Mons. Marchetto "rilegge" il Concilio Vaticano II: non ci fu rottura né contrapposizione
col passato
“Rileggere il Concilio Vaticano II”, il tema affidato all’arcivescovo Agostino Marchetto
nell’ambito del Programma “Leggere il Novecento”, ciclo di conferenze promosso dalla
Fondazione Rubettino, che domani pomeriggio ospiterà a Roma, presso la sede della
Conferenza dei Rettori a piazza Rondanini, il secondo incontro dedicato al Magno Sinodo.
Il servizio di Roberta Gisotti:
“L’abbraccio
fra tradizione e rinnovamento nel Magno Concilio” è stato il "filo rosso" della dotta
trattazione di mons. Marchetto. “Non dovrò, credo – esordisce il presule –
convincere nessuno dell’importanza e del valore dottrinale, spirituale e pastorale
del Concilio Ecumenico Vaticano II”, “‘icona’ della Chiesa cattolica”, sottolinea,
di ciò che “il cattolicesimo è, costituzionalmente, comunione, anche con il passato,
con le origini, identità nell’evoluzione, fedeltà nel rinnovamento”.
Ricorda,
l’arcivescovo, che “la risoluzione di convocare un Concilio nacque nell’animo di Giovanni
XXIII dal constatare la grave crisi che il decadimento dei valori morali e spirituali
aveva causato nella società contemporanea”. E certo il Vaticano II - osserva l’arcivescovo
Marchetto - “ha perseguito un aggiornamento che voleva essere non rottura con il passato
o contrapposizione di momenti storici ma crescita e perfezionamento del bene in atto
nella Chiesa”. Dunque “Non si può ammettere” una “interpretazione semplicistica”,
dei documenti conciliari “che presenti il magno Sinodo stesso come luogo di scontro
tra ‘conservatori’ e ‘progressisti’”. A tale proposito, rammenta mons. Marchetto,
con quale “tenacia e pazienza Paolo VI si adoperò affinché i problemi, mediante il
dibattito sereno ed approfondito, fossero chiariti e si potesse raggiungere la maggioranza
più larga possibile.” “Un lavoro lungo e difficile, che procurò al mite e paziente
Pontefice tanta amarezza e sofferenza”, da essere appellato ‘il martire del Concilio’.
Conclusa l’assise inizia l’attuazione. “Un periodo decisivo e oltremodo delicato”,
spiega mons. Marchetto, poiché “nel susseguirsi di cambiamenti e di nuovi orientamenti”
si ebbero “tentativi di ritorno indietro o di fughe in avanti”. “Ciascuno tendeva
(ed è vero anche oggi)” – ha osservato mons. Marchetto – a prendere “quanto collimava
con la propria visione, o, peggio, ‘ideologia’”, senza accettare l’insieme del corpus
dei testi conciliari. Occorre invece comprendere – conclude l’arcivescovo Marchetto
– che il Vaticano II “sancì uno sviluppo teologico già avvenuto e lo tradusse in approccio
pastorale, in risposta alle esigenze dei tempi, nella continuità della dottrina”.