2010-06-09 14:39:28

Costa Rica: accese polemiche sul possibile referendum popolare sulle unioni gay


Il Tribunale supremo elettorale del Costa Rica ha deciso che è legale realizzare un referendum sulle unioni tra persone dello stesso sesso. Dunque, se l'Osservatorio cittadino, organizzazione che promuove la consultazione riuscirà - cosa ormai certa - a raccogliere poco meno di 140 mila firme (5% del corpo elettorale) il 5 dicembre prossimo i costaricensi saranno chiamati a dire "sì" o "no" alla domanda su questo tipo di unioni. L'iniziativa ha provocato fortissime polemiche nel Paese anzitutto perché alcuni ritengono che si tratta di una violazione dei diritti del Parlamento, che dal 2008 studia una proposta di legge sulla questione. La questione fondamentale in queste polemiche riguarda il meccanismo elettorale stesso, nel senso che alcuni ritengono che sia inaccettabile che il voto della maggioranza decida sui diritti delle minoranze e altri rilevano quanto sia pericoloso sottoporre al gioco del consenso popolare materie che rientrano nel delicato campo dei diritti umani, del diritto naturale e delle convinzioni religiose. C'è anche chi ritiene che una consultazione che pone domande su una questione di indubbia valenza etica nonché religiosa, oltre che sociale, metta a repentaglio la laicità dello Stato. Il presidente del Costa Rica, Laura Chinchilla, per ora non è entrata nelle polemiche ma poche settimane fa, nel corso della campagna presidenziale, ha dichiarato con riferimento alle unioni tra persone dello stesso sesso che "non si tratta di una priorità per il Paese". Ieri il presidente ha lanciato un invito a una “discussione rispettosa”, ricordando che non è conveniente “fare del riduzionismo in una questione così complessa”. Intanto la stampa locale appare molto divisa fra due schieramenti: da un lato coloro che sono contrari a questo tipo di unione, e come si legge nell'editoriale de "La Naciòn" di domenica scorsa, pensano che "nessuna confessione religiosa può essere obbligata ad accettarle se eventualmente vincesse la proposta di legalizzare queste unioni". Altri ritengono invece che le confessioni religiose sono tenute ad accettare senza limite il verdetto delle urne e dunque chiunque si comporti in modo discriminatorio nei confronti delle unione gay, eventualmente legalizzate col referendum, dovrebbe essere ritenuto colpevole di una violazione della legge. Da parte sua l'avvocato capo dell'Ufficio per la difesa dei diritti umani ha precisato di ritenere che il referendum sia "inopportuno, pericoloso per tutti e di per sé discriminatorio rispetto a tante altre minoranze della popolazione che vorrebbero sottoporre al popolo le proprie rivendicazioni”. Infine, una precisazione del Tribunale supremo elettorale ha ulteriormente complicato le cose, poiché ha detto che il risultato del referendum non comporta una decisione automatica sulla risoluzione del quesito poiché l’esito deve essere considerato all’interno del processo di discussione del progetto attualmente allo studio. La Chiesa cattolica intanto ha ribadito la sua posizione contraria a queste unioni e dunque il “no” dei cattolici è un dato da tenere presente nell’esito della consultazione. (A cura di Luis Badilla)










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