Giornata mondiale contro la desertificazione: un dramma che uccide lentamente la vita
Oltre un miliardo di persone povere e vulnerabili vive nelle zone aride del mondo,
ricorda il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nel messaggio per
l’odierna Giornata mondiale contro la desertificazione, sotto il motto “Rigenerare
i suoli in un luogo è rigenerare ovunque la vita”. Qual è il senso di quest’affermazione?
Roberta Gisotti lo ha chiesto all’architetto Pietro Laureano, esperto
di terre aride, consulente dell’Unesco, già rappresentante italiano del Comitato scienza
e tecnologia della Convenzione dell’Onu per la lotta alla desertificazione, adottata
nel 1994:
R.
- Il suolo è la cosa più importante. Noi in geologia diciamo suolo, ma è il terreno
fertile, è l’humus. Siamo così abituati nelle zone umide, nelle nostre aree, ad avere
un terreno fertile che non ci rendiamo conto di come invece questa sia un componente
preziosissima. Il suolo è qualcosa di vivo, dentro ci sono delle componenti biologiche,
ci sono microrganismi, ci sono piccoli animali; è umido, è bagnato. Ecco, quando sparisce
il suolo, sparisce la vita. Bisogna pensare che per ricostituire un centimetro di
suolo, è stato calcolato che ci vogliano 100 anni.
D.
- Ci si chiede se c’è abbastanza attenzione a questo fenomeno, a 16 anni dalla firma
della Convenzione dell’Onu per la lotta alla desertificazione, tenuto conto che -
come ci informa oggi il segretario generale delle Nazioni Unite nel suo messaggio
per la giornata - negli ultimi 40 anni quasi un terzo dei terreni coltivabili è diventato
improduttivo e sovente è finito in abbandono…
R. - Sì,
in realtà, noi non ci rendiamo sufficientemente conto del pericolo della desertificazione,
perché distrugge lentamente, è una lenta agonia. Mentre un’inondazione, una catastrofe
arriva di colpo e tutti si impressionano, la desertificazione è un fenomeno di degrado
dei suoli, della scomparsa della fertilità, di scomparsa lenta della vita. A poco
a poco, le piante spariscono, a poco a poco sparisce il terreno fertile, i suoli si
salinizzano, le stesse piogge che prima erano benefiche diventano distruttive, perché
i suoli sono spariti e il terreno non assorbe la pioggia.
D.
- Con questa giornata è certamente importante sensibilizzare le opinioni pubbliche
del mondo intero, ma è importante che poi a questo fenomeno rispondano le classi politiche…
R.
- Si, bisogna fare piani di azione nazionali. In Italia, il 30 per cento circa del
territorio è colpito da questo fenomeno. Perdiamo suoli nel sud, si salinizzano, c’è
l’impossibilità di coltivare ma addirittura anche in Umbria, dove l’agricoltura industriale
ha distrutto le tecniche tradizionali di terrazzamento, di agricoltura fatta a piccole
particelle, a mosaico, a giardini. Si vede benissimo come, in quei punti, il terreno
è sceso di un metro, due metri e mette allo scoperto rocce aride, ormai completamente
sterili.
D. - Dunque, la mano dell’uomo, ancora una
volta, è davanti ad un bivio: o per valorizzare la natura o per distruggerla…
R.
- Certamente, la desertificazione è una responsabilità dell’uomo. E’ un processo che
si accentua con il cambiamento climatico, con le estremizzazioni climatiche. Però,
è innescato dalla mancata capacità dell’uomo di gestire degli ambienti.