Mons. Nozza: la risposta ai flussi migratori è nell'accoglienza e non nel respingimento
Migrazioni transcontinentali, politiche di sviluppo e accoglienza, rischi connessi
alle politiche di chiusura e respingimento. Sono alcuni dei temi su cui si sono confrontati,
dal 16 al 18 giugno scorso, i partecipanti al forum “Migramed”, organizzato a Valderice
(Trapani) da Caritas Italiana in collaborazione con la Delegazione regionale delle
Caritas della Sicilia. È stato lanciato un appello perché il Mediterraneo sia strumento
di arricchimento reciproco sui versanti culturale e spirituale, oltre che economico
e sociale. Sulle giornate del Forum il commento, al microfono di Fabio Colagrande,
del direttore di Caritas Italiana, mons. Vittorio Nozza:
R.
– Sono state giornate intense, molto ricche, soprattutto caratterizzate dalla presenza
delle Chiese della Sicilia, dalla presenza del Coordinamento nazionale di Caritas
italiana, ma in modo particolare dalla presenza di questi direttori responsabili delle
Caritas del sud del Mediterraneo. Storie molto intense, molto cariche di tentativi
di accompagnamento di questo fenomeno, ma anche rivelatrici di tristi, pesanti situazioni
di dignità e di umanità non considerata, non accompagnata nel tentativo di darsi un
futuro.
D. – Le Caritas nazionali, le Caritas diocesane,
ormai da molti anni assistono le tragedie, che riguardano l’immigrazione. E’ arrivato
il momento di fare un salto di qualità...
R. – Il salto
di qualità sta innanzitutto nel fatto che questo fenomeno ha bisogno, più che di respingimento,
di accompagnamento. Questa è una parola molto impegnativa poiché chiede più di una
scelta. Una prima scelta è soprattutto quella di investire molto nella cooperazione,
nello sviluppo. Una seconda scelta è quella di accompagnare questo fenomeno, tentando
di far sì che non sia oggetto di sfruttamento perché purtroppo è un fenomeno costantemente
soggetto a sfruttamento, soprattutto quello delle donne e dei minori. In terzo luogo,
c’è bisogno di fare una scelta di vera integrazione.
D.
– In questa prospettiva è importante anche il messaggio che è arrivato dal tavolo
“Giustizia e solidarietà” della Cei: una critica per la diminuzione dell’aiuto allo
sviluppo da parte del governo italiano...
R. – Se vogliamo
che anche diversi di questi cittadini possano costruire il loro futuro, questo è fattibile
solo nella misura in cui da parte dei governi, quindi anche da parte della realtà
italiana, venga investito maggiormente in termini di cooperazione e sviluppo. Purtroppo
si assiste ad un decrescere sempre maggiore di questo investimento.
D.
– Questa collaborazione fra le Caritas del Mediterraneo può creare anche una sorta
di nuovo interlocutore rispetto alle istituzioni europee e al modo in cui gestiscono
il fenomeno delle migrazioni?
D. – Sì, soprattutto si
deve continuare insieme a monitorare l’andamento dei flussi dell’area nel Mediterraneo.
Si deve trovare anche la possibilità di promuovere azioni congiunte a sostegno del
cammino delle Chiese e andare ad assumere alcuni azioni congiunte. Azioni che comunque
abbiano sempre al centro la persona di colui che è costretto a cercarsi il futuro
altrove.