Aperto il triduo per la conclusione dell'Anno Sacerdotale: oggi la veglia con il Papa
in Piazza San Pietro
Sono iniziate ieri le celebrazioni per la chiusura dell’Anno Sacerdotale indetto da
Benedetto XVI il 19 giugno 2009 in occasione del 150.mo anniversario della morte del
Santo Curato D’Ars. Si tratta di un triduo di liturgie, riflessioni e testimonianze
che avranno come culmine due eventi principali: questa sera alle 20.30 la veglia dei
sacerdoti con il Santo Padre in Piazza San Pietro. Domani, 11 giugno, Solennità del
Sacratissimo Cuore di Gesù, la Messa conclusiva presieduta dal Papa, alle 10.00, sul
Sagrato della Basilica Vaticana. Presenti questi giorni oltre 12 mila presbiteri,
provenienti da tutto il mondo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Le
celebrazioni conclusive dell'Anno Sacerdotale si sono aperte nella Basilica di San
Paolo Fuori le Mura con la meditazione dell’arcivescovo di Colonia, cardinale Joachim
Meisner, seguita in videoconferenza dai presbiteri riuniti nella Basilica Lateranense.
Affrontando il tema “Conversione e missione”, il porporato ha ricordato che nel confessionale
“il sacerdote può gettare lo sguardo nei cuori di molte persone”. Il cammino dalla
conversione alla missione – ha aggiunto - è sigillato dal passaggio “da un lato all’altro
della grata del confessionale, dalla parte del penitente a quella del confessore”.
La perdita del Sacramento della Riconciliazione è “la radice di molti mali nella vita
della Chiesa e del sacerdote”. Il peccato - ha osservato il porporato - è l’ostacolo
maggiore per consentire a Cristo di essere percepito attraverso i presbiteri. L’amore
più forte che supera questo ostacolo – ha spiegato il cardinale Meisner - è il perdono.
“Confessarsi – ha detto l’arcivescovo di Colonia - significa ricominciare a credere
e allo stesso tempo cominciare a scoprire che fino ad ora non ci siamo fidati abbastanza
profondamente e che, per questo, si deve chiedere perdono”.
Sempre
ieri nella Basilica Ostiense, il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione
per il Clero, ha poi presieduto la Santa Messa. Nell’omelia il porporato ha sottolineato
che il presbitero è un “discepolo di Gesù” e i destinatari della sua missione sono
in particolare i poveri, “i prediletti di Dio” che hanno bisogno di “sentire la vicinanza
della Chiesa, sia nell’aiuto per le necessità più urgenti” sia nella promozione di
una società “fondata sulla giustizia e sulla pace”. Nella società attuale – ha ricordato
il cardinale Cláudio Hummes - sono ancora centinaia di milioni coloro che sono costretti
a vivere in estrema povertà e nella fame. Sono loro che hanno “il diritto di ricevere
la buona notizia che Dio è un Padre che li ama senza riserve”. Rievocando le parole
del Papa nell’Enciclica “Deus caritas est”, il porporato ha sottolineato che il vescovo,
formato ad immagine del Buon Pastore, deve essere particolarmente attento “a offrire
il balsamo divino della fede, senza trascurare il pane materiale”. Sulla missione
del sacerdote, il cardinale Cláudio Hummes ha quindi aggiunto:
“Questa
è una vocazione ed una missione di altissimo significato e di enorme responsabilità,
per le quali dobbiamo sempre di nuovo prostrarci, con grande umiltà, davanti al Signore
come uomini indegni e incapaci da soli, ma fiduciosi e lieti nella grazia potente
di Dio, che ci ha fatto suoi strumenti e ministri”.
Il
presbitero – ha osservato il prefetto della Congregazione per il Clero – trova i mezzi
per vivere e attuare la propria missione nella Parola di Dio, “indispensabile per
approfondire l’adesione a Gesù Cristo”, nell’Eucaristia “centro e apice della vita
della Chiesa” e nella preghiera, “respiro dello Spirito Santo” nel sacerdote. “Non
bisogna mai soffocare questo respiro”, essenziale per la vita spirituale del presbitero.
Il gran numero di sacerdoti accorsi a Roma per i giorni conclusivi dell’Anno Sacerdotale,
ha determinato poi l’esigenza di una Celebrazione Eucaristica anche
nella Basilica di San Giovanni in Laterano, tenutasi in contemporanea con quella nella
Basilica Ostiene. L’omelia del cardinale Cláudio Hummes è stata letta dall’arcivescovo
Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero. Il presule, accogliendo
i presbiteri, ha ricordato che “tutto è cominciato oltre duemila anni fa, con dodici
pescatori di Galilea che, totalmente rapiti dal Signore e abbandonati alla Sua Divina
Volontà, hanno cambiato definitivamente il corso della storia”. Ognuno dei 400 mila
sacerdoti sparsi nel mondo è chiamato a rinnovare quella missione.
