Ancora morti in Iraq: attentati soprattutto contro attività finanziarie
Non si ferma l’ondata di attacchi terroristici contro istituzioni e attività finanziarie
in Iraq. Ieri, un sanguinoso duplice attentato contro la "Iraqi Trade Bank" di Baghdad
ha provocato la morte di oltre 30 persone. Secondo le prime ricostruzioni, non sarebbe
stato rubato denaro. Soltanto una settimana prima era stata attaccata la Banca centrale
nella capitale. Oggi un kamikaze è entrato in azione nella cittadina di Shirqat, nel
nord del Paese, uccidendo 8 persone. Sulla situazione irachena, Giada Aquilino
ha intervistato Alessandro Colombo, docente di Relazioni internazionali all’Università
degli Studi di Milano:
R.
– È un momento naturalmente molto delicato, che purtroppo si temeva da diversi mesi.
Sono almeno due le ragioni che rendono complesso il processo di transizione in Iraq.
Da un lato, c’è lo stallo politico che è risultato dalle elezioni di qualche settimana
fa: l’Iraq non ha ancora sostanzialmente un governo uscito da quel processo elettorale
e ha al contrario un aggravamento continuo dei rapporti tra i due principali blocchi.
Dall’altro lato, c’è l’avvicinarsi del ritiro americano dal Paese, anche se non totale.
Queste due cose rendono il processo di transizione particolarmente vulnerabile ed
è possibile che proprio in questa vulnerabilità si stia inserendo un tentativo di
rialzare il livello della tensione.
D. – La guerriglia
potrebbe essere in un momento di riorganizzazione?
R.
– C’è un segnale di aggravamento delle tensioni interne, che è ciò di cui qualunque
guerriglia, in qualunque contesto, vive. Quindi, è questo l’elemento fondamentale.
Direi che negli ultimi mesi si sia equivocato sul significato della guerriglia e della
controguerriglia. Come è ovvio la guerriglia non si combatte sul terreno strettamente
militare, ma sul terreno politico. E sul terreno politico oggi la transizione è diventata
molto più complessa di quanto non potesse apparire, anche un pò ingenuamente, qualche
mese fa.
D. – L’anno scorso a luglio era stata attaccata
una banca molto importante in Iraq, la Rafidayn. Ora di nuovo gli istituti di credito
sono nel mirino della guerriglia. Alcuni analisti parlano di un tentativo di autofinanziamento
del terrorismo qaedista. Potrebbe essere possibile?
R.
– Assolutamente sì. Il terrorismo e l’insurrezione hanno bisogno ovviamente, oltre
che di sostegno popolare, anche di denaro. Non hanno grandi finanziatori all’esterno
e quindi il finanziamento non può che essere un autofinanziamento. Quindi, questa
sicuramente è una componente. L’altra componente è naturalmente il fatto che colpire
le istituzioni finanziarie significa colpire uno dei motori inevitabili dello sviluppo.
Obama
incontrerà Netanyahu alla Casa Bianca
Gli Stati Uniti hanno espresso soddisfazione
per la decisione di Israele di alleggerire l'embargo nei confronti di Gaza. Di qui
l'annuncio che il premier israeliano Netanyahu incontrerà il presidente Obama il prossimo
6 luglio alla Casa Bianca. Il colloquio tra Obama e Netanyahu era stato fissato per
il primo giugno scorso, ma il sanguinoso blitz israeliano contro la flottiglia filo-palestinese
diretta a Gaza, costato la vita a nove persone, aveva costretto il premier israeliano
a ritornare precipitosamente in patria mentre era già in viaggio in Canada. La decisione
israeliana di allentare il blocco di Gaza “è molto incoraggiante” anche per l'Alto
rappresentante della Ue, Catherine Ashton. “Rappresenta un avanzamento significativo
e, una volta attuato, consentirà un miglioramento della vita dei cittadini di Gaza”,
afferma in una dichiarazione. Il capo della diplomazia Ue auspica che ora venga liberato
il soldato israeliano Gilad Shalit, rapito quattro anni da gruppi di Hamas nella Striscia
di Gaza.
L’Iran mette il veto su due ispettori dell’Aiea,
ma non nega le ispezioni
L'Iran ha deciso di negare l'entrata nel Paese
a due ispettori dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), chiedendo
all’organismo delle Nazioni Unite di nominarne altri due al loro posto per le prossime
ispezioni. Lo ha reso noto il capo dell'Organizzazione per l'energia atomica iraniana,
Ali Akbar Salehi, citato dall'agenzia Isna, lamentando che i rapporti dei due ispettori
erano “non rispondenti alla realta”'. Anche se l'episodio appare come un ulteriore
segnale di una tensione crescente nel braccio di ferro sul nucleare iraniano, dopo
ulteriori sanzioni imposte all'Iran dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu il 9 giugno
scorso, Salehi non ha fatto alcun cenno alla possibilità che Teheran decida di mettere
fine alle ispezioni ai suoi impianti. Il capo del programma iraniano ha anzi sottolineato
che la Repubblica islamica intende continuare ad agire “nell'ambito del Trattato di
non proliferazione nucleare” (Tnp).
