A Barcellona la Giornata mondiale dei donatori di sangue 2010, guardando al fabbisogno
dei Paesi poveri
Dal 2005, il 14 giugno di ogni anno si festeggia, in Italia e nel mondo, la Giornata
mondiale del donatore di sangue, un’occasione per celebrare e ringraziare i milioni
di donatori volontari di sangue che con il loro atto generoso, responsabile e consapevole
permettono di assicurare le terapie trasfusionali a tutti i pazienti che necessitano
di tali trattamenti. Il servizio di Davide Dionisi:
“New
blood for the world”. E’ questo lo slogan scelto per l’edizione 2010 della Giornata
mondiale del donatore di sangue, che quest’anno si tiene a Barcellona. Lo scopo è
quello di ringraziare i donatori e di sensibilizzare la cittadinanza alla donazione
del sangue, soprattutto nei Paesi poveri che non hanno ancora raggiunto l’autosufficienza
per sangue ed emocomponenti, sottolineando il contributo dei donatori ai sistemi sanitari
nazionali e lo stretto legame esistente tra la donazione volontaria e la qualità
del sangue in termini di sicurezza. In Italia, sono un milione e 600 mila i donatori,
ovvero il 4 per cento circa della fascia che va dai 18 ai i 65 anni. Un dato ancora
insufficiente per esaudire una domanda sempre crescente. Che cosa fare per aumentare
il numero e soprattutto la frequenza delle donazioni? Lo abbiamo chiesto a Gloria
Pravatà, direttore Comunicazione e formazione Centro nazionale sangue dell’Istituto
Superiore di Sanità:
R. - Noi come Centro
nazionale, in collaborazione ovviamente con le associazioni di volontariato, tentiamo
di mantenere sempre i riflettori accesi su questo tema, in particolare sensibilizzando
i giovani: cerchiamo di coinvolgerli con dei linguaggi e dei mezzi che siano adeguati
per riscuotere la loro attenzione, tanto è vero che stiamo anche ideando delle campagne
sui social network, piuttosto che in luoghi deputati all’intrattenimento, ma non per
questo non idonei ad essere utilizzati per parlare di argomenti importanti come quello
di diventare donatore di sangue o perché si facciano almeno promotori ed ambasciatori
di questo messaggio di solidarietà.
D. – Donazione ha
da sempre fatto rima con responsabilità, solidarietà, consapevolezza, conoscenza,
informazione e partecipazione. Quale è il ruolo che i giovani si sono ritagliati in
questo settore?
R. - E’ un ruolo che noi riteniamo ancora
troppo marginale, perché è vero che c’è una grande vivacità nel settore del volontariato
e della partecipazione sociale. Nel caso, però, della donazione di sangue ci sono
ancora troppi freni emotivi e, quindi, noi ci aspettiamo dai giovani, in virtù del
fatto che i dati demografici ci dicono che nei prossimi anni ci sarà un calo della
fascia giovanile, che aumentino le adesioni vincendo la paura e seguendo anche gli
esempi di altre nazioni, dove i dati ci dicono che sono molto più numerosi.
D.
– Come ogni anno con l'arrivo dell'estate la carenza di sangue negli ospedali italiani
si fa sentire sempre di più, al punto che si torna a parlare di vera emergenza…
R.
- Il tema dell’emergenza è anche, se vogliamo, un richiamo mediatico. Dobbiamo dire,
però, che grazie ad un sistema di compensazione e di programmazione delle scorte si
riesce in qualche modo a tamponare la carenza alle volte strutturale di alcune regioni,
come ad esempio la Sardegna, una regione che avendo tanti malati di talassemia impossibilitati
a donare ma anzi costretti a ricevere il sangue, non può essere autosufficiente. Ci
sono poi delle altre regioni, come l’Emilia Romagna che è una regione molto generosa
sotto questo punto di vista e dove non esiste emergenza, se non in qualche momento
per un maggior assorbimento di sacche, dovuto anche alla chirurgia e alla medicina
dell’eccellenza, che non dobbiamo dimenticare ha bisogno di molto sangue. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)