I benefici già visibili dell'Anno Sacerdotale: il commento di don Massimo Camisasca
Nessuno potrà mai misurare i benefici dell’Anno sacerdotale, ma certamente se ne vedono
già i frutti e ancor più se vedranno. Sono le parole del Papa all’Angelus odierno.
Dunque quali sono questi frutti già visibili? Isabella Piro lo ha chiesto a
mons. Massimo Camisasca superiore generale della "Fraternità Sacerdotale dei
Missionari di San Carlo Borromeo" ed autore del libro “Padre. Ci saranno ancora sacerdoti
nel futuro della Chiesa?”, edito dalla San Paolo:
R.
– Io penso che da quest’Anno Sacerdotale sia venuto un invito a tutti i preti a riscoprire
la loro vocazione, a riscoprirne soprattutto le radici che sono il silenzio, la preghiera,
la liturgia, l’affidamento a Dio, cioè quel luogo di rapporto con il mistero, che
diventa la fonte del nostro andare verso gli uomini.
D.
– Indubbiamente, quest’Anno Sacerdotale è stato segnato da una particolare tensione
mediatica. Quale insegnamento può ricavare la Chiesa da questi avvenimenti?
R.
– Io penso che Dio voglia dire alla Chiesa: sii fedele alla tua missione. Riscopri
il significato della tua presenza nel mondo. Non percorrere le strade del mondo, le
strade del carrierismo e soprattutto le strade dei facili “accondiscendimenti” al
potere mondano.
D. – Quali caratteristiche deve avere
il sacerdote del Terzo millennio, anche per confrontarsi con la realtà quotidiana?
R.
– Riscoprire la verità della loro missione, di non farsi seguaci del mondo, ma seguaci
di Dio. Penso che il sacerdote abbia nel breviario, nella celebrazione liturgica,
nella compagnia con i propri fratelli sacerdoti, con i laici più maturi, nell’amicizia
con loro, delle strade fondamentali di radicamento in una verità vissuta.
D.
– In che modo Benedetto XVI rappresenta un modello per i sacerdoti?
R.
– Soprattutto attraverso la sua predicazione, che è una predicazione molto semplice,
elementare e profonda, nello stesso tempo. Con questo “elementare” non voglio dire
superficiale, anzi all’opposto: voglio dire che essa si ferma su ciò che costituisce
il cuore del cristianesimo. In questo senso io trovo molto pertinente il parallelo
che è stato fatto da taluni fra Benedetto XVI e i grandi Padri della Chiesa, anche
della Chiesa latina, come Leone Magno e Gregorio Magno.
D.
- Sul fronte delle vocazioni, quest’Anno Sacerdotale ha contribuito ad accrescerne
il numero?
R. – Non so se questo sia avvenuto o possa
avvenire così immediatamente, perché certamente il tema del calo delle vocazioni è
un tema che riguarda in profondità tutta la Chiesa, riguarda certamente l’esiguità
dei figli nelle famiglie cristiane, riguarda la testimonianza dei sacerdoti, riguarda
anche la presenza di formatori, ma non perché si debbano trovare dei sacerdoti formatori
specialisti, ma perché si debbano trovare piuttosto dei sacerdoti maturi, adulti,
convinti, lieti, appassionati, che, in questo modo, diventeranno dei formatori autentici.
D.
– Per i fedeli, a suo parere, cosa ha significato quest’Anno Sacerdotale?
R.
– Penso che abbia significato questo: l’importanza fondamentale dei sacerdoti nella
vita della Chiesa. Non c’è cristianesimo senza sacramenti e non ci sono i sacramenti
senza dei sacerdoti che li celebrano, senza dei sacerdoti che dicano “Io ti perdono”,
senza dei sacerdoti che dicano “Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue”. Veramente
nel sacerdozio vi è racchiuso uno dei misteri più profondi di tutto il cristianesimo,
il fatto che Dio ha voluto, per raggiungere gli uomini, servirsi di altri uomini.
D.
– Benedetto XVI ha detto “La Chiesa ha bisogno di sacerdoti santi”. I sacerdoti come
possono arrivare a questa santità?
R. – Attraverso il
loro ministero. Lavorare per Cristo è il nostro modo per imparare l’amore di Cristo
e per renderci anche degni del suo amore.