Messaggio Cei ai sacerdoti che operano in Italia a conclusione dell'Anno Sacerdotale
“Gratitudine, conversione, incoraggiamento”: le tre parole che riassumono il senso
del messaggio rivolto dalla Conferenza episcopale italiana ai presbiteri, in vista
della prossima chiusura dell’Anno sacerdotale. “Il nostro primo pensiero è sempre
per voi, e lo è stato ancora di più in questi mesi”, scrivono i presuli. “Incalzati
da accuse generalizzate, che hanno prodotto amarezza e dolore e gettato il sospetto
su tutti, abbiamo pregato e invitato a pregare per voi. Non sono mancate occasioni
di ascolto e di dialogo per condividere la grazia e la benedizione del ministero ordinato.
Ora, tutti insieme vogliamo esprimervi la nostra cordiale stima e vicinanza, ispirata
dalla comune responsabilità ecclesiale”. Quindi anzitutto una parola di gratitudine:
“Noi siamo fieri di voi! Il bene che offrite alle nostre comunità nell’esercizio ordinario
del ministero è incalcolabile e, insieme ai fedeli, noi ve ne siamo grati”. Poi una
parola di invito alla conversione e penitenza: “La vocazione alla santità ci spinge
a non rassegnarci alle fragilità e al peccato”. L’appello accorato di Gesù venite
a me!... rimanete in me!... seguitemi! è “un imperativo per tutti”, aggiungono
i vescovi italiani. “Questa irresistibile sollecitazione ci commuove e ci spinge ad
andare avanti, ci aiuta a non adagiarci sulle comodità, a non lasciarci distogliere
dall’essenziale, a non rassegnarci a ciò che è solo abituale nel ministero”. “La Chiesa
ci affida il Vangelo che illumina i nostri passi, corregge le nostre derive, ispira
i pensieri e i sentimenti del cuore e sostiene il desiderio di bene presente nell’animo
di ciascuno. Accogliamo con gioia la sua parola di speranza e di verità, desiderosi
di lasciarci educare da lui”. Infine una parola di incoraggiamento: il Signore “non
ci ha promesso una vita facile, ma una presenza che non verrà mai meno. Senza di lui
siamo nulla e non possiamo fare niente; dimorando in lui i nostri frutti saranno abbondanti
e duraturi. La sua compagnia non ci mette al sicuro dagli attacchi del maligno – sottolineano
i presuli - né ci rende impeccabili, ma ci assicura che il male non avrà mai l’ultima
parola, perché chi si fa carico del proprio peccato può sempre rialzarsi e riprendere
il cammino”. (A cura di Roberta Gisotti)