Bombardamenti nel nord
ovest del Pakistan: almeno 20 talebani uccisi
Almeno 20 presunti militanti
talebani sono stati uccisi in bombardamenti avvenuti ieri nelle regioni tribali di
Orakzai e di Mohmand, nel nord ovest del Pakistan. Lo riferisce il canale televisivo
pakistano Dawn Tv, che cita fonti militari. I raid hanno distrutto quattro covi degli
integralisti. Sempre in un attacco aereo, sono morti quattro civili, tra cui due donne,
colpite da una bomba che ha distrutto la loro casa. L'aviazione pachistana ha condotto
diverse operazioni contro presunte basi dei militanti nella zona vicino al confine
afhano. I media pachistani riportano anche dell'uccisione di un capo talebano, identificato
come Abid Afridi, e di altri tre militanti del gruppo Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp)
a causa dell'esplosione di un ordigno che stavano confezionando.
Si
rafforza il fondamentalismo in Somalia: la barba diventa legge a Mogadiscio
I
ribelli del Partito islamico somalo, che controllano parte di Mogadiscio, hanno reso
noto di aver istituito l'obbligo per gli uomini della città di lasciare crescere la
barba e di accorciare i baffi, come vuole la tradizione islamica salafita. Il gruppo
estremista islamico, guidato dallo sceicco Hasan Daher Aweys, è lo stesso che lo scorso
aprile ha ordinato alle radio private locali di non trasmettere più alcun tipo di
musica. Il servizio di Michela Altoviti:
''A
partire da oggi gli uomini devono lasciarsi crescere la barba, chiunque non rispetterà
questa regola ne subirà le conseguenze''. E’ quanto ha ordinato Mohamed Farah, uno
dei capi del movimento di insorti islamici somali Hezb al-Islam. Nel corso di una
conferenza stampa a Mogadiscio, Farah ha affermato: ''Farsi crescere la barba è un
dovere morale, ordinato dal nostro profeta Maometto e noi dobbiamo difendere questa
pratica religiosa''. "Abbiamo imposto la barba agli uomini - ha spiegato lo sceicco
Farah - perché in precedenza avevamo imposto alle donne di indossare il velo. Chi
non rispetterà questo dettame sarà punito". Un analogo ordine riguardante le barbe
era già stato imposto mesi fa da un altro gruppo di ribelli musulmani, gli Shebab,
che si rifanno ad Al Qaeda. I due gruppi estremisti controllano il centro sud della
Somalia e la maggior parte dei quartieri di Mogadiscio dove hanno imposto regole assai
severe in nome di un'interpretazione fondamentalista dell'Islam. Da mesi i gruppi
fondamentalisti hanno introdotto la sharia, la legge islamica, nella sua versione
più intransigente, bandendo gli infedeli e in generale gli occidentali dal Paese,
attuando rapimenti, assassini e seminando terrore. In particolare gli Shebab, che
dispongono persino di una polizia religiosa, impongono come punizioni amputazioni,
lapidazioni ed esecuzioni capitali.
Usa e Russia esprimono
inquietudine per le tensioni in Kirghizistan
Nel corso di un colloquio
telefonico, il segretario di Stato americano Hillary Clinton e il suo collega russo
Serghiei Lavrov hanno condiviso “inquietudine” per la situazione nel Kirghizistan.
Violenti scontri etnici sono in corso da giorni nel sud dell’ex Paese sovietico tra
uzbeki e kirghizi. Nelle ultime ore almeno due persone sono rimaste uccise e 17 ferite
in un villaggio nei pressi di Osh abitato da uzbeki. Secondo alcuni osservatori locali,
le violenze vogliono essere una provocazione in vista del referendum del 27 giugno
sulla nuova Costituzione. Infatti, molti clan locali temono che la Costituzione riduca
il loro potere. Le tensioni nel Paese preoccupano gli Usa perché il Kirghizistan è
un alleato chiave per la guerra in Afghanistan, per la presenza di una importante
base aerea americana alla periferia della capitale.
In Polonia,
sarà ballottaggio: al momento in testa Komorowski
In Polonia, dopo il voto
di ieri si andrà al ballottaggio. Stasera verranno resi noti i risultati definitivi,
ma è certo che si sfideranno il liberale Komorowski e il conservatore Kaczynski. Il
servizio di Giuseppe D’Amato:
Nessuno
dei 10 candidati in lizza in Polonia è riuscito a superare la soglia del 50% al primo
turno. Il liberale Bronislaw Komorowski ed il conservatore Jaroslaw Kaczynski andranno
così al ballottaggio il 4 luglio prossimo. Il primo ha ottenuto ieri il 41,2% delle
preferenze, il secondo il 36,7. Terzo è giunto il socialdemocratico Grzegorz Napieralski
con il 13,7%. L’affluenza alle urne si è attestata al 54,85%. I sondaggi della vigilia
assegnavano a Komorowski molti più punti di vantaggio sul gemello del presidente Lech
Kaczynski, tragicamente scomparso nell’incidente aereo di Smolensk il 10 aprile scorso.
