Kirghizistan: il governo provvisorio chiede l'intervento russo per sedare le rivolte
Il presidente ad interim del Kirghizistan, Roza Otunbayeva, ha chiesto alla
Russia l’invio di truppe per arginare le rivolte scoppiate nel sud del Paese, che
finora hanno causato almeno 50 morti e circa 700 feriti. Nel paese vige sempre lo
stato d’emergenza e il coprifuoco. Il servizio di Eugenio Bonanata:
La
situazione è fuori controllo. Per questo, la presidenza provvisoria del Paese ha inviato
una richiesta formale di aiuto al Cremlino. Servono truppe straniere per riportare
l’ordine. Non c’è alcuna soluzione alternativa, dopo due giorni di vera e propria
guerriglia nella città meridionale di Osh. E non si tratterebbe solo di scontri interetnici
tra uzbeki e kirghizi. Le autorità locali hanno sollevato la matrice politica. Sotto
accusa i sostenitori dell’ex presidente, Bakiev, deposto lo scorso mese di aprile
e costretto alla fuga in Bielorussia, che avrebbero provocato la rivolta con il solo
obiettivo di far saltare il referendum sulla nuova Costituzione in programma il prossimo
27 giugno. Intanto, un portavoce degli uzbeki ha chiesto l’apertura di un corridoio
umanitario per consentire il passaggio di migliaia di persone, che intendono rifugiarsi
in Uzbekistan. In attesa di nuovi sviluppi, nella seconda città del Paese la tensione
resta alta, nonostante lo stato d’emergenza e il coprifuoco imposto nelle ore notturne.
Testimoni stamattina hanno riferito di case e strade ancora in fiamme, mentre in nottata
sono stati uditi colpi d’arma da fuoco. Volontari, poliziotti e militari in pensione
richiamati in tutta fretta e dispiegati nell’area sono ormai allo stremo. Un responsabile
governativo ha agitato lo spettro della guerra civile, chiedendo rinforzi immediati.
Elezioni
in Slovacchia
Urne aperte oggi in Slovacchia per le elezioni legislative.
Circa 4,5 milioni di elettori sono chiamati al voto per il rinnovo dei 150 seggi del
parlamento unicamerale. Secondo i sondaggi, favorito è il Partito socialdemocratico
Smer del premier, Robert Fico, nonostante un sostanziale calo di consensi negli ultimi
giorni.
Elezioni in Belgio
Otto milioni di belgi
saranno chiamati domani alle urne per le elezioni politiche. Il test elettorale risulta
quanto mai decisivo per il futuro del Paese: arriva infatti dopo tre anni di paralisi
istituzionale causata dall’incapacità dei diversi governi di coalizione che si sono
succeduti di trovare una soluzione circa la controversa questione dell’autonomia delle
regioni fiamminghe. Per saperne di più ascoltiamo il servizio di Marco Guerra:
I
fantasmi di un Paese sempre più spaccato tra francofoni e fiamminghi prendono forma
con i sondaggi della vigilia elettorale che danno in forte crescita, con il 25% dei
suffragi, il Partito nazionalista fiammingha di Bart De Wever, che mira allo smantellamento
dello Stato federale e la creazione di una regione delle Fiandre, il più possibile
autonoma. I Liberali fiamminghi che hanno provocato la caduta del governo rimangano
al palo con appena il 13%. Previsto un crollo per i cristiano democratici del premier
uscente, Yves Leterme, dati al 19%. A fare blocco contro i propositi separatisti,
restano quindi i socialisti francofoni, guidati Elio Di Rupo, che in Vallonia i sondaggi
danno in testa con oltre 30%. Quel che è certo, è che i tempi per la formazione di
un nuovo governo saranno lunghi e con difficili negoziati non solo tra partiti ma
tra comunità linguistiche diverse. Il complesso sistema politico belga prevede che
il governo sia una coalizione formata dai vincitori rispettivamente nelle Fiandre,
in Vallonia e a Bruxelles, e che il premier sia una personalità che raccolga su di
sé il massimo consenso possibile tra francofoni e fiamminghi. La missione sembra impossibile
alla luce del fallimento dei governi che si sono susseguiti dopo le elezioni del 2007.
E in queste ultime ore si moltiplicano gli appelli di personalità del mondo dell’economia
della cultura ad evitare che si arrivi davvero a minacciare la coesione dello Stato
belga.
Messico
Messico di nuovo colpito
dall’orrore della guerra tra i cartelli della droga. Almeno 40 persone sono state
barbaramente uccise ieri, in due stragi diverse. Nel primo caso, una trentina di uomini
incappucciati e armati ha fatto irruzione in un centro di recupero per tossicodipendenti,
al confine con gli Stati Uniti, e ha aperto il fuoco. Qualche ora dopo, durante la
prima partita dei Mondiali di calcio, Messico-Sudafrica, nello Stato di Taumalipas
sono state uccise almeno altre 20 persone.
Usa: inondazioni
È
di almeno 16 morti e 30 dispersi il bilancio delle piogge torrenziali che hanno flagellato
lo Stato americano dell’Arkansas. Le inondazioni hanno fatto straripare il fiume Little
Missouri, che ha travolto un campeggio.
