La Chiesa ha due nuovi Beati: il primo laico giornalista spagnolo, Manuel Lozano Garrido,
e un martire sloveno, Alojzij Grodze
La Chiesa slovena ha da oggi un giovane martire elevato agli onori degli altari, il
Beato Alojzij Grodze. E’ stato il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone,
a presiedere il rito nella città di Celje, al culmine del Congresso eucaristico nazionale
sloveno. Ieri sera a Linares, in Spagna, era stato l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto
della Congregazione delle Cause dei Santi a beatificare il primo laico giornalista
spagnolo, Manuel Lozano Garrido. Su due avvenimenti, il servizio di Alessandro
De Carolis:
Morire
atrocemente a nemmeno 20 anni, senza nessun’altra “colpa” che l’essere un cristiano
con la schiena dritta, che si rifiuta di mentire per salvarsi la vita e che porta
in tasca il Messale in latino, la “Sequela di Cristo” di Tommaso da Kempis e alcuni
santini con la Madonna di Fatima. E’ tutto ciò che trovano indosso a Alojzij Grodze,
in quel triste gennaio del 1943, i partigiani che lo bloccano, interrogano, torturano
e poi finiscono brutalmente, buttandone via il corpo. Muore in questo modo il ragazzo,
da sempre devoto della Madonna e convinto del ruolo che l’Azione cattolica, in cui
milita, può giocare nella società. Muore a Mirna, un villaggio che è uno dei tanti
focolai dove l’odio dei miliziani che combattono il nazifascismo trova sfogo anche
contro nemici “inventati”. Ma Alojzij Grodze era anche un grande devoto dell’Eucaristia,
che chiamava “il sole della mia vita”. Lo ha ricordato il cardinale Bertone nell’omelia
della Messa di Beatificazione celebrata allo stadio di Celje. “Guardando bene
– ha proseguito – alla storia della Chiesa in Slovenia, in particolare alle violente
persecuzioni che ha subito nell’ultimo secolo – pensiamo ai periodi dell’occupazione
straniera, della guerra civile e del regime ateo – vediamo come l’Eucaristia sia stata,
per il popolo di Dio, il principale punto di riferimento dove trovare sostegno, forza
e consolazione”.
Una storia di fede che non è cambiata.
“Dalla Santa Messa – ha affermato il cardinale Bertone – anche la Chiesa pellegrina
in Slovenia attinge ispirazione e forza per poter testimoniare efficacemente la fede
nel mondo scristianizzato di oggi”. E attraverso il Congresso eucaristico celebrato
in Slovenia, ha concluso il cardinale Bertone, “ogni cristiano è richiamato ad una
rinnovata fedeltà alla partecipazione domenicale all’Eucaristia”, fonte “di sempre
nuove energie per un generoso esercizio della carità e della solidarietà con quanti
sono nel bisogno”.
Per Manuel Lozano Garrido, il martirio
è stato invece quello di una inesorabile malattia invalidante. Mons. Angelo Amato,
che ieri sera a Linares ha proclamato Beato questa importante figura di intellettuale
spagnolo, primo giornalista a salire agli altari, ha rammentato la paralisi che minò
il fisico del giovane Manuel, che da ragazzo dinamico, pronto a portare di nascosto
l’Eucaristia a gruppi di fedeli durante la persecuzione religiosa in Spagna, si trova
a vivere “il martirio dell’immobilità”, cui più tardi si aggiunge la cecità completa.
Una prova tremenda che non spegne né il sorriso, né la fede, né la voglia di lavorare
in colui che tutti familiarmente chiamano “Lolo”. “Il suo sacrificio era ora completo”,
ha detto mons. Amato all’omelia di Beatificazione. “Lolo diventa il sacramento del
dolore, come lo definì un sacerdote, convertendo la sua sofferenza in azione missionaria.
Anche se ascoltava il battito del mondo, ormai non vedeva altro che Dio”. E “da questa
scuola di dolore e di fede – ha osservato ancora – attinse la forza per scrivere nove
libri e più di trecento articoli, apparsi in riviste e giornali nazionali e locali”,
molti dei quali sono un distillato di sapienza cristiana.
“I
santi – ha concluso mons. Amato – si formano sull’incudine dell’immolazione. Il dolore
è una chiamata per tutti ad alzare lo sguardo al cielo, da dove viene il nostro aiuto.
In una società edonistica come la nostra, che non vede il dolore e non lo sa valutare,
il Beato Lolo ci invita ad aprire gli occhi e a vedere le mille sofferenze del nostro
prossimo” e “ci invita a dare amore, perché Dio ha un solo nome, che è Amore”.