Costa Rica: accese polemiche sul possibile referendum popolare sulle unioni gay
Il Tribunale supremo elettorale del Costa Rica ha deciso che è legale realizzare un
referendum sulle unioni tra persone dello stesso sesso. Dunque, se l'Osservatorio
cittadino, organizzazione che promuove la consultazione riuscirà - cosa ormai certa
- a raccogliere poco meno di 140 mila firme (5% del corpo elettorale) il 5 dicembre
prossimo i costaricensi saranno chiamati a dire "sì" o "no" alla domanda su questo
tipo di unioni. L'iniziativa ha provocato fortissime polemiche nel Paese anzitutto
perché alcuni ritengono che si tratta di una violazione dei diritti del Parlamento,
che dal 2008 studia una proposta di legge sulla questione. La questione fondamentale
in queste polemiche riguarda il meccanismo elettorale stesso, nel senso che alcuni
ritengono che sia inaccettabile che il voto della maggioranza decida sui diritti delle
minoranze e altri rilevano quanto sia pericoloso sottoporre al gioco del consenso
popolare materie che rientrano nel delicato campo dei diritti umani, del diritto naturale
e delle convinzioni religiose. C'è anche chi ritiene che una consultazione che pone
domande su una questione di indubbia valenza etica nonché religiosa, oltre che sociale,
metta a repentaglio la laicità dello Stato. Il presidente del Costa Rica, Laura Chinchilla,
per ora non è entrata nelle polemiche ma poche settimane fa, nel corso della campagna
presidenziale, ha dichiarato con riferimento alle unioni tra persone dello stesso
sesso che "non si tratta di una priorità per il Paese". Ieri il presidente ha lanciato
un invito a una “discussione rispettosa”, ricordando che non è conveniente “fare del
riduzionismo in una questione così complessa”. Intanto la stampa locale appare molto
divisa fra due schieramenti: da un lato coloro che sono contrari a questo tipo di
unione, e come si legge nell'editoriale de "La Naciòn" di domenica scorsa, pensano
che "nessuna confessione religiosa può essere obbligata ad accettarle se eventualmente
vincesse la proposta di legalizzare queste unioni". Altri ritengono invece che le
confessioni religiose sono tenute ad accettare senza limite il verdetto delle urne
e dunque chiunque si comporti in modo discriminatorio nei confronti delle unione gay,
eventualmente legalizzate col referendum, dovrebbe essere ritenuto colpevole di una
violazione della legge. Da parte sua l'avvocato capo dell'Ufficio per la difesa dei
diritti umani ha precisato di ritenere che il referendum sia "inopportuno, pericoloso
per tutti e di per sé discriminatorio rispetto a tante altre minoranze della popolazione
che vorrebbero sottoporre al popolo le proprie rivendicazioni”. Infine, una precisazione
del Tribunale supremo elettorale ha ulteriormente complicato le cose, poiché ha detto
che il risultato del referendum non comporta una decisione automatica sulla risoluzione
del quesito poiché l’esito deve essere considerato all’interno del processo di discussione
del progetto attualmente allo studio. La Chiesa cattolica intanto ha ribadito la sua
posizione contraria a queste unioni e dunque il “no” dei cattolici è un dato da tenere
presente nell’esito della consultazione. (A cura di Luis Badilla)