Mons. Marchetto al Consiglio nazionale forense: la religione terreno comune per
favorire i rapporti nel mondo globalizzato
“Multiculturalismo (di fatto) e religione”, è il titolo dell’intervento dell’arcivescovo
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti, pronunciato questa mattina, a Roma, nell’ambiento dei lavori conclusivi
del Consiglio nazionale forense che si è tenuto in questi giorni in occasione dei
sessant’anni della firma della Convenzione europea per “La salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali”. Ci riferisce Marco Guerra:
“Nella
complessità della società odierna, e alla luce di una globalizzazione che è causa
di una mescolanza di popoli finora mai realizzata, la religione diventa il terreno
per favorire l’accettazione della mutevole realtà del nostro tempo, senza perdere
la propria identità”. Il segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i
Migranti, arcivescovo Agostino Marchetto, illustra, davanti all’Unione forense italiana,
la sola ricetta in grado di coniugare l’apertura al multiculturalismo con il recupero
del “legame con il tessuto socio-culturale d’origine”. Il pluralismo, infatti, “implica
il riconoscimento e la promozione delle diversità, e la religione – spiega mons. Marchetto
– gioca un ruolo importante nel far crescere il rispetto verso donne e uomini di diversa
appartenenza”. Soprattutto in campo religioso – sottolinea ancora il presule – vi
è la possibilità di realizzare una fraternità universale in cui le differenze non
sono cancellate, ma vissute nella loro “identità in relazione”.
In
questa prospettiva, secondo il segretario del dicastero vaticano, il fenomeno migratorio
diventa un laboratorio adatto per collaudare l’accoglienza delle culture altrui, mentre
valori umani e religiosi – che non sono in contraddizione – ne sostengono e motivano
itinerari e tentativi. Il presule tende comunque a porre sempre l’accento sulla persona
perchè, sostiene, “non esistono culture astratte, separate dall’individuo”. E questo
è possibile grazie al contributo offerto dalla religione, soprattutto in Europa, alla
formazione del concetto di centralità della persona umana. L’accoglienza dialogante
– prosegue il presule – si esprime dunque in un incontro autentico, che si serve della
difficile arte di coniugare l’aspetto personale e di gruppo, l’identità e la complementarità.
La riflessione di mons. Marchetto supera, quindi, il mero incontro tra culture ma
“indaga nel profondo di un pluralità che si interroga sulle grandi questioni esistenziali
quali il senso della vita”. Di conseguenza - afferma in conclusione mons. Marchetto
- la tolleranza non basta più, ma è necessario passare alla “convivialità delle differenze”.