Iran: si temono violenze ad un anno dalla rielezione di Ahmadinejad
Cresce il pericolo di nuove violenze in Iran in occasione del primo anniversario della
rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad. I principali leader dell’opposizione,
Hossein Moussavi e Mehdi Karoubi, hanno tuttavia dichiarato che non prenderanno parte
alle proteste per la mancanza di sicurezza nel Paese. Intanto, da Pechino il presidente
iraniano Ahmadinejad torna a sfidare la comunità internazionale dopo le nuove sanzioni
dell'Onu. Su questa complessa situazione internazionale, Stefano Leszczynski ha intervistato
Antonello Sacchetti, giornalista esperto di questioni iraniane: R.
- L’opposizione si prepara a scendere in piazza, anche se in realtà il permesso è
stato negato dalle autorità. Le ultime notizie davano anche un ripensamento da parte
di Moussavi e Karoubi. E’ poco probabile al momento che ci saranno cortei o grandi
assembramenti, proprio perché - ricordiamolo - in questi ultimi giorni la repressione
si è abbattuta in modo molto violento. Ogni volta che ci sono state occasioni di questo
tipo, in genere si sono anche concentrate delle esecuzioni capitali. E’ una sorta
di avvertimento, di monito rivolto alla popolazione. D.
- Non c’è, quindi, la possibilità che le sanzioni che sono state adottate dalla Comunità
internazionale contro l’Iran risveglino un forte clima anti-Ahmadinejad, almeno senza
la presenza di una leadership politica… R.
- Queste sanzioni non vanno che ad aggravare la situazione economica interna iraniana,
mentre dal punto di vista politico rafforzano Ahmadinejad, non lo indeboliscono. In
questi giorni si è parlato soprattutto di questo e quindi l’attenzione sulla situazione
interna è andata per forza di cose scemando. D.
- Allo stesso tempo, però, spicca in questo contesto l’atteggiamento un po’ ondivago
della Russia che, da un lato, si è dimostrata morbida per quanto riguarda il discorso
delle sanzioni e allo stesso tempo, ha confermato la consegna dei missili che erano
stati ordinati da Teheran…. R. - Questo
è una specie di valzer geopolitico. Abbiamo visto Russia e Cina votare a favore delle
sanzioni e quindi - diciamo - con una posizione anti iraniana, mentre fino a qualche
mese fa erano gli "amici migliori" dell’Iran. Hanno votato, invece, contro le sanzioni
un membro della Nato come la Turchia, che è storicamente un rivale dell’Iran, e il
Brasile. In gioco ci sono tante cose. Nella posizione della Russia c’è sicuramente
una rivalità con l’Iran da un punto di vista energetico: tutto passa attraverso una
serie di accordi riguardo ai nuovi gasdotti che sono in fase di realizzazione e in
cui la Turchia sta cercando un accordo strategico con l’Iran. In questo l’asse turco-iraniano
sarebbe competitivo nei confronti della Russia e questo la Russia non lo vede di buon
occhio. Dall’altra parte, però, è anche vero che la Russia non può nemmeno per ragioni
strategiche accettare al cento per cento di appiattirsi su una posizione americana. E
il premier russo Vladimir Putin, in visita a Parigi, frena sulla consegna all’Iran
dei missili S-300, che Teheran chiede, nonostante le nuove sanzioni dell'Onu. A riferire
che la consegna è stata ''congelata'' è stato lo stesso Sarkozy, congratulandosi con
il Cremlino per la coraggiosa decisione. Da Parigi, Francesca Pierantozzi: