politico.
La gravità della vicenda viene sottolineata da Andrea Margelletti, presidente
del Centro Studi Internazionali, intervistato da Alessandro Gisotti:
R.
- E’ estremamente grave, perché la situazione in Afghanistan è complessa ed è critica.
Quindi, una notizia che avrebbe dovuto passare all’interno delle pagine delle cronache
politiche statunitensi, ha ovviamente assunto una rilevanza internazionale.
D.
- Ecco, appunto, il caso McChrystal esplode peraltro alla vigilia di una nuova offensiva
militare a Kandahar. Questa operazione è ora a rischio e quali ricadute si possono
avere in Afghanistan?
R. - Direi di no, perché in realtà
la Nato ha una struttura consolidata, rodata e in grado di sopravvivere ai vari cambiamenti.
Questo è un fatto ovviamente normale. Certamente, se cambia il timoniere della strategia,
può anche cambiare la stessa strategia.
D. - Molti
commentatori affermano che Obama si trova in un vicolo cieco, perché sia che licenzi
McChrystal, sia che lo tenga nell’incaricato ne risulterebbe indebolito. E’ così?
R.
- Dire che un politico si trova in un vicolo cieco è estremamente difficile da affermare.
La politica è la terra delle opportunità e delle opzioni e quindi credo che con difficoltà
si possa dire che non ci siano più opzioni a disposizione. Certamente, c’è qualcosa
che non va tra il Pentagono, i comandanti sul campo e naturalmente il potere politico.
D. - Per l’appunto, non è la prima volta che un generale
contesti l’amministrazione Obama, ricordiamo le riserve del generale Petreus. Sono,
queste, frizioni inevitabili - considerando due guerre in corso - oppure c’è qualcosa
di più: c’è una non fiducia dei militari nei confronti di Washington?
R.
- Anzitutto, diciamo che i militari hanno ogni lecita autorevolezza a porsi dei dubbi
e questo soprattutto nel momento che prendono delle decisioni che mettono a repentaglio
la vita di centinaia di persone e non soltanto dei soldati, ma anche dei civili nei
contesti nei quali si va ad operare. Altra cosa, invece, è la sfiducia evidente nei
confronti della propria leadership politica, che sarebbe forse meglio - anzi che sarebbe
certamente meglio - esprimere nelle sedi più proprie e non sulle pagine di un giornale.