2010-06-10 12:20:05

Aperto il triduo per la conclusione dell'Anno Sacerdotale: oggi la veglia con il Papa in Piazza San Pietro


Sono iniziate ieri le celebrazioni per la chiusura dell’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI il 19 giugno 2009 in occasione del 150.mo anniversario della morte del Santo Curato D’Ars. Si tratta di un triduo di liturgie, riflessioni e testimonianze che avranno come culmine due eventi principali: questa sera alle 20.30 la veglia dei sacerdoti con il Santo Padre in Piazza San Pietro. Domani, 11 giugno, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, la Messa conclusiva presieduta dal Papa, alle 10.00, sul Sagrato della Basilica Vaticana. Presenti questi giorni oltre 12 mila presbiteri, provenienti da tutto il mondo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:RealAudioMP3





Le celebrazioni conclusive dell'Anno Sacerdotale si sono aperte nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura con la meditazione dell’arcivescovo di Colonia, cardinale Joachim Meisner, seguita in videoconferenza dai presbiteri riuniti nella Basilica Lateranense. Affrontando il tema “Conversione e missione”, il porporato ha ricordato che nel confessionale “il sacerdote può gettare lo sguardo nei cuori di molte persone”. Il cammino dalla conversione alla missione – ha aggiunto - è sigillato dal passaggio “da un lato all’altro della grata del confessionale, dalla parte del penitente a quella del confessore”. La perdita del Sacramento della Riconciliazione è “la radice di molti mali nella vita della Chiesa e del sacerdote”. Il peccato - ha osservato il porporato - è l’ostacolo maggiore per consentire a Cristo di essere percepito attraverso i presbiteri. L’amore più forte che supera questo ostacolo – ha spiegato il cardinale Meisner - è il perdono. “Confessarsi – ha detto l’arcivescovo di Colonia - significa ricominciare a credere e allo stesso tempo cominciare a scoprire che fino ad ora non ci siamo fidati abbastanza profondamente e che, per questo, si deve chiedere perdono”.

 

 

Sempre ieri nella Basilica Ostiense, il cardinale Cláudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, ha poi presieduto la Santa Messa. Nell’omelia il porporato ha sottolineato che il presbitero è un “discepolo di Gesù” e i destinatari della sua missione sono in particolare i poveri, “i prediletti di Dio” che hanno bisogno di “sentire la vicinanza della Chiesa, sia nell’aiuto per le necessità più urgenti” sia nella promozione di una società “fondata sulla giustizia e sulla pace”. Nella società attuale – ha ricordato il cardinale Cláudio Hummes - sono ancora centinaia di milioni coloro che sono costretti a vivere in estrema povertà e nella fame. Sono loro che hanno “il diritto di ricevere la buona notizia che Dio è un Padre che li ama senza riserve”. Rievocando le parole del Papa nell’Enciclica “Deus caritas est”, il porporato ha sottolineato che il vescovo, formato ad immagine del Buon Pastore, deve essere particolarmente attento “a offrire il balsamo divino della fede, senza trascurare il pane materiale”. Sulla missione del sacerdote, il cardinale Cláudio Hummes ha quindi aggiunto:

 

 

“Questa è una vocazione ed una missione di altissimo significato e di enorme responsabilità, per le quali dobbiamo sempre di nuovo prostrarci, con grande umiltà, davanti al Signore come uomini indegni e incapaci da soli, ma fiduciosi e lieti nella grazia potente di Dio, che ci ha fatto suoi strumenti e ministri”.

 

 

Il presbitero – ha osservato il prefetto della Congregazione per il Clero – trova i mezzi per vivere e attuare la propria missione nella Parola di Dio, “indispensabile per approfondire l’adesione a Gesù Cristo”, nell’Eucaristia “centro e apice della vita della Chiesa” e nella preghiera, “respiro dello Spirito Santo” nel sacerdote. “Non bisogna mai soffocare questo respiro”, essenziale per la vita spirituale del presbitero. Il gran numero di sacerdoti accorsi a Roma per i giorni conclusivi dell’Anno Sacerdotale, ha determinato poi l’esigenza di una Celebrazione Eucaristica anche nella Basilica di San Giovanni in Laterano, tenutasi in contemporanea con quella nella Basilica Ostiene. L’omelia del cardinale Cláudio Hummes è stata letta dall’arcivescovo Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il Clero. Il presule, accogliendo i presbiteri, ha ricordato che “tutto è cominciato oltre duemila anni fa, con dodici pescatori di Galilea che, totalmente rapiti dal Signore e abbandonati alla Sua Divina Volontà, hanno cambiato definitivamente il corso della storia”. Ognuno dei 400 mila sacerdoti sparsi nel mondo è chiamato a rinnovare quella missione.





