Migramed Forum: allarme scarsi diritti e pene inasprite dal Marocco alla Turchia
Si concludono oggi i lavori del “Migramed Forum”, l’incontro delle Caritas del bacino
del Mediterraneo sull’immigrazione, organizzato da Caritas Italiana a Valderice (Trapani).
Di particolare interesse l’intervento di ieri di alcuni religiosi ed operatori direttamente
impegnati nelle terre difficili del bacino del Mediterraneo, di cui da notizia il
Sir. Padre Alan Arcebeche, direttore di Caritas Libia, ha citato alcuni dati: “Più
di 60 barconi, con una media di 25/30 persone che pagano dai 600 ai 1200 dollari a
testa, sono partiti dal febbraio 2008 da Zuwarah, Tripoli e Bengasi”. Situazione “molto
rischiosa” anche in Algeria, dove è stata approvata di recente “una legge che prevede
l’arresto fino a 6 mesi per i migranti senza documenti e per chi li aiuta ad entrare
o uscire dal Paese, algerini compresi”, spiega padre Cesare Baldi, direttore di Caritas
Algeria. Si prefigura per gli operatori, “il rischio di un reato di solidarietà”,
mentre “parecchie migliaia di migranti dal Mali e dal Niger vengono intercettati e
respinti”. Anche in Turchia è quasi impossibile avere il riconoscimento dello status
di rifugiato ma vi sono più di 20.000 profughi irregolari, tra cui 10.000 iracheni
e moltissimi armeni. “Non hanno nessun aiuto, non possono frequentare la scuola, e
devono pagare ogni 6 mesi una tassa di soggiorno di circa 300 euro - dice Rinaldo
Marmara, di Caritas Turchia - Nei centri sono come in prigione, senza diritti”. Siccome
la Chiesa in Turchia non può avere personalità giuridica, la Caritas offre assistenza
tra difficoltà. Perciò Marmara si dice favorevole ad una sorta di “commissione che
possa agire a livello europeo facendo pressione sui singoli Stati”. In Marocco, invece,
diventato negli ultimi anni anche Paese d’immigrazione, “i migranti vengono tollerati”,
precisa Pieter Van Aken, di Caritas Marocco, anche se il governo “non è in grado di
dare lo status di rifugiato. I migranti non hanno la carta di residenza, né l’accesso
ai servizi sociali e sanitari”. In Tunisia, aggiunge Namil Baek, di Caritas Tunisia,
“le autorità sono molto più pazienti, anche se per gli irregolari è difficile trovare
lavoro o anche solo prendere la patente. Noi assistiamo soprattutto gli ex studenti
africani, che hanno finito i soldi delle borse di studio e diventano irregolari, e
le famiglie algerine povere. Li aiutiamo a pagare l’affitto, le rette per la scuola
o il latte per i bambini e forniamo assistenza sanitaria”. Tutti gli operatori sottolineano
la necessità di dare priorità all’assistenza alle donne, la maggior parte vittima
di abusi e violenze sessuali, e ai bambini. (M.A.)