Il
grande obiettivo dell’Anno Sacerdotale è stato di rinnovare in ognuno dei presbiteri
la coscienza e l’attuazione concreta della propria identità per riprendere in forma
rinnovata la missione evangelica. E’ quanto sottolinea mons. Bruno Forte, arcivescovo
metropolita di Chieti-Vasto, intervistato da Federico Piana:
R.
- Nella Chiesa e in Italia, in modo particolare, la risposta è stata intensa, soprattutto
attraverso iniziative di accompagnamento nel cammino di fede e di santificazione di
sacerdoti e attraverso iniziative di pastorale vocazionale. Vorrei anche dire che
in una lettura di fede anche questi mesi difficili segnati dalla dolorosissima denuncia
dei casi di pedofilia - che il Papa stesso ha fatto propria chiamando la Chiesa a
conversione e rinnovamento - paradossalmente rientra nella grazia dell’Anno Sacerdotale
perché sta venendo fuori il volto di una Chiesa coraggiosa nella riforma. Una Chiesa
coraggiosa secondo lo spirito di quello che lo stesso Joseph Ratzinger, 40 anni fa,
nel suo libro “Il nuovo popolo di Dio” definiva rinnovamento autentico della Chiesa.
Diceva: “Il rinnovamento non è una operazione di cambiamento strutturale dell’una
o dell’altra cosa, il rinnovamento è il ritorno alla fraternità di Gesù Cristo, cioè
la conversione del cuore”. Su questa strada il Papa sta indirizzando decisamente la
Chiesa, anche la vita sacerdotale, e questo certamente è una grazia dell’Anno Sacerdotale
che porterà frutti di bellezza e di nuovo slancio.
D. – Un
consiglio, mons. Forte, per non dimenticare questi frutti e per non perderli…
R.
– Per i sacerdoti di essere consapevoli del dono ricevuto e di rinnovare ogni giorno
con nuovo slancio il “sì” della propria risposta. Ai fedeli laici di scoprire la bellezza
e la grazia, o di riscoprirla, del dono dei sacerdoti nella loro vita. Per i giovani
la sfida è di pensare a questa possibilità di una vita donata per amore, soltanto
per amore, nella sequela di Gesù per la gloria di Dio e il bene dei fratelli.
Quale
bilancio possiamo tracciare a conclusione dell’Anno Sacerdotale anche dalla prospettiva
dei fedeli laici? Federico Piana lo ha chiesto a Franco Miano, presidente dell’Azione
Cattolica Italiana:
R.
– Il bilancio è sicuramente positivo, perché l’Anno Sacerdotale non è stato una semplice
celebrazione. E’ stato particolarmente utile, da un lato per risvegliare nei sacerdoti
una spinta ad una maggiore riflessione su se stessi e sulla propria vocazione – anche
di questo c’è bisogno – e poi è stato molto importante, direi ancora di più, per i
laici. Anche per i laici c’è bisogno di riscoprire oggi il significato, il contributo
e il senso vivo del sacerdozio, del ruolo del presbitero in mezzo a noi. Credo che
per i laici sia stata anche l’occasione per ripensare a tante figure sacerdotali importanti,
non solo nella storia della Chiesa, ma anche per la propria vita.
D.
– Quali sono stati i frutti di questo Anno Sacerdotale?
R.
– Una più significativa riscoperta del ruolo del sacerdote. Quando si lavora su questo,
sono frutti significativi perché si riscoprono finalità, motivazioni. Si riscopre
il senso di un impegno e di un dono totale, quale è quello del sacerdote.
D.
– Come possono far risplendere i laici questi frutti dell’Anno Sacerdotale?
R.
– Credo che il primo modo per i laici di mettere a frutto il contributo dell’Anno
Sacerdotale sia quello di aiutare i sacerdoti ad essere se stessi. Non si devono chiedere
ai sacerdoti cose che non sono proprie dei presbiteri. Bisogna riuscire ad aiutare
i sacerdoti, specie nei compiti organizzativi, burocratici, per far sì che la figura
del presbitero possa risplendere per il suo ruolo proprio di persona che ci è a fianco,
che ci indica sempre le alte mete del Vangelo.