Il grande obiettivo dell’Anno Sacerdotale è stato di rinnovare in ognuno dei presbiteri la coscienza e l’attuazione concreta della propria identità per riprendere in forma rinnovata la missione evangelica. E’ quanto sottolinea mons. Bruno Forte, arcivescovo metropolita di Chieti-Vasto, intervistato da Federico Piana: RealAudioMP3



R. - Nella Chiesa e in Italia, in modo particolare, la risposta è stata intensa, soprattutto attraverso iniziative di accompagnamento nel cammino di fede e di santificazione di sacerdoti e attraverso iniziative di pastorale vocazionale. Vorrei anche dire che in una lettura di fede anche questi mesi difficili segnati dalla dolorosissima denuncia dei casi di pedofilia - che il Papa stesso ha fatto propria chiamando la Chiesa a conversione e rinnovamento - paradossalmente rientra nella grazia dell’Anno Sacerdotale perché sta venendo fuori il volto di una Chiesa coraggiosa nella riforma. Una Chiesa coraggiosa secondo lo spirito di quello che lo stesso Joseph Ratzinger, 40 anni fa, nel suo libro “Il nuovo popolo di Dio” definiva rinnovamento autentico della Chiesa. Diceva: “Il rinnovamento non è una operazione di cambiamento strutturale dell’una o dell’altra cosa, il rinnovamento è il ritorno alla fraternità di Gesù Cristo, cioè la conversione del cuore”. Su questa strada il Papa sta indirizzando decisamente la Chiesa, anche la vita sacerdotale, e questo certamente è una grazia dell’Anno Sacerdotale che porterà frutti di bellezza e di nuovo slancio. 



D. – Un consiglio, mons. Forte, per non dimenticare questi frutti e per non perderli…

 

 

R. – Per i sacerdoti di essere consapevoli del dono ricevuto e di rinnovare ogni giorno con nuovo slancio il “sì” della propria risposta. Ai fedeli laici di scoprire la bellezza e la grazia, o di riscoprirla, del dono dei sacerdoti nella loro vita. Per i giovani la sfida è di pensare a questa possibilità di una vita donata per amore, soltanto per amore, nella sequela di Gesù per la gloria di Dio e il bene dei fratelli. 



Quale bilancio possiamo tracciare a conclusione dell’Anno Sacerdotale anche dalla prospettiva dei fedeli laici? Federico Piana lo ha chiesto a Franco Miano, presidente dell’Azione Cattolica Italiana: RealAudioMP3



R. – Il bilancio è sicuramente positivo, perché l’Anno Sacerdotale non è stato una semplice celebrazione. E’ stato particolarmente utile, da un lato per risvegliare nei sacerdoti una spinta ad una maggiore riflessione su se stessi e sulla propria vocazione – anche di questo c’è bisogno – e poi è stato molto importante, direi ancora di più, per i laici. Anche per i laici c’è bisogno di riscoprire oggi il significato, il contributo e il senso vivo del sacerdozio, del ruolo del presbitero in mezzo a noi. Credo che per i laici sia stata anche l’occasione per ripensare a tante figure sacerdotali importanti, non solo nella storia della Chiesa, ma anche per la propria vita.

 

 

D. – Quali sono stati i frutti di questo Anno Sacerdotale? 



R. – Una più significativa riscoperta del ruolo del sacerdote. Quando si lavora su questo, sono frutti significativi perché si riscoprono finalità, motivazioni. Si riscopre il senso di un impegno e di un dono totale, quale è quello del sacerdote.

 

 

D. – Come possono far risplendere i laici questi frutti dell’Anno Sacerdotale?

 

 

R. – Credo che il primo modo per i laici di mettere a frutto il contributo dell’Anno Sacerdotale sia quello di aiutare i sacerdoti ad essere se stessi. Non si devono chiedere ai sacerdoti cose che non sono proprie dei presbiteri. Bisogna riuscire ad aiutare i sacerdoti, specie nei compiti organizzativi, burocratici, per far sì che la figura del presbitero possa risplendere per il suo ruolo proprio di persona che ci è a fianco, che ci indica sempre le alte mete del Vangelo.








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