Marea nera
La
fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico e la gestione della crisi da parte della
Bp saranno al centro della conversazione telefonica, oggi pomeriggio, tra il premier
britannico, David Cameron, e il presidente americano, Barack Obama. Il capo della
Casa Bianca sarà lunedì e martedì prossimo negli Stati di Mississippi, Alabama e Florida.
Mercoledì incontrerà invece i vertici dell’azienda petrolifera britannica, responsabile
della peggior catastrofe ecologica degli Stati Uniti.
Afghanistan
Non
si ferma la violenza in Afghanistan. Oggi, un militare della Forza internazionale
di assistenza alla sicurezza è morto nell’esplosione di un rudimentale ordigno. Ieri,
tre soldati della Nato e 11 civili, fra cui donne e bambini, hanno perso la vita in
due differenti attentati condotti nel sud del Paese. La Nato, intanto, ha ammesso
che i progressi sono lenti, ma il segretario di Stato americano alla Difesa, Robert
Gates, ha lanciato agli alleati un appello alla pazienza.
Iran
Cresce
il pericolo di nuove violenze in Iran in occasione del primo anniversario della rielezione
del presidente, Mahmud Ahmadinejad. I principali leader dell’opposizione, Hossein
Moussavi e Mehdi Karoubi, hanno dichiarato che non prenderanno parte alle proteste
per la mancanza di sicurezza nel Paese, dove imponenti sono le misure di sicurezza.
Un anno fa, milioni di persone scesero nelle strade per chiedere democrazia e rispetto
dei diritti umani. La repressione delle forze di sicurezza fu durissima: i morti furono
oltre cento, migliaia di persone furono arrestate. Intanto, il presidente iraniano
Ahmadinejad è tornato a sfidare la comunità internazionale affermando che l'Iran continuerà
a produrre uranio arricchito al 20%, mentre il capo dell'Organizzazione per l'energia
atomica nazionale ha detto che presto saranno annunciati “nuovi progressi in campo
nucleare”.
Mondiali di calcio
Con un trionfo
di colori e suoni, alle 14.10 di ieri pomeriggio ha preso il via al “Soccer City”
di Johannesburg la cerimonia inaugurale dei Mondiali di calcio 2010 in Sudafrica,
che vedrà 32 nazioni in gara. Assente alla manifestazione Nelson Mandela per un lutto
familiare. Il calcio d’inizio tra Sudafrica e Messico, poco dopo le 16 davanti ad
oltre 85 mila spettatori. Massimiliano Menichetti:
Il
giallo e il verde dei padroni di casa e il rosso incessante della terra, fusi nei
colori di 32 nazioni insieme al ritmo dei tamburi. E’ stato il respiro della grande
Africa a salutare l’apertura dei Mondiali di calcio 2010 ieri pomeriggio, al Soccer
City Stadium di Johannesburg, davanti a 85 mila persone testimoni di un vero e proprio
evento storico: il primo campionato del mondo di calcio nel Continente nero. In tribuna,
il presidente sudafricano, Zuma, e quello della Fifa, Blatter. Sui maxischermi il
volto e la voce registrata di Nelson Mandela, assente per la morte della nipote tredicenne,
avvenuto in un incidente stradale la notte prima. Un saluto, quello dell’ex presidente,
che si è come mescolato al dolore di questa terra spesso martoriata da guerre e sfruttamento.
Poi di nuovo le ovazioni e tra l’assordante suono delle “vuvuzela” e delle note di
Miriam Makeba il prato dello stadio ha preso vita nelle sgargianti coreografie. Si
è animato un baobab capace di abbracciare le bandiere di tutti i Paesi partecipanti
al torneo e poi ancora figure, balli e danze. 40 minuti, tanto è durato lo spettacolo
di apertura chiuso dalle evoluzioni di cinque caccia militari. Poco dopo le 16 il
calcio di inizio tra Sudafrica e Messico. Uno a uno il primo risultato ma l’Africa
grida la speranza e la festa scolpita anche nel pallone ufficiale del torneo, lo “jabulani”,
che in dialetto isiZulu significa, appunto, “festeggiare”.
Birmania
La
giunta militare birmana ha negato l’esistenza di qualsiasi cooperazione nucleare con
la Corea del Nord. L’accusa è stata lanciata da un servizio della tv “Voce democratica
della Birmania”, con base in Norvegia, che ha riferito presunte rivelazioni di un
ufficiale di Pyongyang fuggito in Thailandia.
Giappone
Il
Giappone deve scuotersi “dai lunghi anni di paure” legati “alla crescita economica
anemica, all’esplosione del debito pubblico e al calo della fiducia sulla sostenibilità
del sistema di sicurezza sociale del Paese”. Così ieri il neo premier, Naoto Kan,
illustrando le linee programmatiche del governo. Kan vuole anzitutto far leva sulle
sfide economiche, fiscali e del welfare, da usare come catalizzatori per creare nuova
occupazione.(Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 163
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