La Polonia, uscita da questo turno, è letteralmente divisa in due: le regioni occidentali
hanno dato il loro voto al liberale di “Piattaforma civica”, mentre quelle centro-orientali
al conservatore di “Legge e Giustizia”. Secondo numerosi osservatori il ballottaggio
è aperto e sarà un lungo testa a testa, come avvenne nel 2005 tra il defunto Lech
Kaczynski e l’attuale premier Donald Tusk. I toni dimessi - per il disastro di Smolensk
e per le recenti gravi inondazioni – sono stati la caratteristica principale di questa
consultazione. Bronislaw Komorowski, alleato di Tusk, è un cattolico liberale, padre
di 5 figli, speaker della Camera bassa del Parlamento. È favorevole ad una marcia
più rapida delle riforme. L’euroscettico Jaroslaw Kaczynski, già premier per due anni,
gode invece delle simpatie della componente più conservatrice tra i cattolici polacchi
e spinge per riforme più lente.
Nuovi scioperi in Grecia
Ricominciano
gli scioperi settoriali e generali in Grecia contro il piano di austerità e contro
la riforma pensionistica attesa per questa settimana in Parlamento. Il sindacato comunista
Pame ha convocato per mercoledì uno sciopero nazionale di 24 ore e la sua leader Aleka
Papariga si è rivolta persino al capo dello Stato Karolos Papoulias, dal quale viene
ricevuta oggi, per tentare di fermare il piano pensioni e decreti presidenziali che
riguardano la riforma del lavoro. Lo sciopero del Pame avrà effetti parziali sul funzionamento
dei trasporti. Il 29 giugno sciopero generale invece dei grandi sindacati del settore
pubblico, Adedy, e privato, Gsee, con manifestazioni nelle principali città cui si
potrà aggiungere anche il Pame e che paralizzeranno verosimilmente l'intero Paese.
Da domani, cominciano peraltro interruzioni di lavoro dei dipendenti delle Ferrovie
(Ose) che dureranno sino a giovedì con effetti importanti sui collegamenti nazionali.
I lavoratori della metropolitana che hanno interrotto il quarto giorno di sciopero,
oggi, in attesa di colloqui, domani, col governo per il licenziamento di 285 dipendenti,
potrebbero in caso di mancato accordo riprendere la protesta nei prossimi giorni.
Il
conservatore Santos presidente della Colombia
Juan Manuel Santos è il nuovo
presidente della Colombia: il "delfino" del capo dello Stato uscente Alvaro Uribe
ha battuto con un forte distacco il rivale al ballottaggio il "verde" moderato Antanas
Mockus. In una giornata caratterizzata da un forte astensionismo e da episodi di violenza
tra le forze della sicurezza e la guerriglia, con un bilancio di dieci morti, i colombiani
hanno quindi premiato, come ampiamente previsto, il 58.enne Santos. La maggioranza
degli elettori ha scelto la continuità rappresentata dal'esperienza del candidato
della destra, a fronte del cambiamento al quale puntava Mockus, che al primo turno,
lo scorso 20 maggio, aveva ottenuto meno della metà dei voti del rivale.
In
Cina tragedia in una miniera mentre il maltempo continua a mietere vittime
Un’esplosione
in una miniera ad Henan nella parte centrale della Cina ha causato la morte di almeno
46 persone, mentre 26 minatori sono riusciti a mettersi in salvo. Intanto, cresce
il numero delle vittime delle piogge e delle inondazioni che hanno interessato il
sud della Cina la scorsa settimana. Almeno 175 persone sono morte, mentre 107 sono
date per disperse. Un milione di persone a rischio sono inoltre state evacuate dalle
loro abitazioni. Le province più colpite sono quelle meridionali del Fujian, Guangdong,
Sichuan, Guizhou e Guangxi. Dal canto suo, il Dipartimento per la prevenzione dei
disastri naturali del governo di Pechino ha affermato che il maltempo è destinato
a proseguire nei prossimi giorni.
Terremoto in Papua Nuova
Guinea: 17 vittime
Almeno 17 persone sono rimaste uccise a seguito del
terremoto di magnitudo 7,1 che ha colpito mercoledì scorso alcune isole al largo di
Papua Nuova Guinea, Stato indipendente sull'Oceano Pacifico. Il sisma ha lasciato
4.600 persone senza tetto e ha danneggiato circa 2.560 abitazioni. (Panoramica
internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 172
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